Jeremy Corbyn che nel 2014 in Tunisia partecipa a una cerimonia per commemorare 47 palestinesi morti a causa di un attacco aereo israeliano su una base dell’OLP nel 1985, nello stesso luogo in cui si trovano le tombe dei terroristi di Settembre Nero responsabili del massacro di Monaco del 1972, non può suscitare grande sorpresa e nemmeno una particolare indignazione.
Quello che sarebbe diventato il leader del partito laburista inglese è un vecchio terzomondista che ha introiettato profondamente la narrativa della vittimologia palestinese e dell’”oppressione” sionista, uno che ha definito Hamas e Hezbollah, “amici” e sotto la cui guida l’ex partito di Tony Blair è diventato una fucina di antisionismo e antisemitismo. Così come non possono sorprendere più di tanto le bandiere palestinesi sventolate l’altra sera a Piazza Rabin a Tel Aviv, dove si sono radunate 30,000 persone per protestare contro la legge Base che dichiara Israele lo Stato degli ebrei.
La sinistra israeliana antigovernativa ha montato una campagna di disinformazione radicale sulla legge, presentata come discriminatoria e liberticida, e dunque non poteva non trovare solidarietà con chi vorrebbe cancellare Israele dalla geografia mediorientale o trasformarlo in uno stato binazionale, contesto perfetto per un conflitto etnico che farebbe impallidire quello serbo-bosniaco.
No, non ci sorprendiamo di tutto ciò, come non ci sorprendiamo dei titoli della stampa italiana e delle agenzie di stampa, che nei giorni scorsi a seguito della risposta israeliana su Gaza, a seguito di 170 missili sparati al sud, alcuni dei quali arrivati a Siderot e Ashkelon, hanno presentato Israele come aggressore e i palestinesi come vittime. Tra le testate che si sono prestate a questa operazione, La Repubblica si è distinta per particolare zelo, titolando nella sua versione online, “Gaza, mamma palestinese incinta e la figlia di un anno e mezzo uccise nei bombardamenti”, un titolo infame confezionato apposta per incitare la platea degli odiatori di Israele e dare la stura a una bella ondata di antisemitismo.
Non importa che la bambina di un anno e mezzo del titolo in questione fosse una notizia falsa, come l’altra bambina, quella di pochi mesi morta nel contesto degli scontri tra esercito israeliano e “pacifici” manifestanti di Hamas, ai confini tra Israele e Gaza. La bambina, che sarebbe morta soffocata dai gas lacrimogeni israeliani, era diventata l’ennesimo simbolo dell’efferatezza israeliana. Si seppe poi che soffriva di una malattia congenita respiratoria e che la sua morte era dovuta a quella.
Ma tutto ciò è irrilevante per il circuito mediatico propalestinese che è dominante nel paese. Quello che conta è la disinformatia sistematica, la presentazione di Israele sempre come aggressore e criminale, il quale userebbe la propria forza in modo “sproporzionato”. Lo abbiamo visto a proposito della cosiddetta manifestazione pacifica inscenata a Gaza il 30 marzo scorso e utilizzata da Hamas come copertura per cercare di introdurre propri miliziani all’interno dello Stato ebraico a scopo terroristico. Anche in quella occasione il coro contro Israele fu unanime. Aveva praticato una carneficina contro vittime innocenti e inermi. Peccato che poi fu lo stesso Hamas, a seguito del picco di morti avvenuto il 14 maggio in concomitanza con l’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme, ad annunciare che la maggioranza delle vittime erano uomini dell’organizzazione terrorista.
No, tutto ciò non ci sorprende. E’ il paesaggio desolante nel quale ci troviamo da molto tempo collocati. Ed è nostro dovere qui su L’Informale darne conto ai nostri lettori. Il dovere della verità contro la menzogna e la serrata disinformazione della propaganda.