Editoriali

L’odio per Israele è quello che l’occidente nutre per se stesso

Bisogna essere consapevoli di una cosa ed esserlo in modo netto, senza indecisioni o dubbi: l’odio per Israele è l’altra faccia dell’odio per l’Occidente e i suoi valori. Non è solo questo naturalmente. La motivazione principale di chi vorrebbe che lo stato ebraico non esistesse più è l’antisemitismo. Non c’è da meravigliarsi, per l’antisemita l’esistenza di uno stato che porta il nome della collettività ebraica e ha come bandiera la stella di Davide è un insulto permanente.

Dietro la trasparente maschera antisionista appare il volto di sempre, il nemico di ieri, oggi, domani. Il fatto che ci siano tra le file antisioniste numerosi ebrei non significa nulla. L’odio tra fratelli è un topos classico e nella Bibbia ce ne sono vari esempi. Ma non tutti coloro che vorrebbero la scomparsa di Israele sono automaticamente antisemiti: per costoro Israele, come gli Stati Uniti, rappresenta un’aberrazione della storia.

La saldatura ideologica tra antioccidentalismo, antiglobalismo e terzomondismo rappresenta oggi la più agguerrita macchina da guerra propagandistica contro Israele, che può contare su di un formidabile apparato massmediatico sparso in tutto il mondo. La critica all’Occidente come locus di tutti i mali è stata costante e crescente negli ultimi quarant’anni, prendendo l’abbrivio negli anni ’60, i revolucionari anni della contestazione, della palingenesi scopereccia e psichedelica, condita dal ciarpame teorico dei guru dell’affrancamento dalla “repressione” capitalistico-borghese-familistica, da Sartre a Marcuse a Reich. E’ allora che sotto l’effetto dell’ubriacatura del vino marxista si è iniziato a guardare a veri modelli di affrancamento esistenziale e culturale come l’Unione Sovietica, la Cina maoista, il sudest asiatico, il Vietnam e la Cambogia, e a Ho Chi Min e Pol Pot come a liberatori del pueblo dai gioghi colonialisti e imperialisti, senza mai dimenticare San Ernesto Che Guevara.

Questa corrente ha continuato a scorrere senza sosta fino ai giorni nostri, trovando torme di assetati pronti ad abbeverarsi alle sue sorgenti inquinate. Non è un caso che tra i più perseveranti nemici di Israele ci sia Noam Chomsky, il linguista ebreo americano che si è formato in quegli anni, e che dopo avere abbandonato gli studi specialistici è diventato il Grande Inquisitore degli Stati Uniti, paragonati nei suoi scritti a qualcosa che non è molto lontano dalla Morte Nera di Guerre Stellari, un vero e proprio impero delle tenebre che ha solo seminato morte e distruzione. Come non è un caso che nel rifugio segreto di Osama Bin Laden vi fossero, tra le sue letture, anche alcuni dei suoi testi. E non potrebbe essere diversamente. La critica spietata all’Occidente, la sua demolizione morale ha trovato e trova nel fondamentalismo islamico, come prima di esso nel comunismo storico, un alleato prezioso. Leggere Chomsky o i proclami di Bin Laden suscita sconcerto, perché potrebbero essere firmati dall’uno o dall’altro indifferentemente. Prendiamo per esempio il testo conosciuto come “Letter to the American People” dell’ottobre 2002. In esso il capo di Al Qa’da scrive che gli Stati Uniti, “sono la peggiore civiltà che la storia dell’umanità abbia visto”, posizione che Chomsky non potrebbe fare altro che sottoscrivere.

Per Chomsky e i suoi epigoni ed epigonetti, l’11 settembre è la conseguenza inevitabile dell’imperialismo americano, di cui Israele è l’altra faccia in Medioriente. Israele, che come gli Stati Uniti lo erano per Bin Laden, è oggi per l’Iran, Hezbollah e Hamas, il principale stato canaglia da abbattere. Israele di nuovo dunque, e inevitabilmente.

Un tempo non lontano la parte più cospicua dell’intellighenzia occidentale tifava per i regimi comunisti e preferiva alla “repressione” borghese patriarcale occidentale la schiavitù dei totalitarismi, oggi come sbocco al suo antioccidentalismo si ritrova tra le braccia di un nuovo fascismo, quello islamico. La conclusione è impressionante quanto inevitabile. Dopo il tramonto delle monarchie, alla democrazia, con tutte le sue disfunzioni e magagne, l’uomo non ha potuto contrapporre null’altro se non le dittature. Gli aedi della “libertà”, gli antiglobalisti, i terzomondisti, i distruttori dell’Occidente sono solo i complici solerti dei terroristi e degli assassini, da cui si distinguono confusamente con proclami di rinnegamento della violenza, loro, di cui sarebbero immediatamente tra le vittime.

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