Quando si pensa di avere toccato il fondo c’è spesso una botola che si apre per scendere più in basso. È capitato al Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu con sede a Ginevra, organismo noto per avere come tema fisso nel proprio protocollo il cosiddetto Articolo 7, ovvero “Israele e i territori palestinesi occupati”. Israele è l’unico paese all’interno del forum ad avere un articolo esplicitamente dedicato.
Il fondo sembrava raggiunto con la nomina nel 2008 di Richard Falk a Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati (e già lo status fraudolento della definizione “territori palestinesi occupati” meriterebbe un articolo a parte). Falk, ex docente di Princeton di estrema sinistra e già estimatore della rivoluzione khomeinista in Iran, si era innalzato nella considerazione dell’organismo in virtù dell’ormai vetusta equiparazione di Israele e nazismo, tuttavia il suo fervore antisionista era così sopra le righe che persino l’Autorità Palestinese ne chiese l’espulsione dalle Nazioni Unite con un telegramma del 16 febbraio 2010 per il suo essere troppo filo Hamas. Fu un titolo di onore che gli consentì di ricoprire il ruolo fino al 2014.
Ad occupare la posizione che fu di Falk, ora giunge l’Italiana Francesca Albanese, e si capisce subito dal buongiorno che il mattino sarà radioso. La signora, avvocato quarantacinquenne, è una vera e propria pasionaria filopalestinese, la quale, però, in una recente intervista si è voluta dichiarare “non partigiana”. Così non partigiana al punto che, dopo avere dichiarato nel 2014, che gli Stati Uniti sono controllati da una “lobby ebraica”, vecchio inossidabile feticcio antisemita caro a Hitler e a Osama bin Laden, ed essersi poi scusata per “l’errore” ha però insistito su alcuni concetti fondamentali che è bene reiterare.
Oltre a qualificare i palestinesi come “oppressi”, il minimo sindacale, i quali, nel 2014, durante l’Operazione Margine di Protezione si sarebbero difesi con razzi “di scarto” contro l’occupante (l’Albanese, va da se, è contro l’invio di armi ad Israele e per Hamas preferirebbe sicuramente dotazioni di armi migliori, anche se, da allora ad oggi il gruppo jihadista si è assai perfezionato e dovrebbe essere contenta), non veniva persa l’occasione per prendersela con la BBC, rea di essere prona alla “lobby ebraica” e all’”avidità” di Israele.
L’ebreo avido, da Shylock a Fagin a Uraih Heep è un totem consolidato dell’antisemitismo classico, così come lo è, anche se più à la page, quello dell’associazione di Israele con il nazismo, così caro a Falk.
Su questa falsariga, nel 2015, la “non partigiana” Albanese, che all’epoca lavorava per l’UNRWA l’agenzia ONU per la moltiplicazione esponenziale dei “rifugiati” palestinesi, postava due fotografie dalla incisiva verve didattica. Nella prima appariva un soldato nazista con ai suoi piedi un uomo qualificato come “ebreo”, nella seconda quella di un soldato israeliano e un palestinese. Non contenta, in una intervista del 2 aprile scorso paragonava l’Olocausto alla Nakba, appellativo arabo per l’esodo forzato palestinese avvenuto durante la guerra del 1948-49. Ma non ci si ferma qui, per il neo Relatore Speciale, il troppo non stroppia mai, e quindi, il mese scorso, durante un podcast ha dichiarato che Israele non può nemmeno invocare “l’autodifesa” essendo “occupante illegale” di un territorio e in uno stato di aggressione nei confronti un altro “paese” (sic). Chi ha diritto all’autodifesa sarebbero i palestinesi. Il titolo del podcast “Smantellare il colonialismo israeliano” è un chiaro esempio di non pregiudizialità. In omaggio a Richard Falk, i jihadisti di Gaza, cioè Hamas, sono stati trasformati in “resistenti”, qualifica perfettamente in linea con il giubilo espresso sette anni fa quando la Corte Europea depennò Hamas dalla lista delle organizzazioni terroriste.
Con un curriculum così la Albanese è effettivamente perfetta per ricoprire il ruolo che le è stato assegnato da un organismo squalificato il cui scopo fondamentale è quello di demonizzare Israele su base permanente.
Il presente articolo è già apparso su Informazione Corretta
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