Occuparsi dei rossobruni italiani significa doversi inoltrare tra strenui avversari dell’atlantismo, del sionismo e del liberalismo; fra convinti apologeti dell’Islam sciita, simpatizzanti di Vladimir Putin e ammiratori di Bashar al-Assad. Si tratta di una torma che, in tempi recenti, si è data una patina autorevole unita a una nuance futurista.
Uno dei volti più noti di questa fazione è Sebastiano Caputo, autore presso InsideOver, Il Giornale e cofondatore della rivista L’Intellettuale Dissidente. Il reporter in questione, che si ritrae sovente con Marcello Foa, ha avuto un’ascesa fulminea. Caputo non ha mai nascosto la sua ammirazione per il dittatore siriano Assad, in un articolo pubblicato su L’Intellettuale Dissidente, in data 14 aprile 2018, intitolato Cosa ci insegna il popolo siriano, in riferimento a un attacco statunitense in Siria, il “nostro” scrive:
“Ora staremo a vedere se davvero si tratta solo di una rappresaglia perché anche se fosse non nasconderebbe il supporto diretto e indiretto che gli Stati Uniti insieme ai loro alleati della regione hanno dato in tutti questi anni ai gruppi terroristici che hanno portato la guerra in Siria […] È giusto prendere una posizione anche contraria, senza quella fottuta paura di essere tacciati come sostenitori di Bashar al Assad. Che poi di fronte ai suoi avversari politici, da Barack Obama, colui che ha fatto esplodere la regione, insieme ai flussi migratori, sostenendo le ‘primavere arabe’, fino a Donald Trump, un presidente palesemente commissariato dal complesso militare-industriale, si è dimostrato, contro ogni aspettativa, un degno erede dei grandi leader arabi del secondo Novecento”.
Caputo usa tante parole ma la sostanza è chiara: Assad sarebbe la vittima di una cospirazione statunitense, di presidenti americani manovrati da poteri economici occulti. Mancano all’appello solo i terribili “neocon”. Il tiranno siriano, violatore seriale di diritti umani, macellatore dell’opposizione democratica di un Paese che ha ricevuto in eredità dal padre, protettore del criminale nazista Alois Brunner e acerrimo nemico di Israele sarebbe, addirittura, un “degno erede dei grandi leader arabi del secondo Novecento”.
In uno scritto pubblicato su Il Giornale.it, in data 6 ottobre 2015, intitolato Baath, storia del partito che ha costruito la Siria, Caputo fa un vero e proprio panegirico del movimento panarabo: “In Medio Oriente, nell’universo politico di cultura laica, sono tante e spesso in conflitto tra loro, le personalità che si sono elevate al di sopra delle nazioni per incarnare l’ideale panarabo. Ahmed Ben Bella in Algeria, Gamal Abdel Nasser in Egitto, Saddam Hussein in Iraq, Muammar Gheddafi in Libia, Hafez Al Assad in Siria. Gli uomini passano, le idee restano. Di fronte ai grandi sconvolgimenti della regione, il più delle volte rimodellata dall’esterno, un solo gruppo politico è riuscito a conservarsi nel tempo e a mantenere viva la fiamma di un pensiero politico che ancora oggi appare profondamente attuale”.
Insomma, Caputo ha una predilezione per i leader arabi che usano le maniere forti, nemici di un mondo occidentale asservito al mercato e al consumismo di marca americana. Non a caso, infatti, è anche un grande ammiratore della teocrazia iraniana. Per InsideOver, il reporter ha raccontato l’Iran. In un articolo intitolato Le minoranze religiose in Iran, pubblicato in data 22 giugno 2016, Caputo scrive:
“Perché a differenza da quello che si pensa, escludendo la terra di Israele, quella iraniana rappresenta ancora oggi la comunità ebraica più numerosa dell’intero Medio Oriente […] l’Ayatollah Khomeini li dichiarò, al pari degli altri gruppi religiosi, una minoranza protetta e libera di pregare il suo Dio. La comunità ebraica in Iran dunque è stata riconosciuta ufficialmente da parte del governo, e, come per cristiani e zoroastriani gli è stato assegnato un seggio nel Parlamento, o Majlis”.
Caputo sembra uno di quei giornalisti che, dopo aver visitato l’Unione Sovietica o la Cina maoista, tornavano e descrivevano il paradiso in terra. Finge di ignorare che l’esigua minoranza ebraica dell’Iran vive nel terrore, sottomessa, minacciata costantemente da un regime che la brandisce per presentarsi come “tollerante”. Il deputato iraniano di fede ebraica incontrato da Caputo, Samiak Moreh Sedgh, non poteva denunciare il regime nel quale vive da oppresso.
Sempre per InsideOver, in uno scritto del 23 giugno 2016, intitolato Come cambia l’Iran, possiamo leggere: “Perché l’Iran dei contrasti è un Paese di anarchici conservatori in cui la sfera pubblica e quella privata sono perfettamente separate. La trasgressione sessuale e consumistica deve rimanere un fenomeno individuale che sta al di fuori dello spazio comune che, regolamentato dalla sharia, deve rimanere egualitario, religioso, decente. Perché proprio secondo il pensiero tradizionale le società dove c’è pervasività della forma-merce, con annessa mercificazione dell’esistente, si trasformano inevitabilmente in società individualiste in cui vita pubblica e vita privata si annullano e dove la trasgressione che diventa norma e pratica sociale e condivisa. E laddove pubblico e privato diventano interscambiabili, inizia la tirannia delle società liberali”.
Chiaro, no? In Iran pubblico e privato sono, rigorosamente, separati. Certo, una donna non velata può venire arrestata, gli omosessuali vengono impiccati in piazza, ma si tratta di dettagli. Sotto la teocrazia non esiste la mercificazione dei corpi, salvo quelli delle donne dissidenti che vengono violati nelle carceri del regime. La tirannia, ovviamente, è quella liberale. Caputo descrive scene di candida normalità: “Ragazze camminano senza velo nei lunghi corridoi, altre si scattano i selfie”. Un racconto tutto rose e fiori. Peccato che il Comitato delle Donne del Consiglio Nazionale della resistenza iraniana, in tempi recenti, abbia denunciato diversi arresti di ragazze senza velo, tradotte nelle patrie galere di Qarchak a Varaim.
Ma, per Caputo, il problema è l’Iranofobia. Avete letto bene. Così s’intitola un suo pezzo per L’Intellettuale Dissidente del 3 gennaio 2018, dove leggiamo: “Sette anni di guerra per procura alla Siria non hanno insegnato nulla ai commentatori di politica estera che ancora una volta seguono ciecamente una narrativa anti-iraniana diffusa a fuochi incrociati dai think tank neoconservatori e dagli intellettuali più progressisti del cosiddetto ‘mondo libero'”.
Eccoli, i neoconservatori, tessitori di trame a danno dei “popoli liberi”. Un’ossessione che condivide con alcuni autori della sua rivista, come Claudio Ciani. Nonostante la giovane età, Caputo diffonde vecchie e arrugginite tesi antiamericane e antimperialiste. Dopotutto, cosa aspettarsi da uno che ha scritto un libro con Diego Fusaro, odiatore seriale di Israele e degli Stati Uniti d’America?