C’è un filo per nulla sottile e anzi piuttosto robusto che collega i fotogrammi del terrore proiettati in mondo visione dal terrorismo islamico e le immagini delle minacce che colpiscono ogni giorno un paese come Israele, simbolo genuino della lotta tra le libere democrazie e i totalitarismi nascenti. Quel filo non è legato alla storia del Bataclan che sarebbe stato preso d’assalto per il suo essere non solo un’allegoria perfetta di una spensieratezza dell’occidente colpita a morte nella sua intimità ma anche per essere un luogo sensibile a causa della sua vicinanza al mondo ebraico (i proprietari del Bataclan sono ebrei e già nel 2011 i servizi segreti francesi, come riportato ieri da Le Point, avevano disinnescato un progetto di attentato organizzato dal Jaish al-Islam contro il Bataclan e i suoi proprietari ebrei). Il filo a cui facciamo riferimento è più solido. Ed è lo stesso filo messo in rilievo la scorsa settimana su questo giornale quando abbiamo scelto di dar vita a un comitato di solidarietà per i boicottare i boicottatori di Israele, comprando prodotti made in Israel.
Oggi più che mai, la difesa di Israele, in tutte le sue forme, è una battaglia cruciale perché esiste una precisa simmetria tra quanto sono lontani il cuore e il cervello dell’occidente rispetto all’unica democrazia del medio oriente e quanto sono lontani il cuore e il cervello dell’occidente rispetto al tema della minaccia portata ogni giorno alla democrazia dai fondamentalismi di ogni tipo – in primis, quello islamico. Non ci stancheremo mai di ripetere che difendere la libertà di Israele significa difendere la libertà dell’occidente (e non è un caso che gli ebrei vengano presi di mira anche per essere intrinsecamente simbolo di democrazia e di libertà) e non ci stancheremo mai di ricordare che il terrorismo che avvicina il suo coltello a un ebreo colpevole di essere ebreo è lo stesso terrorismo che avvicina le sue cinture esplosive a un occidentale colpevole di essere occidentale (a Parigi, a inizio anno, subito dopo l’attacco a Charlie Hebdo, i terroristi scelsero di attaccare anche un negozio kosher di Parigi, senza altra motivazione se non quella di dover punire l’essere ebrei). “A coloro che in Europa e nel mondo assegnano voti e ci danno consigli – sostiene con una buona dose di ragione il tostissimo Naftali Bennett, attuale ministro dell’Economia del governo Netanyahu – ricordo che questo terrorismo che ci colpisce non è soltanto un attacco a Israele ma è un attacco allo stile di vita che riteniamo libero e democratico. Noi forse siamo in prima linea ma non cadete in errore: questa guerra sta scoppiando anche nei vostri paesi. E fate attenzione a non trovarvi, quando sarà, dalla parte sbagliata della Storia”. Il nostro appello nasce per questo. Nasce perché i coltelli e i boicottaggi sono due facce di una violenza speculare che da mesi è tornata a colpire il simbolo di una democrazia in lotta contro il terrorismo in tutte le forme possibili e immaginabili. Nasce perché ormai il desiderio di punire Israele – che nasce dallo stesso grembo di un’Europa imbelle e a volte anche imbecille che trova la forza per boicottare Israele ma non trova la forza e il coraggio di rispondere alle minacce islamiste con qualcosa di più efficace che un paio di droni caduti dal cielo e un paio di bandiere francesi condivise su Facebook – non è un fatto isolato legato solo all’etichettatura voluta dalla commissione Europea ma è un fenomeno diffuso che si irradia in più forme. L’intifada dei coltelli, dovrebbe essere chiaro, è una lama che quando colpisce un ebreo non colpisce soltanto il suo corpo ma colpisce, con un affondo ancora più forte, il ventre molle di un occidente incapace di trovare le parole giuste e le azioni giuste per reagire di fronte a un terrorismo che giorno dopo giorno si rafforza anche grazie al fatto che coloro che dovrebbero combattere la minaccia islamista non accettano il principio che per distruggere i tagliagole bisogna tagliare le loro gole prima che siano loro a tagliare le nostre.
Alla luce di quello che abbiamo descritto, dunque, ha una valenza ancora più poderosa il punto che segnaliamo: in un momento storico come questo – in cui Israele si trova all’avanguardia nella lotta contro il terrore ma contemporaneamente si trova anche intrappolata in un contesto in cui deve combattere non solo con l’intifada dei coltelli, con i suoi vicini di casa che sognano la sua cancellazione dalle cartine geografici e con un accordo nucleare che porterà probabilmente gli ayatollah a dotarsi di un’arma atomica – l’Europa ha scelto di marchiare i prodotti del popolo ebraico riesumando il marchio della Stella Gialla contro l’unica democrazia del Medio Oriente. Compiendo un’azione che non accadeva dai tempi di Hitler e scegliendo di mandare un messaggio preciso verso l’unica società del medio oriente dove, come ha ricordato su queste colonne il nostro Giulio Meotti, gli arabi leggono una stampa libera, manifestano quando vogliono, mandano i propri rappresentanti in parlamento e godono degli stessi diritti di tutti gli altri cittadini. Il nostro appello nasce anche per questo. Nasce per chiamare le cose con il loro nome. Nasce perché tacere di fronte a un simile orrore significa essere compici di un delitto. Chi ama Israele ama la democrazia. Chi ama la democrazia combatte contro i totalitarismi di ogni genere. E chi oggi vuole affamare il popolo del boicottaggio deve comprare quei prodotti proibiti per boicottare i boicottatori. Sarebbe facile dire che esiste un solo nemico di Israele, un nuovo piccolo Hitler facilmente identificabile. I nemici di Israele purtroppo sono tanti. Sono nascosti ovunque. Nelle cancellerie, nelle ong, tra gli intellettuali, tra i paesi integralisti che confinano con Israele e che vedono nella presenza di una democrazia funzionante una minaccia inaccettabile. E per questo continueremo a raccogliere firme – ne abbiamo ricevute migliaia, ne continuiamo a ricevere centinaia ogni giorno, tutte bipartisan – e proveremo in tutti i modi a smuovere le coscienze e a organizzare campagne di sensibilizzazione per spiegare che il boicottaggio è la punta di un iceberg che nel silenzio assoluto toglie ogni giorno uno spicchio di libertà al popolo simbolo della libertà. E in un momento in cui all’orizzonte si intravede la nascita di un nuovo nazismo, quello islamico, bisogna dire con forza che per evitare nuove stellette di Davide e non farsi trovare dalla parte sbagliata della storia bisogna boicottare i boicottatori di Israele. Chi firma?
Articolo di Claudio Cerasa per Il Foglio
Foto: LaPresse