Francesca Albanese, Relatrice «speciale» sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi presuntivamente «occupati», ha scelto la sera di Yom HaShoah, la giornata del ricordo dello sterminio, per presentare il suo vergognoso «Rapporto sui Diritti umani in Palestina» all’Università di Venezia. Una provocazione bell’e buona, ma non c’è da stupirsi, dopotutto Francesca Albanese, così come i suoi colleghi Navi Pillay, Miloon Kothari, Chris Sidoti, è immune a ogni forma di equità, decenza e ragionevolezza.
La rapporteur dai capelli bicolore è fermamente dalla parte dei palestinesi, ma soprattutto contro Israele, oggetto di un odio meschino e ossessivo. Per lei bisogna, ancora una volta, scomodare la categoria dell’«utile idiota». Infatti, con le sue dichiarazioni, false e denigratorie, non fa che portare acqua all’Autorità Palestinese e pure ai gruppi terroristi di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese.
Il «Rapporto 2022 sui Diritti umani in Palestina» è un mero libello antisionista, infarcito di sociologismi d’accatto e giuridichese accademico, utile a fornire alla propaganda palestinese una copertura «scientifica» e, di conseguenza, «oggettiva». Di neutro e imparziale, nel Rapporto, non vi è nulla. I suoi redattori si sono limitati, come già sottolineato su queste pagine, a riproporre il canovaccio anti-israeliano fabbricato in URSS dopo il 1967.
Francesca Albanese, sofferente di cecità parziale e volontaria, fa finta di ignorare la corruzione endemica dell’Autorità Palestinese, il furto sistematico degli ingenti aiuti umanitari da parte dell’oligarchia raccolta attorno ad Abu Mazen, l’odio antisemita insegnato persino nelle scuole d’infanzia, l’uso dei civili come scudi umani, le risorse economiche dirottate al finanziamento del terrorismo, il fanatismo religioso islamico e il governo autocratico esercitato dalle istituzioni palestinesi.
Date le sue posizioni, l’Albanese non poteva che incassare il sostegno di Tina Marinari, la coordinatrice delle campagne di Amnesty International, organizzazione umanitaria che ha fatto della lotta «anticolonialista» contro Israele una ragione di vita.
Di Amnesty «fake» International e del suo pregiudizio antisionista si è già scritto molto. NGO Monitor ha documentato come Amnesty fornisca informazioni false, errate, riciclate da organizzazioni non governative palestinesi poco trasparenti. L’associazione umanitaria non tiene conto dei contesti, non fornisce delucidazioni sul modo in cui vengono raccolte le testimonianze e rifiuta a priori la legittimità delle indagini e delle informazioni israeliane, sebbene queste superino gli standard e le procedure internazionali. Francesca Albanese e l’ONU operano esattamente allo stesso modo.
Bene ha fatto Fiamma Nirenstein ha ricordare che «antisemitismo oggi è la criminalizzazione di Israele, il ridurlo nei panni di uno stato colonizzatore, di apartheid, indegno di vivere». Stando alla definizione di «antisemitismo» elaborata dalla International Holocaust Remembrance Alliance, la demonizzazione e la criminalizzazione dello Stato d’Israele rientrano in questa definizione. Inutile che la rapporteur affermi a Repubblica «mai stata antisemita. Le mie critiche riguardano solo l’occupazione israeliana». Il solo impiego del termine «occupazione» per descrivere la situazione della Giudea e della Samaria è di per sé indice di sentimenti antisemiti. Se poi, come fatto dalla Albanese, si aggiunge un riferimento alla «lobby ebraica» che controllerebbe gli Stati Uniti, il quadro si fa completo e ancor più fosco.
Se queste considerazioni possono apparire esagerate a qualcuno, non lo sono però per il Simon Wiesenthal Center, che ha inserito la Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, Francesca Albanese e i suoi colleghi, al secondo posto della sua «2022 Top Ten Worst Global Anti-Semitic Incidents». In particolare si legge: «Albanese è un’enciclopedia ambulante anti-israeliana e ha fatto sproloqui antisemiti, tra cui l’affermazione che la “lobby ebraica” gestisce gli Stati Uniti. Albanese ha espresso aperta simpatia per i gruppi terroristici palestinesi, ha accusato “l’oppressore” Israele di potenziali crimini di guerra, ha paragonato Israele alla Germania nazista».
Si tratta di dichiarazioni gravissime, che dovrebbero essere punite, come minimo, con il licenziamento e con pubbliche scuse da parte dell’ONU. Ma non bisogna sperarci. Nulla di questo verrà mai dall’organizzazione che ha eletto come suo Segretario Generale il nazista Kurt Waldheim e che da cinquant’anni a questa parte lavora alacremente per infangare la reputazione di Israele e minarne la sicurezza nazionale.
Tutte le nazioni civile dovrebbero abbandonare l’ONU, farla morire d’inedia per mancanza di fondi, costruire un’alleanza alternativa di democrazie (rileggere, in tal senso, «Contro l’ONU: il fallimento delle Nazioni unite e la formidabile idea di un’alleanza tra le democrazie» di Christian Rocca), dove soggetti come Francesca Albanese non possano trovare un posto nemmeno come inservienti.