Il nuovo “incidente” avvenuto al confine tra Egitto ed Israele e che è costato la vita a tre soldati israeliani per mano di un poliziotto o di un soldato egiziano (la dinamica non è ancora chiara) è solo l’ultimo episodio che ha visto come protagonisti dei membri delle forze di sicurezza di un paese arabo “amico” di Israele. Già in passato si sono verificati diversi episodi che hanno avuto come protagonoisti membri delle forze di sicurezza egiziani o giordani “impazziti” che hanno ucciso soldati di confine israeliani o civili israeliani.
A proposito di questi episodi una cosa è certa e inequivocabile, sono sempre e solo soldati o poliziotti arabi (giordani o egiziani) che uccidono a sangue freddo degli ebrei. Non è mai successo che un soldato o un poliziotto israeliano uccidesse, dopo essere “impazzito”, dei civili o dei militari dei due paesi arabi. E’ davvero curioso che siano sempre e solo gli arabi ad “impazzire” e mai gli ebrei. Viene il forte sospetto che questi episodi abbiano poco a che fare con delle patologie mentali ma che abbiano tanto a che vedere con una profonda cultura dell’odio, della non accettazione dei diritti dell’altro così profondamente radicata nelle società dei due paesi arabi e che l’illusione della pace ha ipocritamente voluto nascondere la realtà: di fatto non esiste una vera pace tra Israele, Egitto e Giordania, e il motivo è dovuto al semplice fatto che gli arabi non accettano l’esistenza di Israele e l’autodeterminazione del popolo ebraico. La pace è solo un’illusione così come la narrativa dei confini tranquilli. A prova di ciò basti pensare che nonostante con la Siria non sia stato firmata nessuna pace non si sono mai verificati episodi simili a quelli capitati al confine con Egitto e Giordania, e questo, per una ragione precisa, essendo Israele in uno stato di belligeranza con la Siria le regole di ingaggio dei soldati assegnati alla tutela dei confini con lo Stato arabo sono più ferree e il confine è più pattugliato e sotto una tutela di sicurezza ben maggiore.
Questo ennesimo episodio di violenza anti ebraica, perché di questo si tratta essendo i due paesi “in pace” con Israele, è solo la punta di un iceberg. Il fatto in sé non è grave per la sicurezza generale di Israele (tranne che per i famigliari delle vittime) ma è molto indicativo di come le società civili di Egitto e Giordania considerino gli ebrei: come qualcuno di non accettato e di non accettabile. Lo si vede chiaramente dal punto di vista politico in tutti i forum mondiali – ad iniziare dall’ONU – nei quali Israele viene attaccato in ogni occasione; dal punto di vista culturale e commerciale dove non esiste nessun tipo di interscambio, e questo per volontà araba. Assai indicativo di questo stato di cose è l’atteggiamento della stampa e delle autorità relativamente ad ogni episodio di violenza, nessuna scusa e nessun dibattito interno sulle cause di questi atti ma solo giustificazioni minimizzanti del tipo “è l’atto isolato di uno squilibrato” nella migliore delle ipotesi.
Emblematico è il caso accaduto al confine con la Giordania quando, nel 2017, re Abdallah II concesse la grazia ad Ahmad Daqamseh, il soldato giordano che nel 1997 sparò e uccise a sangue freddo sette ragazzine israeliane di Beit Shemesh, ferendone altre sei (proprio nell’Isola della pace tra i due paesi). Grazia ricevuta nonostante la condanna all’ergastolo per l’efferato massacro. Dall’uscita dal carcere in poi l’assassino è diventato una celebrità, costantemente rappresentato come un eroe sui media giordani, dove invita apertamente il pubblico a impegnarsi nel jihad contro Israele.
Finché le cose rimarranno entro questi canoni la pace resterà una chimera. Non immuni da critiche risultano le autorità di Israele. Minimizzare questi fatti per non “guastare” i rapporti con i vicini arabi come potrà migliorare le cose? Da questo punto di vista è molto indicativo l’episodio che ha visto protagonista un parlamentare giordano, Imad al Adwan, colto dalla polizia di confine israeliana al passaggio di Allenby, alla fine di aprile con 200 pistole, una ventina di fucili d’assalto e una notevole quantità d’oro per i terroristi che operano in Samaria. Come è andata a finire la vicenda? Una detenzione di alcuni giorni e il suo rilascio per non guastare i rapporti con i giordani. Proviamo a pensare la cosa a parti invertite. Se fosse stato preso un parlamentare israeliano al confine giordano con la stessa quantità di armi e oro destinate a dei terroristi che vogliono rovesciare il regime di Abdallah sarebbe finita allo stesso modo? Sarebbe stato rilasciato senza neanche delle scuse formali per non “guastare il rapporto tra i due paesi? Pare ben poco plausibile, è molto più probabile che sarebbe stato convocato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU per investigare e l’ambasciatore giordano avrebbe lasciato lo Stato ebraico per protesta.
Fino a quando Israele coltiverà l’illusione della pace e si dimostrerà debole politicamente le cose non potranno che peggiorare.