Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

Non è l’islamofobia che mi tiene sveglio la notte, è l’antisemitismo | di Aboud Dandachi

Bill Maher. Daniel Pipes. Sam Harris. Richard Dawkins. Sono la prova che l’islamofobia può essere un ambito di lavoro molto proficuo e gratificante. Ma pur con le loro spacconate, neanche il piagnucolio combinato di tutta l’industria islamofobica può sperare di infliggere danni a lungo termine a una religione con 1,5 miliardi di aderenti.
Ayaan Hirsi Ali una volta sognava e si struggeva per il giorno in cui l’Occidente “avrebbe schiacciato l’Islam”, e ha dovuto a malincuore ridimensionare le sue ambizioni solo sul “riformare l’Islam”, nel momento in cui il mondo ha mostrato scarso interesse nello scatenare una guerra mondiale apocalittica contro la fede islamica.
È vero, i musulmani in Myanmar affrontano una persecuzione genocida per mano di estremisti buddisti sostenuti dallo stato. Per seguire il pensiero dei Bill Mahers e Daniel Pipe di questo mondo, logica conclusione sarebbe vedere il modello Myanmar replicato in Occidente.

Ciò richiederebbe un genocidio di stato promosso in vari continenti per cominciare a intaccare la crescita della religione islamica. L’islamofobia può essere molto brutta, ma neanche il gruppo più impegnato di pensatori con i loro sit-in e i balbettii sulla taqiyya non può assolutamente costituire una minaccia esistenziale alla fede islamica.
(La taqiyya indica, nella tradizione islamica – specialmente quella sciita – la possibilità di nascondere o addirittura rinnegare esteriormente la fede, di dissimulare l’adesione ad un gruppo religioso e di non praticare i riti obbligatori previsti dalla religione islamica per sfuggire a una persecuzione o a un pericolo grave e imminente contro se stessi a causa della propria fede islamica, n.d.r.).

Purtroppo, la situazione per quanto riguarda le comunità ebraiche di tutto il mondo è molto più precaria. Oggi (7 dicembre n.d.r.), mentre Israele osserva lo Yom HaShoah (il Giorno della Shoà) in ricordo degli oltre sei milioni di ebrei assassinati durante l’Olocausto, l’antisemitismo dilagante ha visto una rinascita in tutto il mondo. Mentre l’islamofobia non può mai sperare di raggiungere l’obiettivo designato, l’antisemitismo moderno nelle sue nuove forme aggiornate pone un pericolo esistenziale molto reale alle comunità ebraiche (…).

Mentre anche un migliaio di marce PEGIDA (Patriotic Europeans Against the Islamisation of the Occident ) possono (forse) rallentare l’immigrazione musulmana in Europa, non possono certo sperare di fermarla completamente. Anche un governo in stile UKIP (United Kingdom Independence Party) in ogni capitale europea non può fare nulla riguardo ai musulmani che già vivono nel continente. Ma, come abbiamo tragicamente visto negli ultimi anni, tutto quello che serve è un po’ di teppisti di strada che sventolano bandiere di Hamas e ISIS per le strade di Londra, Parigi e Copenaghen per creare un ambiente in grado di mettere in pericolo le comunità ebraiche in Europa. Le sparatorie del 2015 a Parigi e in Danimarca non nascono dal nulla, mesi di incitamento antisemita hanno preparato il terreno e hanno creato le circostanze per gli attacchi terroristici.
L’antisemitismo è ora più pericoloso di quanto non lo sia mai stato in qualsiasi momento dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ma, naturalmente, ha dovuto adeguarsi con i tempi, assumere forme diverse e travestirsi in abiti politici apparentemente rispettabili.

Quindi cerchiamo di essere abbastanza chiari. Se qualcuno va e sventola una bandiera o uno striscione di fronte di una sinagoga, quella persona è un antisemita. Se un gruppo di manifestanti marcia attraverso un quartiere a maggioranza ebraica gridando slogan politici, è un atto destinato a intimidire ebrei della zona. Se una persona usa frasi come “sio-nazista”, quella persona non è solo contrario al sionismo, ma agli ebrei in generale. E così è chiunque utilizzi più volte la frase “sionista di New York”. E così è chi sostiene di non essere antisemita, ma sta in compagnia e guarda con favore alle imprecazioni di impenitenti odiatori di ebrei, o ai loro tweet e post su Facebook. E così è chiunque domandi agli ebrei locali di “rinnegare” Israele oppure “subire le conseguenze delle azioni della entità sionista”. E così è un qualsiasi parlamentare arabo che mantiene due minuti di silenzio in “onore” di terroristi che hanno commesso omicidi in una sinagoga. E chiamare Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente, “uno stato di apartheid”, potrebbe anche essere abbreviazione di “Sono un fottuto idiota all’oscuro di tutto ciò che riguarda l’apartheid “.

I moderni fascisti non brandiscono svastiche (con l’eccezione della feccia di Stormfront e loro simili), ma con le loro azioni tradiscono le loro reali intenzioni. E come siriano non ho altro che il massimo disprezzo per i fans di Gaza che sono insorti di fronte alle ambasciate israeliane la scorsa estate, ma a quanto pare sembra si accontentino di stare a casa, mentre Daesh e il regime siriano massacra il quartiere palestinese di Yarmouk a Damasco.
L’antisemitismo non è solo un problema per gli ebrei. (…) Se gli ebrei, uno dei gruppi più integrati dell’occidente, possono essere presi di mira, perseguitati e costretti ad abbandonare le loro comunità, c’è scarsa speranza per qualsiasi minoranza, in qualsiasi parte del mondo.

Come rifugiato siriano, sarò sempre una minoranza ovunque vada al di fuori della Siria, e troverei molto difficile, se non impossibile, vivere in un mondo dove un moderno Olocausto è riuscito a perseguitare o eliminare una minoranza dalla società in cui hanno vissuto per generazioni. I rifugiati possono sopravvivere solo in un mondo che sta accettando delle minoranze, non uno in cui gli estremisti possono con successo perseguitare altri. Oggi potrebbero essere ebrei, ma la storia ha dimostrato più volte che gli ebrei sono il canarino nella proverbiale miniera di carbone; i gay, gli stranieri, i diversi gruppi etnici tutti saranno prede per gli estremisti di oggi, islamici o altro. Un mondo dove è accettabile bersagliare un gruppo etnico è un mondo in cui tutte le minoranze sono a rischio.
Ed è per questo che non potrò mai, e non avrò mai nulla a che fare con antisemiti, non importa quanto forte possano proclamarsi per sostenere le cause che mi sono più care. Anzi, più cercano di associarsi alla mia causa, tanto più è incombente su di me il desiderio di dissociarmi da loro e di contrastarli attivamente con la stessa dedizione ed energia che ho dedicato ai problemi del mio paese. E per vedere attraverso di loro a prescindere dalle etichette e apparenze dietro a cui si nascondono.

Di: Aboud Dandachi*, 7 dicembre 2015,
*rifugiato siriano che vive temporaneamente in Turchia 

(Traduzione di Diego Ibrahim Manca)

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