Non c’è avvenimento legato ad Israele che, negli ultimi anni, non scateni a Bruxelles una acredine e un livore che ha ormai assunto caratteri patologici. Più volte abbiamo già sottolineato – qui sull’Informale – come la UE abbia già deciso da diversi anni che il conflitto tra Israele e i palestinesi debba essere risolto accogliendo tutte le istanze palestinesi per quanto antistoriche, prive di contenuti legali e in contrasto con gli accordi già sottoscritti. Tra queste istanze ci sono dei veri e propri “dogmi” che la UE vuole imporre ad Israele a prescindere dal fatto che la UE stessa dovrebbe agire come soggetto super partes nelle trattative tra arabi e israeliani. Tra questi si possono annoverare “i confini” che gli europei vogliono imporre allo Stato ebraico e la suddivisione di Gerusalemme in due per fare della parte est la capitale di un futuro Stato palestinese. Tutto ciò che si discosta da questa visione precostituita va demonizzato e combattuto senza se e senza ma.
Gli ultimi due esempi in ordine di tempo sono illuminanti. Il primo è relativo all’accordo raggiunto, nelle scorse settimane, tra Israele e gli Emirati Arabi. Questo “storico” accordo è stato visto da tutto il mondo come un ulteriore passo concreto di normalizzazione dei rapporti tra Israele e il mondo arabo che può portare benefici in tutti i campi all’intero Medio Oriente. A questa visione delle cose si sono contrapposte poche – ma significative – eccezioni. Tra queste vanno annoverate quelle dell’Iran, della Turchia di Erdogan, dei cleptocrati di Ramallah e della UE. Sì, proprio la UE, che è riuscita a manifestare una freddezza nei suoi comunicati da rasentare una aperta ostilità nei confronti di questa importante opportunità di disgelo tra arabi ed ebrei.
L’altro esempio è di pochi giorni orsono ed è ancora più indicativo della palese ostilità della UE nei confronti di Israele. Ed è precisamente un altro “storico” accordo: quello tra Serbia e Kosovo firmato alla Casa Bianca con il presidente Trump in funzione di mediatore. Ora ne vediamo i risvolti.
Il summit che si è svolto nei giorni scorsi a Washington tra il presidente Trump, quello serbo Aleksandar Vucic e il kosovaro Avdullah Hoti è stato l’ennesimo colpo ad effetto dell’amministrazione americana per riguadagnare terreno in campo internazionale. In questo caso di è trattato della firma di una accordo che prevede la normalizzazione delle relazioni economiche tra i due paesi. Va sottolineato che la Serbia ancora non riconosce ufficialmente l’indipendenza del Kosovo sua ex regione autonoma fin dai tempi della Jugoslavia. Il Kosovo – in maniera unilaterale – ha dichiarato la propria indipendenza dalla Serbia nel 2008 (la sua indipendenza è riconosciuta da 96 paesi e fino a quella data era un protettorato dell’ONU). Questo atto unilaterale ha di fatto congelato per numerosi anni le trattative con i serbi. Anni di inutili sforzi europei non hanno portato a nessun risultato concreto, questa accelerazione voluta da Trump ha di fatto spiazzato un po’ tutti a partire dalla debole e disorganica EU. Ora c’è stata una improvvisa accelerazione e l’accordo economico è il preludio di un accordo politico. Gli Stati Uniti come garanti hanno promesso cospicui investimenti. Ma il vero colpo di scena è stata la dichiarazione di Trump nella quale si metteva in luce come l’accordo stesso preveda che la Serbia sposti la sua ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme con il conseguente riconoscimento della città quale capitale di Israele. Mentre il Kosovo allacci relazioni diplomatiche con Israele – Israele ancora non riconosce il Kosovo come Stato indipendente – con il relativo insediamento dell’ambasciatore kosovaro a Gerusalemme (sarebbe il primo paese a maggioranza musulmana a farlo). Quest’ultimo aspetto non è stato per niente digerito a Bruxelles.
Lunedì scorso sono stati convocati i rappresentanti dei due paesi per rendere conto dell’intesa e di questa inattesa decisione. Subito il rappresentante europeo è stato categorico e in perfetto “stile mafioso” si è affrettato a dichiarare ai rappresentanti di Serbia e Kosovo che se intendono procedere con il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele la loro richiesta di adesione all’Unione Europea non potrà essere accolta. Questo “avvertimento” ha un duplice scopo: da un lato minare gli sforzi diplomatici americani per aumentare il numero di paesi che già riconoscono la vera capitale di Israele e dall’altro, quello di scoraggiare altri paesi europei che sembrano in procinto di farlo (Romania, Ungheria e Repubblica Ceca). Questo gesto politico/diplomatico di fatto scardinerebbe la granitica e unilaterale politica UE verso Israele.
La sempre più irrazionale e oltranzista posizione europea nei confronti di Israele è ormai grottesca: in nessun altro conflitto e verso nessun altro Stato si è mai schierata così palesemente a favore di uno dei due contendenti. Questo atteggiamento politico annovera tra le altre cose: il boicottaggio dei prodotti israeliani, il ricatto verso istituzioni culturali e università israeliane, grandi finanziamenti per la costruzione di edifici e case abusive, enormi contributi per il pagamento dei “salari” di terroristi e per testi scolastici palesemente antisemiti, il costante appoggio in sede UNESCO e altre organizzazioni che regolarmente vogliono cancellare la storia ebraica della terra di Israele. Non c’è che da aspettare la prossima mossa pregiudizialmente ostile della UE verso lo Stato ebraico.