Quando un’organizzazione terrorista mette a rischio la sicurezza di un Paese, dei propri cittadini, il governo in carica e le istituzioni tutte hanno il dovere di mettere in primo piano la salvaguardia della nazione. Lo si fa a prescindere da eventuali particolarismi, da pressioni perpetrate da gruppi che perseguono l’interesse dei pochi a discapito dei tanti o persino da eventuali calcoli di consenso elettorale.
Senza sicurezza non può esservi sopravvivenza e Israele sta sbagliando tutto. Una nazione accerchiata da Paesi ostili e col nemico in casa non può permettersi il lusso di trattare con i terroristi, perché a medio-lungo termine il conto da pagare sarà salatissimo se non vitale.
L’eccidio del 7 ottobre 2023 è stato causato proprio da precedenti scellerate trattative con Hamas che hanno portato al rilascio di migliaia di terroristi detenuti nelle carceri israeliane per ottenere la liberazione del soldato Gilad Shalit. Il risultato? Il più grande pogrom contro gli ebrei dai tempi della Shoah; più di 1200 morti, oltre alle centinaia di militari israeliani deceduti e gravemente feriti durante quella campagna militare successiva al 7 ottobre che doveva portare a quell’ “eradicazione di Hamas” che non solo non è mai avvenuta ma che, con il cosiddetto accordo fortemente voluto da Trump e accolto da Netanyahu, ha portato all’opposto risultato. Hamas è ora rifocillata con terroristi rilasciati dalle carceri israeliane, con benzina fornita dal Qatar e con mezzi pesanti per la ricostruzione.
In poche parole, si stanno ricreando le condizioni per un nuovo 7 ottobre, esattamente come avvenuto in precedenza con l’accordo su Shalit.
Come se non bastasse, ogni fine settimana Hamas mette sistematicamente in atto un macabro show durante il rilascio degli ostaggi, umiliandoli, suonando la gran cassa della propaganda per schernire la campagna militare israeliana (dunque anche i soldati morti) e mostrando al mondo che sono ancora in forze e pronti a colpire. Hamas sta inoltre lanciando un messaggio anche agli abitanti di Gaza, ovvero “non c’è alternativa a noi”.
Per quale motivo il governo israeliano tollera tutto ciò?
La propaganda di Hamas non è poi soltanto uno show di forza per farE passare il messaggio che il 7 ottobre è stato un successo, ma è anche un modo per reclutare nuovi terroristi nei propri ranghi, come già spiegato a L’Informale da Eran Lahav, esperto di jihadismo e proxy iraniani per l’Israel Defense and Security Forum-IDSF.
Il non aver sradicato Hamas e avere accettato un accordo che è poi di fatto una resa, ha inoltre trasformato l’organizzazione terrorista palestinese in un pericolosissimo dogma ideologico che alimenterà ulteriori azioni violente anche al di fuori dei confini israeliani e non ce n’era certo bisogno.
Se da un lato si deve assistere all’orrendo show di Hamas, sul lato israeliano la situazione non è certo migliore, con una narrativa mediatica che pone al centro di tutto il dramma degli ostaggi, con continui slogan verbali e visuali, e con i parenti che spingono sull’esecutivo per accettare qualsiasi compromesso con i terroristi pur di riportarli a casa, anche se ciò va contro l’interesse del Paese e contro la sicurezza dei cittadini tutti.
Massima solidarietà e sostegno alle famiglie degli ostaggi che necessitano di tutto il supporto possibile, tuttavia, uno Stato serio non può permettersi di portare avanti strategie di sicurezza sulla base dell’emotività o di interessi particolari.
I rappresentanti dell’attuale esecutivo israeliano continuano a ripetere da un anno e mezzo che “Israele non dimenticherà”, che “Hamas verrà sradicata”, che “Hamas è una vile e spregevole organizzazione terrorista”, che “Hamas è il nuovo nazismo”. Tutte cose che si sapevano già da un pezzo e non serviva certo il 7 ottobre per scoprirlo.
Una cospicua parte della società israeliana sembra totalmente paralizzata da questa retorica degli ostaggi e degli slogan al punto da non rendersi conto che nonostante i colpi pesantissimi sferrati alla struttura militare di Hamas, Israele ha preso la via della resa e sta mettendo a repentaglio la propria sopravvivenza.
La lentezza della leadership israeliana nel muoversi contro Hamas a Gaza era emersa fin dall’inizio, ma si pensava fosse dovuto alle pressioni da parte dell’Amministrazione Biden. Almeno, così ci avevano fatto credere.
Le tattiche in stile “mordi e fuggi” e la divisione in settori da occupare temporaneamente per poi ritirarsi mal si coniugano infatti con un obiettivo di sradicamento che prevederebbe invece la totale occupazione del territorio e il soffocamento del nemico.
Poi c’era la questione degli ostaggi. Finchè ci sono gli ostaggi, non si può intervenire definitivamente su Gaza per sradicare Hamas. Eppure Gaza è stata in buona parte rasa al suolo; era così impossibile occuparla militarmente, chiedere alla leadership statunitense di fare pressione sui leader di Hamas a Doha affinchè rilasciassero tutti gli ostaggi subito, invece di mettere in atto l’attuale show dell’orrore?
In ultimo, è arrivato Trump che ha praticamente costretto, tramite Steven Witkoff, immobiliarista con legami col Qatar, ad accettare un accordo devastante per Israele, e Netanyahu, contro ogni previsione, ha subito accettato, causando l’immediata uscita dal governo di Ben Gvir.
L’accordo è stato spacciato per un grande successo, Trump è quasi stato beatificato come risolutore della faccenda, quando si tratta invece di un fiasco totale.
Gli ostaggi andavano fatti rilasciare tutti e subito, senza alcuna liberazione di terroristi che andranno a riempire i ranghi di Hamas, la quale, nel contempo, minaccia altre azioni in stile 7 ottobre. Ora ci si sorprende perché alcuni degli ostaggi sono morti ed altri sono riemersi in condizioni che ricordano i lager nazisti, ma cosa ci si aspettava?
Si prospetta l’inizio della seconda fase che prevede addirittura il ritiro delle truppe israeliane dai luoghi dove è ancora presente a Gaza e la fine delle ostilità, con Hamas ancora in carica. Peggio di così non poteva andare.
Nel frattempo, continuiamo a sentire il disco propagandistico di Hamas da una parte e di Netanyahu dall’altra, mentre la domanda che sorge spontanea è una e una sola: si vuole veramente eradicare Hamas da Gaza? I dubbi, a questo punto, sono più che leciti.
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