Sebbene i popoli d’Europa siano ben informati circa la duplice ascesa dell’islamismo e della giudeofobia nordafricana, non riescono a immaginare quanto questi mali si siano insinuati nel tessuto sociale. La sicurezza e la prosperità garantite dalla società aperta li hanno lasciati, mentalmente e spiritualmente, incapaci di comprendere l’ostilità islamica e, dunque, di prevenirne gli inevitabili esiti conflittuali.
I milioni di immigrati musulmani penetrati in Occidente, i cui valori sono incompatibili con quelli alla base delle democrazie liberali, rappresentano la «quinta colonna» del fondamentalismo islamico.
L’Europa, per decenni, ha fatto dell’immigrazione di massa dall’Africa, dal Medio Oriente e dall’Asia (Afghanistan e Pakistan soprattutto), il fulcro delle sue politiche sociali e demografiche, ma nonostante gli sforzi economici e «culturali» (costruzione di moschee, lotta al «razzismo» e all’«islamofobia», commissioni parlamentari contro l’odio), la tempesta islamista non ha tardato a manifestarsi: enclave musulmane dove la sharia è legge, disordini nei sobborghi, attentati terroristici, aumento senza precedenti di azioni antisemite, vandalismo delle chiese cristiane e una epidemia di stupri e aggressioni sessuali.
Invece di reprimere questi elementi criminali, le élite «progressiste» europee hanno invitato i cittadini a conformarsi a questa nuova normalità, ad esempio avvertendo le donne di vestirsi in modo più sobrio oppure di non uscire la sera.
Decenni di indottrinamento da parte di un sistema educativo dominato da idee e teorie della Sinistra hanno avvelenato, con notevole successo, le menti di numerose generazioni di studenti. Una percentuale preoccupante di loro è stata incoraggiata a disprezzare la propria cultura, presentata come una ripugnante eredità fondata sulla combinazione di «suprematismo bianco», colonialismo e sfruttamento capitalista.
Israele è odiato poiché, in questa visione masochista e autorazzista, unirebbe in sé le suddette, odiate, caratteristiche. Quello ebraico sarebbe, infatti, uno Stato «coloniale», capitalista, abitato prevalentemente da «bianchi» di origine europea, perlopiù convinti di essere il «popolo eletto» – inoltre, il concetto veterotestamentario e teologico di «popolo eletto» viene, regolarmente, presentato come origine del «razzismo» e del «suprematismo» non solo di Israele, ma di tutta la civiltà giudaico-cristiana.
I «progressisti», senza rendersene conto, riprendono e ripetono un’antica maledizione, quella dell’Ebreo carnale chiuso nel suo egoismo tribale e religioso. Le politiche israeliane vengono ricondotte allo stesso ebraismo, presentate come consustanziali all’identità ebraica.
Gli «antirazzisti», ossia i razzisti anti-bianchi e antisemiti, abbracciano l’islamismo come strumento per abbattere la vecchia civiltà «eurocentrica» ed erigere dalle sue macerie una civiltà «multiculturale», qualunque cosa voglia dire.
Le manifestazioni dei sostenitori di Hamas e del cosiddetto «popolo palestinese» hanno messo in luce la gravità della patologia antioccidentale e anti-ebraica che ammorba l’Occidente. Centinaia di migliaia di persone, alcune delle quali sventolando bandiere dell’Isis, hanno riempito le strade di Londra gridando il loro pieno sostegno all’atto di «resistenza» di Hamas contro gli israeliani «colonialisti», ossia ai massacri del 7 ottobre. Le porte degli abitanti ebrei e dei negozianti di Parigi sono state etichettate con una stella di David. Un eco agghiacciante della Shoah.
Com’era prevedibile, gli occidentali più entusiasti del massacro dei «coloni» ebrei da parte di Hamas erano studenti e docenti di estrema sinistra che, già prima del grande pogrom di un mese fa, si riunivano nei campus per sventolare bandiere palestinesi o nelle aule per demonizzare Israele con lezioni di odio travestite da «studi post-coloniali» o «sociologia della violenza».
L’Università di Harvard ha visto oltre trenta organizzazioni studentesche firmare una dichiarazione dal seguente contenuto: «ritenere il regime israeliano interamente responsabile di tutta la violenza in corso». Gli studenti più blasonati del mondo hanno espresso con orgoglio la loro solidarietà ai palestinesi «oppressi» e applaudito l’«operazione militare» contro i «colonialisti». In Italia, invece, abbiamo avuto il caso del liceo A. Manzoni di Milano, dove gli studenti della Kurva Manzoni Antifa hanno scritto sulla loro pagina Instagram: «Quant’è bello quando brucia Tel Aviv». L’avversione agli ebrei e al loro Stato accomuna i ricchi giovani «antifascisti» dell’Occidente e gli immigrati musulmani delle periferie.
Si tratta di fatti noti, ma è comunque scioccante vedere come l’attacco terroristico contro Israele, similmente a un vaso di Pandora, abbia rilasciato una tale quantità di miasmi antisemiti, dai tratti autenticamente demoniaci.
A tal proposito, l’unica prospettiva positiva, sebbene molto triste, è che ora sappiamo chi tra noi possiede ancora un briciolo di ragione e umanità, e chi celebra lo stupro di gruppo, la tortura e il massacro di ebrei innocenti. I confini tra bene e male, verità e menzogna, civiltà e barbarie, tra quella che potrebbe essere l’ultima generazione della civiltà occidentale e la prima generazione di un nuovo Medioevo, sono stati tracciati in modo più netto che mai il 7 ottobre 2023.
A coloro che ritengono che l’attuale ondata di sentimenti anti-ebraici sia solo l’ennesima, e certamente passeggera, esplosione di odio legata al conflitto israelo-palestinese, e non abbia dunque implicazioni di civiltà, bisognerebbe ricordare le parole del compianto rabbino Lord Jonathan Sacks: «L’odio che inizia con gli ebrei non finisce mai con gli ebrei». Anche i sostenitori occidentali dei diavoli di Hamas saranno designati come «colonialisti bianchi» o «infedeli» e uccisi.
Le società ancora libere non possono più tollerare individui e ideologie che ne promuovono attivamente la distruzione. Il punto critico è stato raggiunto. La situazione è grave, ma non irreversibile. L’Occidente può ancora ritrovare sé stesso e reagire all’empia alleanza tra l’islamismo e la barbarie woke.
Si tratta, ovviamente, di un’impresa titanica, più facile a dirsi che a farsi, ma l’alternativa è consegnare la nostra civiltà e le nostre vite a piromani ideologici e fanatici musulmani.