L’attentato jihadista di ieri a Barcellona è solo l’ennesimo di una lunga serie che proseguirà in futuro, e per predirlo non è necessario essere Cassandra. Si tratta solo di vedere dove e quando il jihad mieterà le prossime vittime.
La guerra contro l’Occidente intentata da una parte dell’Islam che conta milioni di aderenti (perché non si tratta dei soli terroristi delle varie sigle ma di un vasto arcipelago che crede in una aderenza rigorosa e senza sconti alla lettera coranica), non ha alcuna intenzione di finire, anzi.
Nel 1996, Samuel P. Huntington, dando alle stampe uno dei più importanti testi di geopolitica della seconda metà del Novecento, The Clash of Civilizations, scriveva:
“La causa del rinnovato conflitto tra l’Islam e l’Occidente risiede in una fondamentale questione di potere e cultura. Kto Kovo? Chi deve governare? La questione centrale della politica definita da Lenin è alla radice del conflitto tra l’Islam e l’Occidente…Fintanto che l’Islam resterà l’Islam (cosa che farà) e l’Occidente resterà l’Occidente (che è più dubbio), questo fondamentale conflitto tra due grandi civiltà e modi di vita continuerà a definire il loro rapporto nel futuro così come lo ha definito nei passati quattordici secoli“
L’Islam è rimasto fedele a se stesso, l’Occidente, come aveva visto Huntington, ha smarrito le proprie coordinate scambiando progressivamente la propria identità incardinata sulla triade Atene-Gerusalemme-Roma, con un suk di idee ibride in conflitto tra di loro.
Nella fedeltà a se stesso l’Islam ha mantenuto il jihad al proprio centro. Non si tratta di un’ubbia guerrafondaia passeggera. Esso è stato praticato, normato e santificato lungo tutta la storia della religione musulmana. Iscritto nel Corano e mai espunto. Teorizzato come un compito essenziale e imprescindibile, per alcuni teorici e studiosi musulmani addirittura una sorta di sesto pilastro della propria religione.
L’Occidente ha da tempo rinunciato ad affrontare la realtà. Preferisce spostare l’attenzione su altre cause del conflitto, leggendo i fatti secondo vetusti e fallimentari schemi marxisti per i quali la causa di ogni male è sempre di natura economica e il riaffiorare della bellicosità islamica sarebbe il frutto guasto delle colpe coloniali, della sperequazione delle risorse finanziarie. Nulla di più falso e fuorviante in questa lettura grossolana. Ed è questo il problema, perché l’Islam si declina soprattutto spiritualmente, non materialisticamente, come entità sacra fondata sul volere imperscrutabile di Allah di dare ai musulmani il dominio sulla terra e quindi sugli altri popoli. La questione del potere, appunto. Kto Kovo? Il motore dell’Islam è la sua forza spirituale, la sua struttura onnicomprensiva, totalitaria. Esso è verticale, ieratico, sacralmente monumentale.
L’Occidente, ormai appiattito su categorie interamente materiali, è smarrito e incapace di affrontare questa consistenza religiosa. Non possiamo tornare cristiani e crociati, non è questo il punto, ma si tratta di comprendere che la guerra in atto sia quella tra una forza teopolitica ancora intatta, guerriera e bellicosa e un gigante tecnologico che non crede più in nulla se non nel proprio illimitato sviluppo tecnico-scientifico, incapace di capire quale sia la posta in gioco, incapace di darci alcuna redenzione.