Antefatto
L’Egitto, uscito traumatizzato dalla sconfitta militare del ’67, a partire dal fine del 1968 iniziò una pesante guerra d’attrito contro le forze di difesa israeliane messe a difesa della penisola del Sinai appena conquistata.
La guerra d’attrito era concepita, dagli alti comandi egiziani, per fiaccare le difese israeliane nei pressi del Canale di Suez, attraverso uno stillicidio di azioni militari limitate (brevi incursioni, cannoneggiamenti, tiri di cecchini) nel tempo e con l’utilizzo di piccole unità. Queste azioni militari brevi e sanguinose erano molto efficaci per causare quanti più morti e feriti possibili tra le truppe israeliane, senza che si creasse un casus belli per una guerra vera e propria (che l’Egitto non era ancora in grado di affrontare). A queste aggressioni militari gli israeliani rispondevano con mirate incursioni aeree e azioni di sabotaggio da parte dei prpri corpi speciali. Gli egiziani però disponevano di molti più soldati e mezzi, ciò creava le condizioni perchè questo continuo logoramento fosse molto più pesante per l’esercito israeliano di quanto lo fosse per quello egiziano.
Nelle intenzioni di Nasser c’era la volontà di riprendersi tutta la penisola del Sinai persa nel 1967 e lavare così l’onta della sconfitta militare precedente, attuando un vero e proprio “logoramento” dell’esercito di Israele. L’obbiettivo del leader egiziano era di portare al ritiro israeliano dal Sinai causato delle numerose perdite di vite umane.
Questa situazione di belligeranza a bassa intensità si protrasse per diversi anni e fu scandita dalle reazioni militari israeliane agli attacchi egiziani: quando Israele reagiva in maniera energica, l’esercito egiziano diminuiva gli attacchi o li sospendeva per alcuni giorni o settimane. Poi i suoi attacchi riprendevano vigore così come le risposte dell’esercito israeliano. C’erano mesi nei quali si potevano contare oltre 500 azioni militari tra attacchi e contro attacchi. In pratica si stava assistendo a una riedizione moderna della guerra di trincea tipica della Grande guerra, ma questa volta con il massiccio uso di cacciabombardieri e missili.
Gli avvenimenti si protrassero in questo modo fino all’autunno del 1970, quando la morte improvvisa di Nasser portò a una relativa quiete fino al grande attacco a sorpresa effettuato congiuntamente degli eserciti di Egitto e Siria nell’ottobre del 1973 che diede il via alla terza guerra arabo-israeliana: la guerra di Yom Kippur.
Operazione Raviv
L’operazione Raviv (pioggerella in ebraico) fu l’unica incursione con mezzi corazzati dell’intera guerra d’attrito e fu condotta in modo estremamente efficace dall’IDF (l’Esercito di Difesa di Israele) in territorio egiziano. Questa operazione ebbe luogo il 9 settembre 1969 con lo sbarco di 6 carri T55 e 3 veicoli corazzati BTR 50 oltre che da reparti di fanteria della 7^ brigata corazzata con alcuni membri dell’unità speciale Sayeret Matkal. Per ottenere il massimo della sorpresa e dell’efficacia tutti i soldati impiegati parlavano l’arabo (nel caso le loro comunicazioni fossero intercettate dagli egiziani), inoltre i mezzi corazzati impiegati erano tutti mezzi egiziani catturati durante la guerra dei Sei giorni e praticamente nuovi. Così la colonna di questi mezzi corazzati sembrava in tutto e per tutto una unità egiziana regolare che si muoveva sul territorio egiziano.
L’incursione iniziò all’alba nei pressi di El Hafair, circa 40 Km a sud della città di Suez, dove mezzi e uomini furono sbarcati da tre grossi mezzi da sbarco della marina.
La colonna si diresse verso sud creando subito molto caos dietro le linee egiziane, furono effettuati molteplici attacchi ad installazioni e postazioni lungo la strada (la prima installazione distrutta fu un sito radar ad Abu Darag). La forza corazzata israeliana, grazie al suo mascheramento non incontrò forti resistenze visto che le posizioni egiziane non erano equipaggiate per contrastare in maniera efficace l’azione dei veicoli corazzati, in quanto nessuno in Egitto si aspettava una incursione di questo tipo in una zona così distante dal Canale di Suez. L’unità procedette verso sud protetta dai velivoli A4 Skyhawks con il preciso scopo di distruggere tutte le batterie di missili SAM 2 che erano state precedentemente individuate. Quando questa piccola unità corazzata fu intercettata da una grossa brigata corazzata egiziana aveva percorso circa 50 km in 9 ore e distrutto numerose batterie missilistiche, postazioni radar e installazioni militari di vario genere. Grazie alla copertura aerea questa mobilissima unità riuscì a sganciarsi dal nemico dopo un breve scontro a fuoco e raggiungere il luogo stabilito per il reimbarco. Furono utilizzati anche degli elicotteri da trasporto per velocizzare l’evacuazione dei soldati. Alla fine tutti i soldati impegnati nell’operazione furono imbarcati e riportati in Israele.
L’Operazione Raviv si concluse con la perdita di un solo aereo A4 Skyhawk e di tre incursori di marina (deceduti a causa dell’attivazione accidentale del dispositivo di autodistruzione di uno dei siluri utilizzati) e di un ferito della unità corazzata. Gli egiziani, per parte loro, persero tra i 100 e i 200 soldati e subirono la distruzione di 12 installazioni militari. Tra le vittime egiziane si deve annoverare un Generale sovietico inquadrato come “consigliere militare”. Di fatto un così alto ufficiale in grado dimostrava in modo inequivocabile, quanto ripetevano da tempo gli israeliani: i sovietici avevano in Egitto, al fianco delle forze armate egiziane, migliaia di soldati e personale vario con il compito di utilizzare in prima persona le batterie missilistiche SAM-2 e i radar in dotazione all’esercito egiziano. Quindi non si limitavano solo ad addestrare i soldati egiziani (si pensa che fossero quasi 20.000 i sovietici presenti in Egitto fino alla guerra del ’73 compresi almeno 150 piloti di Mig 21). Infatti, dagli archivi russi, dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica, è emerso che dopo la “falsa espulsione” dei militari sovietici nel 1972 di fatto essi rimasero segretamente in Egitto e tale manovra fu solo un diversivo per confondere gli israeliani durante i preparativi che portarono all’offensiva egiziana che scatenò la guerra del 1973, nella quale presero parte attiva come addetti al funzionamento delle batterie antiaeree e operatori dei sistemi radar.
Quando il presidente egiziano Nasser fu informato delle conseguenze della brillante operazione Raviv fu colpito da un attacco cardiaco dal quale non si rimise più completamente: sarebbe infatti morto appena un anno dopo. Fece però a tempo a destituire il Capo di Stato Maggiore dell’esercito, Generale Ahmad Ismail Ali, il comandante della marina militare, Ammiraglio Fouad Abu Zikry e numerosi generali e alti ufficiali dell’esercito.