Alle prossime elezioni nazionali francesi, che si svolgeranno ad aprile, tra i candidati alla presidenza vi potrebbe essere Éric Zemmour, scrittore e giornalista di orientamento gollista, noto per la sua avversione all’immigrazione e all’Islam.
Il polemista è nato da una famiglia di francesi ebrei dell’Algeria, il suo cognome significa “ulivo” in lingua berbera, ed è stato educato, per sua stessa ammissione, nella tradizione ebraica, ma si definisce di “cultura cattolica”, poiché “per diventare francese, devi immergerti nel cattolicesimo”.
Zemmour ha un rapporto controverso con la comunità israelita francese che, almeno stando alle dichiarazioni dei suoi rappresentanti, sembra non gradire alcune sue posizioni. Infatti, se il giornalista ha più volte denunciato il crescente antisemitismo islamico, nutrito dell’immigrazione di massa, altre sue affermazioni hanno scatenato reazioni piccate e negative.
Il presidente del Crif, Conseil Représentatif des Institutions juives de France, Francis Kalifat, ha dichiarato che “Non una sola voce ebraica dovrebbe andare a favore del potenziale candidato Zemmour”. Il rabbino capo di Francia, Haim Korsia, lo ha definito “antisemita” e “razzista”; mentre Ariel Goldmann, presidente del Fondo Sociale Ebraico Unificato, afferma “di vergognarsi di essere della sua stessa religione”. L’Unione degli studenti ebrei di Francia, attraverso la sua presidente Noémie Madar, ha denunciato le “bugie di Zemmour sulla storia del paese”.
La causa di questa antipatia è rintracciabile in alcune asserzioni di Zemmour che, in tempi recenti, è arrivato a mettere in dubbio l’innocenza del capitano Alfred Dreyfus, definendo “torbido” il caso. In passato, coi suoi libri e i suoi interventi pubblici, ha difeso Philippe Pétain, sostenendo che avrebbe “sacrificato” gli ebrei stranieri fuggiti in Francia nel tentativo di “salvare” gli ebrei francesi. In merito alla carneficina di Tolosa, nella quale persero la vita, per mano del terrorista islamico Mohammed Merah, quattro civili ebrei, Zemmour si è così pronunciato:
“La famiglia di Mohammed Merah ha chiesto di seppellirlo in Algeria, nella terra dei suoi antenati, e si sapeva anche che i bambini ebrei assassinati davanti alla scuola religiosa di Tolosa sarebbero stati sepolti in Israele. Gli antropologi ci hanno insegnato che apparteniamo al paese in cui siamo sepolti. Assassini o innocenti, carnefici o vittime, nemici o amici, erano disposti a vivere in Francia, a fare il garbure o altro, ma quanto a seppellire le loro ossa, hanno diseredato la Francia, erano soprattutto stranieri e sono voluti rimanere tali dopo la morte”.
Interrogato in merito al conflitto israelo-palestinese, Eric Zemmour ha definito “obsoleta” la soluzione dei due stati e si è espresso favorevolmente nei confronti del sionismo. Nel suo pamphlet Le premier sexe, tradotto in italiano con il titolo L’uomo maschio, così ha descritto il movimento nazionale ebraico:
“Il sionismo è innanzitutto un tentativo storico di smetterla con l’immagine femminilizzata dell’ebreo europeo, l’ebreo dalle mani sottili e malaticcio, l’ebreo del ghetto, studente di teologia, angariato da cosacchi brutali e avvinazzati, l’ebreo intellettuale dei paesi occidentali, amante dei libri e oggetti rari, l’ebreo che non si sporca le mani con la terra né alla guerra”.
Éric Zemmour è un acceso sostenitore dell’assimilazionismo, così come il suo consigliere politico, la giovane Sarah Knafo, che così si è descritta: “Sono di fede ebraica, ma sento di avere una cultura cristiana. Per me, Charles Péguy è importante quanto la Torah”.
Alcune posizioni del polemista francese sono, indubbiamente, controverse, ma gli ebrei francesi non sono minacciati dai sostenitori di Zemmour, bensì dalla diffusione dell’islamismo.