Riceviamo da Anna Golotta (avvocato e mamma) e pubblichiamo questa lettera indirizzata ad un negozio di abbigliamento di marca a Roma che qualche giorno fa ha pubblicato sulla propria pagina facebook le foto di una collezione di pigiami che ricordava troppo da vicino le divise dei prigionieri di Auschwitz. L’immagine è stata rimossa dopo le proteste.
In seguito ad una segnalazione pervenutami a mezzo facebook da una mia cara amica e riguardante la vostra collezione di abbigliamento riconducibile per linee e tipologia alle divise indossate dai prigionieri ebrei nei campi di sterminio nazisti, in qualità di avvocato di donna che ama la libertà e di madre di un bambino di appena venti mesi faccio queste considerazioni .
La linea di abbigliamento a “righe” proposta dalla vostra azienda ed esposta presso i vostri punti vendita ha suscitato (nella persona che mi ha fatto la segnalazione) ed in molti altri utenti della rete, me compresa, un forte senso di indignazione.
Specie in questo periodo storico nel quale assistiamo ad atti di antisemitismo “di ritorno” (ammesso che mai fosse scomparso) , la vostra collezione a righe si pone non già (come da voi sostenuto) come espressione di libertà, quanto piuttosto come scherno al più grande genocidio della storia.
Tralasciando i sentimenti che questa “linea” può suscitare negli adolescenti che per colpa loro o dei loro insegnanti ignorano l’esistenza stessa dell’Olocausto, pensiamo ai e soffermiamoci sui sentimenti che la stessa suscita in chi , cittadino italiano e non di religione ebraica , che ha conosciuto per via diretta o indiretta il fenomeno terribile della persecuzione razziale e della deportazione, può provare.
Mi riferisco ai figli ed ai nipoti della Shoah, che magari , nelle loro case conservano(per quei pochi sopravvissuti) ad eterna memoria le “divise della morte” indossate dai loro padri e dai loro nonni e così ben descritte da Primo Levi in “Se questo è un uomo”.
Guardando alla vostra “espressione di libertà” che sicuramente tanto piace a fascisti e nazisti di ritorno sotto l’aspetto della istigazione all’odio razziale, richiamo con la presente la legge Mancino, nota anche come legge n. 205/1993 che commina la reclusione fino ad un anno .
Mi rendo conto che nel caso di specie gli elementi per l’applicazione della legge Mancino non sussistono in quanto nessun atto esplicito di incitamento all’odio razziale è stato da voi posto in essere (purtroppo la stupidità ed il cattivo fattispecie criminose) ma ciononostante è doveroso verso la storia e verso la memoria fare presente che la vostra “libertà di espressione” può porsi pericolosamente come una vera e propria miccia d’odio.
Lo scherno dopotutto è una forma di odio.
Da avvocato e da cittadina italiana non di religione ebraica che ama la libertà prima di tutto, mi corre richiamare il principio per cui le libertà che la Costituzione ci garantisce di esercitare , prima fra tutte quella di espressione, incontrano sempre dei “limiti” di esercizio, che solitamente sono nient’altro che i confini dell’altrui dignità e libertà.
Sarebbe opportuno ed augurabile il ritiro immediato dagli scaffali dei vostri stores di questa orribile collezione . Troppo triste per essere uno scherzo di cattivo gusto e troppo brutta per essere considerata perfino indossabile.