Da Donato Di Segni riceviamo e volentieri pubblichiamo.
In Israele, non è vero che si confrontino due diritti. Il confronto è tra un diritto, quello israeliano, radicato su basi legali inoppugnabili, fondate sul diritto internazionale e una pretesa, quella araba, priva di qualsiasi base legale.
È indispensabile chiarire come, affermazioni del tipo “Israele occupa territorio arabo”, “occorre dare uno stato agli arabi”, è “ora di dare l’indipendenza ai palestinesi”, siano basate sulla colpevole ignoranza della realtà storica di quella parte di mondo.
L’antefatto è la caduta dell’impero ottomano a causa della Prima guerra mondiale e la conseguente perdita dei suoi possedimenti nella mezza luna fertile mediorientale dopo una dominazione durata circa sei secoli a partire dal 1300. Tale perdita territoriale fu sancita dai trattati di Sevres e poi di Losanna a favore delle potenze vincitrici Francia, Inghilterra, Italia e Giappone.
Con la fondazione della Società delle Nazioni (precursore ONU), avvenuta nel 1919, il mondo civile volle darsi uno strumento per la gestione pacifica delle relazioni fra i paesi membri, ivi compresi il superamento degli atteggiamenti coloniali come provato dall’inserimento nella sua carta costituzionale, dell’Articolo 22 basato sulla dichiarazione di Smuts oltre che sui cosiddetti “14 punti del Presidente Wilson”, il quale, pur non essendo membro della neonata Società, ne volle fortemente la nascita.
Con il charter della Società delle Nazioni nazioni e in particolare con il suo Articolo 22 si dava concretezza all’istituzione della normativa mandataria che si proponeva di ridistribuire le terre conquistate (nello specifico agli ottomani), in favore delle popolazioni da accompagnare verso l’indipendenza con l’aiuto di una potenza evoluta nel ruolo di potenza mandataria chiamata a supportare il raggiungimento e la realizzazione delle strutture nazionali delle popolazioni in questione.
Nella conferenza di Sanremo del 24 aprile 1920 le potenze vincitrici , detentrici uniche dei territori conquistati all’ex impero ottomano, si impegnavano alla ridistribuzione dei territori adottando la tecnica mandataria e producendo i testi mandatari per Siria, Libano e Iraq oltre a istituire la Palestina mandataria britannica oggetto del Mandato di Palestina del 1922 il quale stabiliva la normativa che assegnava quel territorio al Popolo ebraico.
L’Arabia Saudita raggiungeva l’indipendenza senza passare per il periodo mandatario, mentre la Transgiordania, poi Giordania dal 1946, nasceva dalla separazione del territorio ad est del fiume Giordano dal territorio originariamente denominato Palestina mandataria britannica in forza di una modifica del testo mandatario originale effettua con l’inserimento di un nuovo articolo (Articolo 25). Quindi, il mandato di Palestina riguardava sia la Palestina mandataria destinata agli ebrei (ad ovest del fiume Giordano) che la Transgiordania destinata agli arabi (ad est dello stesso fiume) sulla quale il mandatario inglese aveva facoltà di non applicare il testo mandatario.
Il 24 luglio 1922 la Società delle Nazioni votava, approvandolo all’unanimità con 51 voti su 51 stati votant, il Mandato di Palestina ivi incluso il già citato Articolo 25 aggiunto per consentire la separazione della Transgiordania che rappresentava una riduzione del 77% del territorio mandatario originariamente assegnato deiure al popolo ebraico.
Il 29 settembre 1923 il Mandato di Palestina diventa operativo e il 3 dicembre 1924 viene firmata la convenzione USA/UK di endorsement del testo mandatario da parte statunitense.
Con il Mandato di Palestina, 3 preamboli e 28 articoli, veniva stabilito il diritto legale del popolo ebraico nella sua interezza, sul territorio mandatario che alla conclusione del Mandato sarebbe diventato Israele.
Nel primo preambolo troneggia l’Articolo 22 del charter della Società delle Nazioni, vale a dire che il Popolo Ebraico veniva ufficialmente riconosciuto come “avente diritto” fra i popoli destinati all’indipendenza attraverso un periodo mandatario, mentre, con il secondo preambolo, la dichiarazione Balfour da mera dichiarazione di simpatia, diventò impegno solenne e patto eterno fra le nazioni per (re)istituire in Palestina la Casa Nazionale Ebraica, salvaguardando i diritti civili e religiosi delle etnie presenti sul territorio. Il terzo preambolo contiene il riconoscimento della connessione storica del popolo ebraico con la Palestina mandataria e dei motivi per ricostituire la sua Casa Nazionale in quel paese.
Con i vari articoli contenuti nel testo mandatario si normava l’immigrazione, l’insediamento della popolazione ebraica sulla terra, la concessione della nazionalità palestinese e del passaporto per i nuovi immigrati. Veniva stabilita la creazione e il riconoscimento di una Agenzia Ebraica come ente ufficiale per la collaborazione con l’autorità mandataria per la realizzazione di tutte le strutture pre-statali necessarie allo scopo.
Malgrado le desiderate politiche e indipendentiste delle varie popolazioni arabe presenti nella mezza luna crescente fossero state abbondantemente corrisposte con l’assegnazione di territori per Stati indipendenti arabi in ragione del 99,8% del totale disponibile, l’assegnazione dello 0,2% da assegnare agli ebrei, non trovò il favore arabo che culminò nella sommossa del 1937 e nella Commissione Peel che cerco di proporre una partizione del territorio mandatario con l’85% assegnato alla popolazione araba palestinese che prontamente rifiutò creando ulteriori sommosse guidate da Amin Al Usseini Gran Mufti di Gerusalemme.
Riguardo agli inglesi che, nel periodo mandatario, smarrirono più volte l’onore è sufficiente dire che furono autori dei tre Libri bianchi del 1922, 1930 e 1939. Con il terzo Libro bianco arrivarono praticamente a “proibire” l’immigrazione ebraica in Palestina diventando complici dei nazisti e di fatto impedendo a migliaia di ebrei in fuga dai campi di sterminio di raggiungere le coste palestinesi. L’immigrazione ebraica in Palestina era il fine essenziale del Mandato e questo tradimento del compito loro assegnato dalla Società delle Nazioni macchierà il loro onore e la loro anima per sempre.
La commissione permanente per i mandati, istituita dalla Società delle Nazioni al fine di monitorare il procedere degli eventi, avrebbe dovuto giudicarli ma l’incipiente guerra mondiale evitò loro il giudizio.
Quando, nel 1947, gli inglesi vollero rinunciare al loro ruolo mandatario rimettendolo nelle mani del neonato ONU, legittimo successore della Società delle Nazioni, l’organizzazione non nominò un sostituto, accettando ufficialmente la rinuncia e prospettò di votare un piano di partizione che se accettato dalle parti avrebbe superato per il principio di diritto internazionale “pacta sunt servanda”, il testo mandatario. Il 29 novembre 1947 l’assemblea generale ONU votò il piano di partizione 181/1947 per la proposta di creazione sul suolo palestinese, de jure ebraico già dal 1922, di uno stato ebraico sul 54% del territorio e di uno stato arabo sul restante 46%; gli arabi rifiutarono sdegnosamente rendendo la 181/1947 lettera morta. È essenziale puntualizzare come l’ONU non possieda ne ha mai posseduto i requisiti legali per creare Stati, tanto meno il diritto legale di ripartire territori e creare confini; l’ONU possiede il titolo legale di fare proposte accettate o meno nella misura in cui i destinatari decidano di accettarle. Quanto detto è particolarmente vero nel caso di delibere dell’Assemblea generale mentre alcune decisioni prese dal Consiglio di sicurezza sotto il capitolo VII possono essere coercitive.
Il piano di partizione 181/1947 è stato votato dall’Assemblea generale sotto il capitolo VI; dunque esso è di fatto una mera raccomandazione con zero valore impositivo, quindi, affermare che la parte araba, dopo aver respinto la risoluzione 181/1947 possa fare discendere da essa un qualsiasi diritto, mostra irrevocabilmente una posizione insostenibile sia per il diritto che per la logica.
Sei mesi dopo il rifiuto della Risoluzione 181/1947 da parte araba, associato alla rinuncia inglese del ruolo mandatario, la dirigenza ebraica palestinese si risolse a dichiarare l’indipendenza sul territorio mandatario proprio come previsto dallo spirito del Mandato, cosa che avvenne il 14 maggio 1948 e che vide gli inglesi abbandonare il territorio, non prima di aver consegnato agli arabi armi e postazioni militari.
In assenza di accettazione della Risoluzione 181/1947 da parte araba, la Dichiarazione di indipendenza interessò l’intera Palestina mandataria britannica determinata il 24 luglio 1922 con il Mandato di Palestina, vale a dire l’intero territorio ad ovest del fiume Giordano, questo in forza nella norma di diritto internazionale uti possideti iuris per la quale i confini di un nuovo stato coincidono con gli ultimi confini legali del territorio in questione; nel nostro caso i confini del Mandato britannico di Palestina.
Con brutale solerzia, gli eserciti di Siria, Libano, Egitto, Giordania e Iraq scatenarono una guerra, dichiaratamente di sterminio, con l’intento di eliminare i cittadini del neo stato invitando la cittadinanza araba a farsi da parte per meglio abbattere la popolazione ebraica.
Le ostilità terminarono con la Striscia di Gaza in mano egiziana e Giudea/Samaria, rinominate Cisgiordania in mani giordane. Il nome fittizio scelto dai giordani per le aree ebraiche occupate militarmente non è casuale ma il tentativo di far apparire l’area come appartenente naturalmente alla Transgiordania, solo ubicate sulla riva opposta del fiume Giordano.
Con il Trattato di Rodi del 1949 si stabiliva, per volontà araba, che le linee armistiziali non avrebbero rappresentato per nessun motivo linee di confine, che avrebbero implicato il riconoscimento di Israele. La ben nota green line la quale deve il suo nome al colore della matita usata per tracciarla sulla mappa.
La realtà fattuale mostra inequivocabilmente che l’Egitto occupò dal 1948 al 1967 un territorio de jure ebraico fino dal 1922 e che i giordani fecero lo stesso con quella che chiamavano West Bank. Entrambi i territori erano inconfutabilmente ebraici in quanto parte della Palestina mandataria e resta quindi incomprensibile che vengano denominati territori palestinesi, intendendo un’improbabile Palestina araba.
Per completezza storica, nel 1967 Israele riconquistò con la Guerra dei giorni i suoi territori dei quali, dalla nascita, non aveva avuto disponibilità fisica perché occupati militarmente da potenze straniere, Resta totalmente ingiustificato come, dal 1967 in poi, si parli di “territori occupati”, di “Palestina occupata”, di “occupazione straniera” di “territori palestinesi” quando in realtà si tratta di una stato defraudato di due territori sottratti al legittimo detentore sovrano per mezzo di una invasione militare nel 1948 e riconquistati con una guerra di difesa nel 1967.
Nello stesso 1967 gli arabi non si fecero mancare i “tre NO di Karthoum” con i quali, preventivamente respingevano trattative, riconoscimento e nemmeno a dirlo, pace con Israele.
In conclusione, a partire dal 1967 e senza il minimo appiglio legale, con ossessiva e martellante regolarità, viene diffusa una menzogna totale che narra di un popolo che ne occupa un altro, sottoponendolo alle sue volontà disponendo un regime di apartheid e privazione della libertà nella sua stessa terra. Il “mostro”, mai sazio continua a divorare territorio con ritmo quotidiano in quanto l’intero territorio sarebbe territorio ancestrale palestinese mentre gli ebrei, gli “invasori” ne farebbero scempio.