Oggi, al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, con sede a Ginevra, la presidenza passerà all’Iran. No, non si tratta di una pièce teatrale di Dürrenmatt, è la realtà.
Il Consiglio per i Diritti Umani è quella diramazione onusana caratterizzata da una singolarità, l’Articolo 7, esclusivamente dedicato a, Israele, e in base al quale viene ciclicamente condannato.
Nel 2017 l’allora ambasciatrice americana all’ONU, Nikki Haley, dichiarò:
“L’articolo 7 del Consiglio deve essere rimosso. Questo è, ovviamente, lo scandaloso meccanismo che seleziona Israele in mondo che sia automaticamente criticato. Non esiste alcuna ragione fondata sui diritti umani perché tale articolo esista. Esso costituisce la carenza principale del Consiglio per i Diritti Umani, trasformandolo da una organizzazione che potrebbe servire il bene universale in un organismo soverchiato dalla propria agenda politica. Dalla sua istituzione, il Consiglio ha passato più di settanta risoluzioni aventi come mira Israele. Ne ha passate solo sette che hanno preso di mira l’Iran. Questa costante campagna patologica contro un paese che detiene un robusto record a favore dei diritti umani non rende Israele motivo di derisione, ma il Consiglio stesso”.
D’altronde, l’ONU, è dal 1967 che macina senza sosta risoluzioni contro Israele, ed è sempre l’ONU da cui dipende l’UNRWA, un’agenzia speciale creata per i profughi arabi-palestinesi, che sarebbe dovuta durare un tempo limitato, e che invece sussiste ancora oggi, e la cui principale funzione è stata quella di averli moltiplicati esponenzialmente. Oggi sono cinque milioni e mezzo.
Ed è sempre l’ONU quella istituzione presieduta da un Segretario Generale, Antonio Guterres, il quale, commentando l’eccidio di cittadini israeliani avvenuto il 7 ottobre, ha, indirettamente affermato che Israele se lo è cercato.