Immaginiamoci se in Italia, in Germania, in Spagna, in Francia, in uno dei paesi appartenenti all’Unione Europea, in un anno, avvenisse lo stesso numero di attacchi o azioni terroristiche che Israele ha registrato nel solo 2015, fino al 27 ottobre: 1703.
Sì, immaginiamolo. Come reagiremmo? Cosa faremmo? Ci sono voluti i 142 morti di Parigi per risvegliare Hollande dal suo torpore, quello dal quale non era uscito nel gennaio dell’anno scorso, quando vennero massacrati i vignettisti di Charlie Hebdo.
Ora l’Europa, o meglio la Francia, sa di essere sotto attacco, sa cosa significa provare sulla propria pelle una violenza fanatica. Non sono bastati né Londra, né Madrid, né quello che avvenne a Tolosa nel 2012 (dopotutto si trattava “solo” di ebrei). Né bastò Charlie Hebdo e la sua coda, l’assassinio nel ipermercato kasher, di altri cittadini francesi (dopotutto si trattava “solo” di ebrei).
Non si è ancora capito, l’occidente non lo ha ancora capito, non l’ha capito l’Europa marchiatrice di prodotti ebraici, che il terrore che colpisce Israele, che ha costretto a fare di Israele una fortezza, a dotarsi di uno dei migliori eserciti del mondo, e a edificare barriere e check points, è il medesimo terrore che uccide qui. Lo stesso terrore che ha, esattamente come in Israele, in odio la democrazia, i suoi valori, la libertà.
No, non c’entra qui la “specificità” del conflitto arabo-israeliano. Questo alibi che serve ed è servito agli odiatori di Israele per fare credere che la violenza omicida che negli anni si è portata via migliaia di vite di civili israeliani, sia frutto di una lotta per la “resistenza” di un popolo oppresso e privato dei propri diritti.
Quella violenza omicida, questa violenza omicida è la stessa, dietro la sua foglia di fico, dietro i paraventi ideologici, esattamente la stessa, perché animata da un unico obiettivo, e l’obiettivo siamo noi e quello che rappresentiamo.