La Giornata della Memoria ufficiale, istituzionalizzata, quella delle buone intenzioni, che sta diventando più oblio che memoria, quella delle autorità pubbliche e degli studenti precettati, con generosi testimoni ebrei invitati, è fallita.
Ancora peggio. Vedete a che punto estremo paradossale siamo arrivati: il quotidiano più anti-israeliano e filo-palestinese, il comunista Il Manifesto, ha dovuto riconoscere che il Giorno della Memoria, soprattutto oggi, viene “usato come una clava contro gli Ebrei” (lo rileva Paolo Mieli sull’editoriale del Corriere della Sera, 22 gennaio).
Ogni limite viene superato, siamo a rischio che la Giornata della Memoria diventi anti-ebraica.
Nell’UCEI si è discusso anche della possibile sospensione della partecipazione ebraica al 27 gennaio di quest’anno. Alcuni sopravvissuti della Shoah, molto anziani, rapiti da Hamas o che hanno avuto familiari massacrati il 7 ottobre 2023, hanno detto esterrefatti che i carnefici dei kibbutz, per grado e forma di pratica genocida, sono stati peggiori degli aguzzini della Shoah.
Si poteva credere, magari con una forte ingenuità, che dopo tante Giornate della Memoria, pubblicazioni, film, didattica specifica, testimonianze dirette, rivolte di coscienza, sensi di colpa, che almeno dopo il 7 ottobre l’antisemitismo potesse conoscere una riduzione. Credere almeno che il negazionismo del 7 ottobre non fosse così immediato, come invece è stato. Lo è stato, insieme a una espansione di antisemitismo fanatico di massa, che ha rivendicato il genocidio degli ebrei nella loro patria, la cancellazione di Israele dalla faccia della terra. Costoro urlano irati che bisogna completare l’opera antiebraica di Hitler.
Questo da parte non solo dei soliti estremisti, ma dal cuore stesso del politicamente corretto, dalla maschera progressista, in un combinato di feccia troglodita e di élites intellettuali, prigioniere di una cultura dell’odio mortale.
Il mondo civile è precipitato in un abisso infernale, il mondo barbaro ha temporaneamente trionfato.
Più si evidenzia la disumanità dell’orrore del 7 ottobre – dai bambini arrostiti nei forni, alla militarizzazione dello stupro sistematico, fino alla vendita delle teste mozzate – più infuria la piazza che approva e glorifica Hamas. Nella mente dei mostri si tratta di eroi della liberazione, di lotta degli oppressi contro gli oppressori.
L’inferno è pieno di mostri, non è vuoto come dice qualcuno molto in alto.
Il terrorismo apocalittico dell’imperialismo islamico, con tutta la sua continuità con i totalitarismi antecedenti – nazifascismo e comunismo – e la sua novità di estremizzazione di una disumanità mortifera e illimitata, si auto-rappresenta come combattimento di liberazione, riceve un’incredibile credulità, diventa la punta di lancia di una costellazione dittatoriale totalitaria – Iran, Russia, Cina, Corea del Nord, Turchia.
Immersi in questa realtà feroce, proclamano il doppio negazionismo del 7 ottobre e della Shoah storica.
Che dire nel presente Giorno della Memoria? Forse il silenzio sarebbe più eloquente di ogni parola. Il Talmud ci dice che il silenzio è la siepe dei saggi.
Ma le urla di odio e di morte degli aguzzini, i terroristi dipinti come vittime innocenti, i pogrom mediatici sugli ebrei vendicativi e infanticidi che ingannano una massa enorme di persone, ci inducono a riprendere la parola.
Per contribuire ad aprire un varco nel muro corazzato di una costruzione ideologica, che prima uccide gli ebrei con la parola per poi uccidere i loro corpi con una ferocia legittimata.
Del resto, ricordiamo che la Giornata della Memoria non è un’istituzione ebraica ma è una creazione dell’Assemblea Generale dell’ONU e poi di altre istituzioni, costruita per ridurre il senso di colpa per la complicità e l’indifferenza che hanno favorito la “Soluzione Finale”. Dove di solito vengono invitati ebrei relatori o testimoni.
La memoria ebraica ha invece la sua propria Giornata della Memoria nello Yom HaShoah, che si svolge senza parole, senza discorsi, con tutto il popolo di Israele che si blocca per un momento in meditazione e in memoria, e il suono delle sirene simboleggia il dolore infinito dei martiri. A questa giornata fanno seguito lo Yom HaZikaron, che unisce la memoria dei sei milioni di martiri della Shoah con tutti i caduti delle diverse guerre di indipendenza. Segue lo Yom HaAtzamaut, festa dell’indipendenza di Israele.
Oggi la realtà è ribaltata con l’ideologia della sostituzione: palestinesi nuovi ebrei, Ebrei nuovi nazisti.
Così tutto diventa lecito e meritorio. Così come la Chiesa cattolica pre-conciliare si autoproclamava “Israele celeste” e condannava l’Israele terrestre deicida, come il sistema hitleriano voleva liberare il mondo dal male del complotto ebraico mondiale, come il sistema comunista voleva la morte dei sionisti.
E i filo-terroristi di oggi riprendono tutti questi motivi – cattolici, nazifascisti e comunisti – e li infondono nella pianificazione islamica dell’annullamento dell’esistenza di Israele, e della caccia aggressiva e mortale agli ebrei nel mondo.
Un esempio fra i tanti. A Vicenza guerriglia urbana a caccia di ebrei, da parte dei centri sociali antagonisti, squadristi fascisti rossi, all’assalto di una fiera dell’oro per la presenza di tre espositori israeliani. Soggetti ufficialmente ospitati in un edificio del Comune.
Lia Levi, scrittrice ebrea e testimone della Shoah, ha scritto una pagina intitolata “Voi non meritate il nostro dolore”, dove denuncia il crollo delle aspettative e illusioni del Giorno della Memoria istituzionalizzato, che avrebbe dovuto ridurre l’antisemitismo e ora è travolto da un nuovo antisemitismo ancora più scatenato.
“Ci avete chiamati, ci avete accolto con calore nelle nostre scuole. (…)
Ci avete chiesto frastornati: ‘ma perché non vi siete difesi?’ (…) Com’è possibile che sia successo ancora una volta? 16 ottobre 1943, retata degli ebrei italiani, e poi 7 ottobre in Israele. (..) Ora ci siamo difesi, e voi avete cominciato – o ricominciato – a odiarci. (…) Come è successo che di colpo il male delle mondo sia rappresentato solo dall’israeliano, in modo più spicciativo, dall’ebreo?”
Oggi, nel quartiere ebraico di Roma, è apparso uno striscione contro l’ipocrisia di chi piange gli ebrei morti e condanna gli ebrei vivi, con questa amara e significativa scritta: “ Anche il 27 gennaio preferiamo le vostre condanne alle vostre condoglianze”.
Ugo Volli, ebreo illustre, docente universitario di fama che, tra l’altro, ha scritto due libri esemplari sulla Shoah (“Mai Più! Usi e abusi della memoria”, Sonda, e “La Shoà e le sue radici”, Marcianum Press) ci ammonisce che l’intero universo totalitario porta la responsabilità dello sterminio degli ebrei. In una conversazione a più voci (“La Lettura”, inserto del Corriere, 21 gennaio) scrive:
“Il patto Molotov-Ribbentrop fu un passaggio determinante per la distruzione degli ebrei. Pochi giorni dopo, la Germania invase la Polonia e cominciò lo sterminio. La memoria del 23 agosto (il patto) mette in crisi una certa idea del 27 gennaio: visto che a liberare Auschwitz fu l’Armata Rossa. Si oscura così il fatto che il regime sovietico aveva ereditato i pregiudizi antisemiti dell’impero zarista, e che fino alla morte di Stalin, e anche oltre, ci furono persecuzioni contro gli ebrei.”
“In Europa si creò una vasta complicità contro la democrazia, comprendente anche molti intellettuali, che alimentò i totalitarismi e favorì l’avvio dello sterminio. C’è una versione dei fatti, riferita al 27 gennaio, che rappresenta i sovietici nella veste dei liberatori, mentre il 23 agosto smaschera la loro precedente collusione con il Terzo Reich.”
Volli mostra che la Shoah, con tutta la sua unicità, si inserisce in un lungo continuum antisemita che la precede e la segue. C’è “la profondità storica millenaria costituita dall’antigiudaismo cristiano. Per una decina di secoli rimase perlopiù a livello verbale, sia pure con discorsi violentissimi contro gli ebrei, come quelli di san Giovanni Crisostomo e sant’Ambrogio. Poi, a partire dall’epoca delle Crociate, ci fu una continua persecuzione violenta, diffusa in tutta Europa, con centinaia di migliaia di vittime. Si diceva che gli ebrei rapinavano e uccidevano i bambini cristiani per impastare con il loro sangue il pane pasquale. E i pregiudizi contro il popolo di Israele fecero presa anche su filosofi illuministi come Voltaire e Kant. Si resero così possibili i presupposti culturali che resero possibile la Shoà. E che indussero tante persone comuni, componenti della cosiddetta ‘zona grigia’, a rimanere indifferenti di fronte all’espulsione, all’esproprio e infine alla deportazione di compagni di scuola, colleghi d’ufficio, vicini di casa solo perché ebrei.”
“Se nell’opinione pubblica tanti arrivano a credere che Israele uccida deliberatamente i bambini palestinesi, è perché dietro queste convinzioni c’è una millenaria predicazione d‘odio. La Shoah è unica, come tutti gli eventi storici, ma non isolata. È un episodio orribile dalle radici antiche che non sono sono state ancora recise. Come riemergono i legami tra i lager e i gulag, tra i due totalitarismi gemelli.” Scrive Volli: “Quando penso al leader del PCI Palmiro Togliatti, che al ministero della Giustizia prende come capo di gabinetto Gaetano Azzariti, ex presidente del tribunale della razza, mi viene da concludere che ad accomunare i due totalitarismi non sia l’ossessione del complotto, ma l’odio per la democrazia.”
Che un paese come Israele, aggredito, invaso e assediato da tutti i lati, minacciato di cancellazione, sia e resti una iperdemocrazia, nella quale si discute in modo libero e aperto di tutto e di tutti, è un miracolo. Giudicato una debolezza dai terroristi, è invece un’energia morale e una forza dinamica che dà e darà i suoi frutti.
Il 27 gennaio può trovare un suo nuovo senso, contro l’imbalsamazione e la retorica vittimaria, se lega l’unicità della Shoah alla lunga millenaria storia dell’antisemitismo in tutte le sue forme, e assume la difesa di Israele a pieno titolo nei suoi compiti.
Una giornata di memoria vivente per far comprendere che l’antisemitismo-antisionismo è la frontiera di tutti i totalitarismi, e la libera esistenza ebraica è il baluardo della libertà e della democrazia nel mondo.