La guerra a Gaza non si è ancora conclusa ma è possibile iniziare a tratteggiare degli scenari plausibili per il futuro post bellico.
Per prima cosa è opportuno evidenziare che una soluzione che preveda il controllo di Gaza da parte dell’Autorità Palestinese è del tutto irrealistica. Si tratta di una organizzazione ad alto tasso di corruzione che finanzia i terroristi colpevoli di attentati contro i civili e che non ha i requisiti politici, militari e tanto meno morali per un simile compito. Dopo poco tempo verrebbe scalzata nuovamente da Hamas che, per quanto indebolita, gode di un largo sostegno tra i palestinesi.
Per il dopo guerra è necessario che l’esercito israeliano assuma il controllo di Gaza per un periodo di alcuni anni. Questo è il tempo strettamente necessario al fine di distruggere completamente le centinaia di chilometri di tunnel (oggi le stime attestano 800 chilometri di ramificazioni sotterrane) costruite nel sottosuolo della Striscia da nord fino al confine con l’Egitto – dove, a tutt’oggi passano armi e persone –e che deve essere controllato da Israele per evitare la ripresa dei traffici illeciti, alla luce del fatto che gli egiziani non hanno mai fatto nulla di concreto per porvi rimedio.
Si tratta di un’azione necessaria ma non sufficiente per ripristinare la sicurezza nel sud di Israele, colpita da migliaia di razzi nel corso degli anni e soprattutto dal pogrom del 7 ottobre scorso. Per ragioni di sicurezza, inoltre, dovrà essere ripristinata una buffer zone lungo tutto il confine di Gaza, già in essere peraltro dal ritiro israeliano del 2005, ma che fu abbandonata a causa delle forti pressioni politiche dell’Amministrazione Obama.
Gli effetti di quella decisione si sono visti il 7 ottobre. Sarà inoltre necessario da parte di Israele il ripristino del pieno controllo della zona di confine tra la Striscia e l’Egitto. Questo programma dovrà essere sostenuto con determinazione anche se le pressioni politiche internazionali contro la sua implementazione saranno molto forti, a cominciare da quelle americane (le uniche che contano).
Oltre a questi aspetti strettamente legati alla sicurezza, dovranno esservi concreti passi politici per ripristinare tutti gli aspetti amministrativi che escludano Hamas dal futuro della Striscia. A tale fine, per prima cosa, dovrà essere vietato l’accesso in Israele, nella Striscia, così come in Giudea e Samaria, alle agenzia ONU pseudo umanitarie ma nei fatti colluse con il terrorismo palestinese, partendo dall’UNRWA.
Ormai sono emerse prove così sostanziali di infiltrazioni terroristiche al loro interno, da rendersi necessario impedire al suo personale l’accesso al territorio. Al contempo va impedito che i lauti finanziamenti internazionali giungano ai gruppi terroristici. Pensare che dei terroristi sotto copertura ONU possano riprendere a controllare la scolarizzazione della popolazione palestinese è uno dei più gravi errori che si possono commettere, in grado di inficiare completamente la vittoria sul campo. L’educazione sia a Gaza che in Giudea e Samaria deve essere strettamente monitorata e denunciata se assumerà nuovamente i connotati antisemiti attuali. Ciò potrà avvenire solo con il concreto impegno di USA e EU, entrambi finanziatori del sistema educativo palestinese. Allo stesso modo, le infrastrutture amministrative essenziali per la popolazione civile dovranno essere affidate a palestinesi non collusi con il terrorismo e mantenute strettamente sotto una reale supervisione internazionale. Impegni di questo tipo assomigliano a meri auspici ma sono alla base di ogni futuro colloquio di pace. Se l’educazione dei palestinesi rimane quella attuale parlare di “pace” è solo una pura illusione.
Per potere pensare a cambiamenti politici così radicali relativi al futuro di Gaza, come a quello di Giudea e Samaria, è necessario che alle elezioni di novembre negli Sati Uniti non si riconfermi l’Amministrazione Biden, la quale si è dimostrata addirittura più pericolosa e dannosa per Israele dell’Amministrazione Obama. È essenziale per Israele avere il pieno appoggio politico degli USA per impedire che le agenzie ONU, infiltrate dai terroristi o semplicemente colluse con essi, non possano più nuocere e portare avanti una agenda politica che preveda la distruzione di Israele e il genocidio del popolo ebraico. Per la stessa ragione devono essere vagliate le innumerevoli ONG che operano sul territorio con programmi pseudo umanitari ma nei fatti ombrelli di copertura per le diverse organizzazioni terroristiche palestinesi. Una volta accertate le collusioni devono essere chiuse per sempre.
Gli strumenti legali per fare tutto ciò sussistono anche nel diritto internazionale a cominciare dalla Risoluzione 1373 del 2001 con la quale il Consiglio di Sicurezza forniva precise indicazioni per combattere il terrorismo, tra le quali il divieto assoluto a tutti gli Stati di fornire “l’assistenza diretta o indiretta” alle organizzazioni terroristiche. Ciò significa che qualsiasi Stato fornisca aiuti a organizzazioni terroristiche, anche tramite agenzie ONU o ONG di qualsivoglia natura essi siano, è complice dei terroristi. Un risultato simile potrà essere conseguito solo con il pieno appoggio americano ed europeo, cosa tutt’altro che scontata. Israele su questi punti dovrà rimanere fermo e risoluto altrimenti sarà messa in discussione la sua stessa sopravvivenza.