Nelle ultime settimane tre notizie ci hanno particolarmente colpiti, lasciandoci a metà fra l’amarezza dell’odio per Israele che da parte araba si rinnova con virulenza e la ridicola celebrazione del non voler vedere/udire/dire che ingessa l’ONU a riti tanto assurdi quanto moralmente osceni.
Notizia numero uno.
L’UNRWA, l’Agenzia dell’ONU che si occupa dei rifugiati palestinesi, ha deciso – finalmente! – di operare una revisione, sia pure modesta e non radicale, nelle materie curricolari che si insegnano nelle scuole che gestisce nei territori dell’Autorità Palestinese. Ad esempio, vorrebbe eliminare la carte geografiche in cui Israele è cancellato e la Palestina si estende dal mare al Giordano, inserire qualche immagine femminile, o di maschi e femmine insieme, in sostituzione di quelle esclusivamente maschili, modificare i testi che si riferiscono al conflitto con Israele eliminando quanto non risponde a veri, ed eliminare riferimenti negativi ad Israele che siano fuori contesto (ad esempio, in libri di matematica).
Il ministero dell’Educazione palestinese ha immediatamente rifiutato di accettare questi cambiamenti ed ha minacciato di perseguire in tribunale l’UNRWA, cioè l’ONU; il ministro Sabri Saidam ha affermato che i palestinesi “chiedono un’educazione che crei la liberazione” dall’occupazione israeliana; due dei deputati arabi più radicali eletti al parlamento israeliano, Ahmad Tibi e Hanin al-Zoabi, hanno detto che “è diritto dei palestinesi sotto occupazione incitare contro di essa” e che “incitare contro l’occupazione ed i suoi crimini non è solo un diritto, ma una obbligazione umana”.
Hamas ed impiegati dell’UNRWA hanno per parte loro protestato in quanto, affermano, questi cambiamenti servono gli interessi americani ed israeliani. Secondo le autorità palestinesi, inoltre, questi cambiamenti hanno lo scopo di inoculare negli studenti una cultura di normalizzazione e coesistenza con Israele, il che significherebbe distorcere l’identità palestinese.
Notizia numero due.
Pochi giorni prima di un infuocato anniversario della Liberazione, che vorrebbe sostituire gli ebrei della Brigata Ebraica coi palestinesi nel corteo ufficiale, il membro del Comitato Centrale di Fatah (la fazione palestinese “moderata”) e responsabile del Tesoro Muhammad Shtayyeh ha dichiarato alla televisione ufficiale dell’Autorità Palestinese che Fatah non intende riconoscere Israele (ma non aveva già riconosciuto Israele Arafat?) , dimostrando che quando Hamas e Fatah confliggono è solo per la conquista del potere, mentre sui rapporti con Israele la pensano allo stesso modo. Il membro dell’ufficio politico di Hamas, Mahmoud al-Zahar, ha infatti dichiarato alla televisione libanese Al-Mayadeen che l’introduzione nella nuova costituzione di Hamas del concetto di uno stato palestinese in Cisgiordania ed a Gaza, al fianco di Israele, costituisce “nulla più che un passaggio tattico, che non influisce sul diritto dei palestinesi a tutta la terra di Palestina”. Il 31 dicembre 2009 lo stesso presidente dell’Autorità Palestinese aveva dichiarato che fra Fatah e Hamas non esistono divergenze sui temi fondamentali, ed il 22 ottobre 2014 il consigliere di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) per gli affari religiosi, Mahmoud al-Habbash, ha affermato che per la Sharia tutta la terra di Palestina è un possesso inalienabile a norma delle leggi religiose islamiche, e la televisione ufficiale palestinese l’11 giugno 2016 aveva confermato che “ogni granello di terra palestinese è nostro…è parte della Palestina benedetta e sacra”.
Notizia numero tre.
Ecco infine un altro capolavoro dell’ONU: l’ONU ha eletto l’Arabia Saudita a membro per il 2018-2022 della Commissione per la promozione dell’eguaglianza di genere e della presenza femminile nei luoghi di potere. Verrebbe da ridere, se non fosse una tragica realtà. Lo stato che più di qualunque altro opprime le donne, che non possono guidare un’automobile o muoversi senza l’accompagnamento di un uomo, non è precisamente il miglior componente di questa commissione. Il voto era segreto, ma solo sette dei 54 stati che fanno parte dell’ECOSOC non hanno votato per l’ingresso dell’Arabia Saudita nella commissione, e ciò significa che almeno 5 stati dell’Unione Europea dei 12 presenti nella commissione hanno votato a favore. I 12 stati sono: Belgio, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Svezia e Gran Bretagna. Dubitiamo fortemente che quei 5 “colpevoli” di una assurdità scandalosa vorranno confessare pubblicamente il misfatto.