Editoriali

L’eredità perenne

Durante gli ultimi tumulti di venerdì scorso ai confini tra Gaza e Israele, dalla parte della enclave costiera feudo dal 2007 di Hamas, infitto nel terreno fa mostra di sé uno stendardo con bandiera palestinese e svastica. A corredo c’è un immagine di Hitler vicino a delle fiamme e una di Netanyahu con una x a cancellargli il volto.

Non c’è nulla di sorprendente in questo accostamento, esso è il prodotto di una ben precisa eredità, quella del Mufti di Gerusalemme Amin al Husseini, fervente antisemita e filonazista, che  negli anni ’30 si attivava assai a Berlino per offrire i suoi servigi al Reich. Servigi che avrebbero “liberato” la Palestina dalla presenza ebraica, così come la Germania nazista avrebbe provveduto a rendere l’Europa parzialmente judenfrei.

D’altronde, la Casa Madre di Hamas, i Fratelli Musulmani, fondati da Hassan al Banna al Cairo nel 1928, fecero ottimamente da cassa di risonanza in Medioriente all’antisemitismo nazista e ai suoi feticci. A leggere la Carta di Hamas del 1988, il manifesto ideologico del gruppo, si trova copiosa questa presenza.

Gli ebrei sono rappresentati come potenza oscura e micidiale responsabili di costanti malefatte, esattamente come li descrive l’incunabolo dell’antisemitismo novecentesco, i Protocolli dei Savi di Sion, il centone confezionato a fine Ottocento, dall’Ochrana, la polizia segreta dello Zar, e di cui il Fuhrer era devoto lettore.

La saldatura tra islamismo e nazismo, o meglio tra antisemitismo islamico fondato sulle sure del Corano e sugli hadit e quello europeo portato all’apice da Hitler e dai suoi sodali, è una combinazione mai venuta meno dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi. Il Medioriente, in cui la specificità della tabe antiebraica europea cominciò a fare il suo ingresso negli anni ’30, non ha mai smesso di coltivarla. Basterebbe soltanto guardare i titoli di alcuni dei volumi apparsi alla recente fiera internazionale del libro di Riad, là dove sono custoditi i luoghi sacri dell’Islam, per rendersene conto.

In mezzo a titoli di autori ebrei ferocemente antisionisti tra cui brillano quelli di Noam Chomsky, Norman Finkelstein, Israel Shahak, abbondano diverse versioni del Mein Kampf. Libro che non ha mai smesso di essere pubblicato e venduto nei paesi arabi. Questo la dice lunga sulla “vicinanza” dell’Arabia Saudita a Israele, unicamente basata sull’attuale esigenza di fare fronte comune contro l’Iran, ma nulla più di questo. Una volta che l’Iran non dovesse più rappresentare una minaccia regionale, l’antisemitismo e l’odio saudita per Israele non scompariranno dalla scena.

E’ Matthias Küntzel, tra i maggiori studiosi dell’argomento a illustrare nel suo essenziale Il Jihad e l’odio contro gli ebrei, l’islamismo e il nazismo e le radici dell’11 settembre, in uscita a settembre presso la Salomone Belforte Editore, la genesi di questo legame imperituro.

“Il mio libro dimostra che al-Qaeda e gli altri gruppi islamisti sono guidati da un’ideologia antisemita che è stata trasferita al mondo islamico nel periodo nazista. Il volume mostra che la visione paranoide dei nazisti e la “realtà immaginaria” che guidò le loro azioni dominano le menti dei terroristi islamisti e determinano le loro politiche odierne, e trae conclusioni sull’attuale scontro globale”.

La svastica, già apparsa a Gaza all’inizio degli scontri al confine con lo Stato ebraico cominciati nel marzo del 2018, utilizzata come vessillo e su aquiloni incendiari, non è mera provocazione, espediente occasionale. Tutt’altro. E’ segno di una ben precisa mentalità, di un odio profondo e radicato e di cui oggi, l’Iran è, tra gli Stati musulmani, il più tenace propagatore, non a caso il principale sponsor di Hamas e della Jihad islamica, anche essa operativa a Gaza.

Il nazi-islamismo, o meglio, l’Islam che si appropria del virulento antisemitismo nazista, è la testimonianza chiara di come l’odio nei confronti di Israele da parte dell’estremismo islamico, sia potenzialmente, radicalismo distruttivo come lo fu l’antisemitismo eliminazionista partorito dal Terzo Reich.

Solo confrontandosi con l’implacabilità di questo nemico, con la sua determinazione genocida, Israele ha potuto sopravvivere e può continuare a farlo.

 

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