Un giovane politico norvegese ha raccontato di come come si sia sentito in colpa per il fatto che il richiedente asilo somalo che lo ha violentato sia stato espulso.
Il suo nome è Karsten Nordal Hauken, consigliere comunale di Ås, cittadina di 15.000 abitanti nella contea di Akershus. Secondo quanto riportano i media norvegesi e britannici, è stato violentato nella sua casa e l’autore dello stupro è stato successivamente catturato e imprigionato per 4 anni e mezzo.
Tuttavia, quando ha scoperto che l’uomo è stato espulso e rispedito in Somalia dopo aver scontato la sua pena, ha rivelato di essersi sentito in colpa per il fatto che l’aggressore dovrà probabilmente affrontare le difficoltà nel suo paese d’origine.
Nordal Hauken, che si descrive come un “giovane membro di sinistra del Partito Socialista, femminista e anti-razzista”, è stato aggredito all’interno della sua abitazione. Il politico ha rivelato di aver lottato per venire a patti con l’essere un eterosessuale vittima di uno stupro da parte di un uomo e di essere stato costretto a lenire le sue pene con l’alcool e la cannabis.
“Sono un uomo eterosessuale che è stata violentato da un richiedente asilo somalo” ha scritto Hauken in un giornale norvegese.
“La mia vita è caduta in rovina, ma ora mi sento in colpa per il fatto che l’aggressore è stato espulso dal Paese”.
Il politico rivela di essere stato chiamato dal carcere poco prima che il somalo fosse rispedito in Somalia, dopo aver scontato quattro anni e mezzo di carcere per lo stupro.
“Ho avvertito sollievo e felicità essendo consapevole che se ne sarebbe andato per sempre. Sentivo come lo Stato norvegese si fosse preso la responsabilità di stabilire la punizione, come un padre arrabbiato nei confronti del proprio figlio. Ma ho avvertito anche un forte senso di colpa e di responsabilità. Sono il motivo per cui il richiedente asilo non potrà più tornare in Norvegia, essendo così destinato a un futuro incerto e oscuro in Somalia”.
E ha aggiunto: “Vedo la sua storia più come un prodotto di un mondo ingiusto, un prodotto di un’educazione segnata dalla guerra e dalla disperazione”.