L’odore dei soldi ci porta sempre in prossimità di retroscena che mostrano la realtà nella sua prosaicità, e se è vero, come scriveva Balzac che “la felicità materiale riposa sempre sulle cifre”, quella di Abu Mazen deve essere di una certa consistenza.
Recentemente, il padrino di Ramallah con l’aiuto di una sentenza a suo favore ha rinviato sine die le elezioni comunali che lo davano perdente. Anche lui tiene famiglia e deve tutelarla nel caso in cui le cose dovessero andare male. La lotta per la “liberazione” della Palestina ereditata ideologicamente dal comandante Arafat si conduce soprattutto facendo molti buoni affari nei territori oKKupati. E non è il Mossad a rivelare quanto valgono Abu e il suo clan, ma fonti arabe, in testa il quotidiano egiziano Al-Masri Al-Youm e il rivale di Abu Mazen, quel Muhammed Dahlan che dovrebbe, in teoria, succedergli.
In una intervista rilasciata al sito giordano Amon, Dahlan ha raccontato di essere stato lui ad avere trovato impiego per i due figli di Abu presso l’allora primo ministro dell’Autorità Palestinese Salam Fayyad, alla discreta somma di 5000 dollari al mese. Briciole in confronto al business controllato oggi dai fratellini Abbas, Yasser e Tareq.
Trattasi di un conglomerato chiamato Falcon, e come l’uccello da cui prende il nome, assai rapace visto che controlla un ampio assetto del commercio della West Bank. Parliamo di diverse compagnie, una compagnia per il tabacco e i sigari, una che si occupa di elettricità, una che si occupa di media, una che si occupa di investimenti, una che si occupa di assicurazioni, una che si occupa di progetti e sviluppo.
Non sembra che l’impero della famiglia Abbas sia dovuto a père Abu e agli anni di duro lavoro che gli sono costati per edificarlo.
Muhammad Rashid, all’epoca il consigliere economico del comandante Arafat sostiene che Abu Mazen si sia appropriato di almeno 100 milioni di dollari. Che siano maldicenze usate per infangare la reputazione del buon padre di famiglia e tutelatore degli interessi dei palestinesi ? Forse, anche se, come diceva Andreotti, «A pensar male si fa peccato ma si sbaglia raramente ».
E dunque? Dunque Abu Mazen è preoccupato per un eventuale cambio della guardia e per il business famigliare valutato diverse centinaia di milioni di dollari (tanto frutta la lotta di liberazione condotta per il pueblo oppresso come bene sapeva Arafat).
La guerra di successione dentro Fatah è senza esclusione di colpi. Il re è nudo, dicono le voci di popolo insufflate dalla fazione che vorrebbe Dahlan al posto del vecchio biscazziere.
Sì, nudo, ma avrà di che coprirsi.