Per otto Paesi europei la priorità non è valutare i risultati concreti dei finanziamenti generosamente elargiti all’Autorità Nazionale Palestinese e per “la ricostruzione di Gaza”, ma incolpare Israele e chiedere risarcimenti a Gerusalemme. La situazione di conflitto che ha costretto Israele a confiscare beni o demolire costruzioni abusive ha fatto infuriare l’Europa, che ora chiede conto dei soldi spesi. Ad Israele.
Come si sa, i soldi che l’Ue invia ai palestinesi dovrebbero servire per progetti di interesse pubblico, quali la costruzione di scuole ed ospedali, oltre che un aiuto nel pagamento degli stipendi pubblici dell’AP (ma che in realtà finiscono nelle tasche di pochi satrapi). Parte di questi finanziamenti sono destinati anche a progetti umanitari su Gaza, nonostante la Striscia sia da anni governata da Hamas, organizzazione riconosciuta come terroristica pure dall’Ue.
Un problema, perché questi soldi raramente, se non mai, vengono utilizzati per la concreta realizzazione di questi progetti o per il benessere della popolazione, ma per incrementare l’arsenale militare o costruire i famosi tunnel sotterranei per entrare in territorio israeliano. Oppure, le scuole edificate grazie agli stanziamenti vengono trasformate in basi per le rampe missilistiche, nell’ottica della strategia di incolpare Israele per eventuali demolizioni degli stessi edifici o addirittura stragi di bambini.
L’Ue da questo orecchio non ci sente. Anziché occuparsi di questi problemi, per la prima volta otto paesi chiedono ad Israele un risarcimento di soldi spesi per alcuni progetti umanitari non concretizzati. Un fatto senza precedenti nel rapporto tra Europa e Israele, giunto a questo punto ai minimi termini.
Secondo i firmatari, “Le misure coercitive di Israele su scuole e assistenza sono contrarie agli impegni internazionali e causano sofferenze ai palestinesi“.
Questo causerebbe dei danni economici anche all’Europa. La richiesta è che Israele restituisca ai palestinesi il materiale confiscato, pena un risarcimento per i finanziamenti europei perduti. Il fatto è che, in West Bank, si tratta semplicemente di costruzioni abusive che vengono abbattute. La versione palestinese è che “Israele rende impossibile ottenere permessi“. Come sempre.
Tutt’altro che amichevole il tono della missiva: “Speriamo ancora che la nostra richiesta di restituzione possa essere soddisfatta senza precondizioni al più presto possibile, altrimenti Israele dovrà risarcire senza indugio”. Gli otto Paesi firmatari aggiungono che le “misure coercitive come la demolizione e la confisca di beni umanitari, comprese le infrastrutture scolastiche e l’ostruzione dell’assistenza umanitaria sono contrarie agli impegni internazionali e causano sofferenze ai civili palestinesi”.
Nella lettera, sono citati ad esempio pannelli fotovoltaici del valore di circa 30.000 euro, donati ad una scuola e secondo i firmatari confiscati da Israele.
La sorpresa maggiore riguarda gli otto stati europei che hanno aderito a questa richiesta perentoria. Promotore il Belgio, che pure è un Paese che ha recentemente avuto a che fare con il terrorismo islamico esattamente come Israele. Gli altri sette sono Francia, Spagna, Danimarca, Irlanda, Svezia, Lussemburgo e, purtroppo, l’Italia.
Ebbene sì, ci siamo anche noi.