Due mesi fa, il suo coraggioso discorso diretto a Papa Bergoglio durante la visita di quest’ultimo alla sinagoga di Roma aveva conquistato tutti. “La pace non si conquista con i coltelli” e “Mi sento di poter dire che ebrei e cattolici, a partire da Roma, debbono sforzarsi di trovare assieme soluzioni condivise per combattere i mali del nostro tempo” aveva detto Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma.
La prima donna presidente della comunità ebraica di Roma dopo 2000 anni. Destinata, quindi, a lasciare il segno. Anche per questo abbiamo voluto conoscerla meglio, ringraziandola per aver accettato di rilasciare questa intervista in esclusiva per L’Informale.
Ruth Dureghello, Lei è la prima presidente donna della comunità ebraica di Roma dopo duemila anni di storia. Possiamo considerarlo un successo simbolico anche per il mondo femminile?
Non mi sono mai sentita coinvolta da questa tematica perché sono stata educata alla differenza dei ruoli, credo che la donna sia differente rispetto all’uomo ma non per questo abbia minore importanza nella società. Non credo ci debba essere competizione tra i generi. Con il tempo però, in questi sette mesi alla presidenza della comunità ebraica di Roma ho apprezzato il segnale importante di questa mia nomina. Il fatto che, dopo 2000 anni, la comunità ebraica più antica d’Europa abbia una donna presidente è un importante segnale di come la nostra comunità rispetti certi valori, che sono valori occidentali. Tra questi, appunto, la non discriminazione delle donne.
Anche perché i fatti recenti dimostrano che dove sono in pericolo gli ebrei non sono rispettate neppure le donne. L’Europa e l’Italia stanno facendo abbastanza per tutelare i propri valori?
Il legame effettivamente esiste in molte zone del mondo. Non voglio essere pessimista, ma in Europa e in Italia c’è ancora moltissimo da fare e le statistiche non confortano. Questo è dovuto ad una crescente crisi valoriale che si accompagna alla diffusione di antisemitismo ed anche xenofobia, razzismo, mancanza di rispetto delle donne. Non aiuta di certo la scarsa attenzione, se non strumentalizzazione, delle forze politiche. Da sottolineare come questi disvalori si stiano diffondendo sul web, nel mondo giovanile e nel mondo accademico e universitario.
Giovani e Università, appunto. Nei giorni scorsi su L’Informale abbiamo denunciato la presenza di volantini antisionisti e scritte antisemite all’interno del Campus Einaudi di Torino, ipotizzando che una concausa fosse l’appello al boicottaggio della Technion da parte di alcuni docenti universitari. Cattivi maestri?
Viste le crescenti forze di boicottaggio, credo sia molto importante che l’Italia si doti di una legge anti-Bds come ha fatto la Gran Bretagna. Si deve dare il segnale che il boicottaggio contro Israele sia intollerabile per l’occidente, per ciò che Israele rappresenta fortunatamente anche a detta di buona parte della nostra classe politica. Bisogna innanzitutto veicolare le informazioni in maniera corretta, evitando di credere alle distorsioni di chi lancia appelli al boicottaggio.
Ritiene che il razzismo contro gli ebrei sia più tollerato rispetto ad altre forme di intolleranza, soprattutto da parte di chi dovrebbe condannare ogni forma di discriminazione, come Ong e associazioni umanitarie?
È indubbio che noi siamo gli ebrei di tutto il mondo, in un mondo in cui ciascuno ha i suoi ebrei, per citare Herbert Pagani . A causa del pregiudizio antiebraico, un ebreo italiano o svizzero o svedese è sempre un ebreo, il diverso per eccellenza, e su questo si fonda l’occidente da millenni. L’antisionismo di oggi è un diverso modo per sfogare l’odio contro l’ebreo, un pregiudizio rimasto radicato e non considerato tale neppure da chi difende altre categorie ritenute invece vittime dell’occidente.
In Svezia chi denuncia l’antisemitismo rischia di essere accusato di islamofobia, dalla Francia gli ebrei fuggono perché si sentono più sicuri in Israele. In Italia com’è, a suo parere, la situazione?
Quello della Svezia è un vero paradosso. In Italia la situazione è diversa grazie anche, come già ho detto, alla nostra politica. Il nostro Paese, e sottolineo nostro con orgoglio perché siamo italiani, negli ultimi 30-40 anni ha fatto scelte diverse rispetto a quelle ad esempio della Francia, che si è fatta fagocitare dall’esasperazione dei valori di laicità e tolleranza. Esasperazione che invece ha generato una nuova ondata di antisemitismo.
Per quanto riguarda gli ebrei italiani, è vero che ci sono famiglie che scelgono di trasferirsi in Israele, ma questo perché Israele è sempre una meta ambita a prescindere. I dati parlano di un leggero incremento di ebrei italiani trasferiti in Israele in questi ultimi anni, dovuto però alla crisi economica e non al dilagare di antisemitismo come in Francia.
Diceva del paradosso svedese…
La Svezia, come altri Paesi che si considerano civili, in qualche modo si sta facendo mettere paura da alcune cose. Il paradosso consiste nel fatto che le moderne Svezia e Danimarca hanno decisamente svoltato rispetto al passato anche recente, sembrano lontani i tempi in cui il re di Danimarca, Cristiano X, si appuntava la stella gialla al petto in segno di solidarietà con gli ebrei discriminati e deportati dai nazisti. Oggi Svezia e Danimarca si nascondono e preferiscono gli uni rispetto agli altri.
Preferiscono i musulmani agli ebrei, forse sono scelte elettorali, essendo gli ebrei in netta minoranza?
Gli ebrei sono effettivamente una minoranza per una serie infinita di ragioni. La stessa identità ebraica si trasmette con difficoltà, ed è ancor più impegnativo trasmettere questa identità in paesi con predominanza laica o cristiano-cattolica dove invece gli ebrei potrebbero rappresentare una voce di pluralismo. Pluralismo che non è più garantito se si fanno scelte come quelle svedesi o francesi.
Cosa ne pensa dei rapporti tra Israele e Ue e tra Israele e amministrazione Obama in Usa?
Come presidente della comunità ebraica romana preferisco non entrare nel merito della politica, ma rispondendo da semplice cittadina europea dico che se l’Europa non ha ben chiaro quale sia il ruolo di Israele nel Medio Oriente e nel mondo rischia di trovarsi presto in una grave crisi, non solo di valori. Le prime avvisaglie ci sono già state a Parigi e a Bruxelles, episodi che hanno dimostrato che in Europa si sta perdendo il controllo della situazione.
Torniamo ai fatti interni. La nomina di Fiamma Nirenstein come ambasciatore di Israele in Italia sembra aver creato polemiche e divisioni. Qual è la Sua posizione?
Quella che abbiamo dichiarato sempre: le scelte di Israele sono sempre scelte rappresentative per tutte le comunità ebraiche e per la democrazia.