Cosa avrebbe detto di così incendiario, sconcio, irricevibile, Itmar Ben Gvir, esecrato ministro della Sicurezza dell’altrettanto esecrato governo Netanyahu? Cosa ha detto questo pericoloso sedizioso, colui che la sinistra illuminata, al passo con i tempi, ha addobbato da qui alla fine dei tempi stessi con l’abito del razzista? Cosa per suscitare le reprimende della Casa Bianca?
Il fu seguace di Meir Kahane, ha osato dire che i diritti suoi e della sua famiglia e dei loro figli, diritti in quanto ebrei si intende, di potersi muovere per le strade della Giudea e della Samaria è da anteporre al diritto di movimento degli arabi ivi residenti. Ha poi specificato il pensiero in un botta e risposta con un giornalista arabo. “È la realtà. Il mio diritto alla vita viene prima del loro diritto alla libertà di movimento”.
Insomma lo scandalo, l’oscenità oscurantista di Ben Gvir sta, dopo la recente ondata di atti terroristici nei confronti di ebrei residenti nella zona, nell’avere anteposto il diritto alla vita e alla libertà di movimento degli ebrei al diritto di spostarsi (e di ucciderli quando è possibile farlo) da parte degli arabi.
Si tratterebbe di un evidente e intollerabile discriminazione nei confronti degli arabi. Dire che la salvaguardia della vita per i residenti ebrei della Giudea e Samaria è da privilegiare rispetto al diritto di muoversi liberamente da parte araba confermerebbe per alcuni il fatto che in Israele vigerebbe l’apartheid. L’apartheid starebbe nell’apparato di sicurezza che Israele ha istituito nei territori e che è gestito, per la parte araba, dall’Autorità Palestinese dopo gli Accordi di Oslo del 1993.
L’apartheid è difendere le vite degli ebrei dagli arabi che vogliono annientarle. L’apartheid è limitarne, ove ritenuto necessario, il movimento, l’apartheid è istituire controlli e sorveglianza più stringenti.
Chiunque possegga un minimo di razionalità e sappia quale è la realtà non può che sottoscrivere l’ovvietà pronunciata da Ben Gvir, ma essendo lui ad averla detta, diventa impronunciabile.
La mostrificazione di Ben Gvir è iniziata da prima che entrasse nel governo ed è proceduta a spron battuto dopo il suo ingresso e continuerà senza sosta.
È il destino di questo ultimo governo uscito dalle urne. Di non piacere a Washington, di essere inviso al comparto progressista che nel paese è fortemente ramificato nella magistratura, nei media, nell’accademia e a cui scrittori e autori israeliani celebri e meno celebri fanno da megafono solerte.
D’altronde uno dei più accaniti demonizzatori del governo, l’ex fugace premier Ehud Barak, è quello che nel 2000 voleva sostanzialmente cedere l’intera Giudea e Samaria a Yasser Arafat.
Lui andava bene, come, al posto di Ben Gvir alla Sicurezza, per molti in Israele e per l’attuale Casa Bianca, sarebbe da applaudire uno Stato jihadista sulle colline prospicenti Tel Aviv.