La sentenza con la quale venerdì, la Corte Internazionale dell’Aja, ha deliberato che Israele occupa abusivamente i territori della Cisgiordania, violando di fatto il diritto internazionale, non rappresenta altro che un ulteriore capitolo della lawfare, l’offensiva giuridica contro lo Stato ebraico, che iniziò a prendere corpo a partire dal 1967, ovvero subito dopo l’esito della Guerra dei sei giorni, quando, contrariamente alle previsioni, Israele vinse la guerra scatenata dagli eserciti arabi guidati da Nasser, che avevano come obiettivo dichiarato la sua distruzione.
A guerra terminata, Israele aveva conquistato Gaza, la Cisgiordania, Gerusalemme Est, e parte della penisola del Sinai. Sia Gaza che la Cisgiordania erano state destinate alla abitabilità ebraica dal Mandato Britannico per la Palestina del 1922. Questi territori, a seguito della guerra araba di aggressione del 1948, furono rispettivamente occupati da Egitto e Giordania che li detennero illegalmente fino al 1967, anno, appunto, della seconda guerra di aggressione araba ai danni di Israele.
Nel 1951, la Giordania fece un passo ulteriore, annettendosi la Cisgiordania, avendo provveduto nel frattempo a cacciare da essa tutta la popolazione ebraica.
Successivamente, l’ONU produsse la Risoluzione 242, con la quale si stabiliva che Israele doveva ritirarsi da una parte dei territori conquistati, contestualmente al suo riconoscimento da parte degli Stati aggressori, Egitto, Giordania e Siria e degli specifici accordi di pace che avrebbero sancito i confini.
La Risoluzione 242 venne riconfermata in toto dal Consiglio di Sicurezza con la Risoluzione 338 del 1973. Non veniva fatto alcun utilizzo della designazione “territori palestinesi occupati”. Solo dal 1995 con gli Accordi di Oslo, le rivendicazioni palestinesi iniziarono ad avere una loro legittimità come conseguenza dell’accettazione da parte di Israele dell’OLP nella veste di interlocutore. Con il venire in essere degli Accordi di Oslo i territori vennero disciplinati amministrativamente e suddivisi in tre aree distinte, l’Area A, l’Area B e l’Area C.
Alla luce del diritto internazionale e successivamente alla stipula dei trattati di pace tra Israele, Egitto e Giordania e con quella degli Accordi di Oslo, la definizione “territori occupati” o “territori palestinesi occupati”, perde completamente di legittimità. I territori, infatti, non possono dirsi “palestinesi” in quanto manca ad essi qualsivoglia base giuridica per rivendicarne la detenzione sovrana, così come, con la ripartizione del territorio stabilita dagli Accordi di Oslo, la presenza militare e civile israeliana è strutturalmente concentrata nell’Area C, dove, sempre nel rispetto del dispositivo degli accordi, Israele ha diritto a permanervi e a consentirne lo sviluppo abitativo senza che esso violi alcuna norma contenuta nei medesimi.
La sentenza della Corte Internazionale, ha una valenza squisitamente politica, e va inquadrata nell’ambito dell’incessante operazione di delegittimazione dello Stato ebraico che prosegue senza sosta da quasi sessanta anni.