Nel 2010 l’emiro del Qatar comprò a Tariq Ramadan una cattedra all’università di Oxford pagandola 2,4 milioni di sterline. Ora, dopo essere stato accusato di avere stuprato due donne in Francia, il carismatico apologeta di un Islam confezionato ad uso e consumo delle platee multiculturaliste europee e nipote di Hassan Al Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani, è stato sospeso dal prestigioso ateneo britannico. C’è voluto un po’.
Si può capire. Dopotutto, Oxford, solo nel 2015, aveva ricevuto 11 milioni di sterline sempre dall’emiro del Qatar ai fini di una efficace propagazione dell’Islam in quel di Albione. Si tratta della stessa università in cui siede nel consiglio di amministrazione di Studi Islamici il predicatore integralista Youssef al Qaradawi, anch’esso legato a doppio filo con l’emirato arabo sponsor di Hamas.
Tra Ramadan e Qaradawi le affinità non sono poche. Entrambi sono strenui ammiratori del fondatore della Fratellanza, la pia confraternita fondata in Egitto nel 1928 dal nonno di Ramadan, il cui merito indiscusso è di avere rilanciato prepotentemente il jihad sul mercato delle idee. Come ha scritto lo studioso tedesco Matthias Küntzel, uno dei maggiori esperti mondiali di jihadismo, “L’innovazione più significativa della Fratellanza fu il suo ricorso al jihad come guerra santa, che differiva significativamente da altre dottrine contemporanee, e in associazione con ciò il perseguire appassionatamente l’obbiettivo di morire la morte del martire nella lotta contro i miscredenti…Il punto di partenza dell’islamismo è la nuova interpretazione del jihad, abbracciata con militanza irremovibile da Hassan al Banna, il primo a promuovere questo tipo di jihad in epoca moderna”.
Non solo. Abbinata a questa dottrina vi era quella di un puritanesimo radicale che spinse il giovane Hassan al Banna a una vera e propria crociata contro la “degenerazione” occidentale che aveva contaminato l’Egitto con i suoi costumi lubrici. Già a tredici anni il futuro leader e nonno di Ramadan aveva fondato un gruppo chiamato “Società per la Prevenzione del Proibito”. Prevenzione che, negli anni futuri, avrebbe assunto la forma concreta dell’incenerimento di nightclubs, bordelli, cinema. L’estirpazione del peccato oltre alla distruzione dei luoghi deputati doveva anche consistere in una sana pedagogia soprattutto rivolta alle donne, poiché è da loro che parte il male, e il maschio, si sa, è debole.
D’altronde, Qaradawi, il mentore di Ramadan a Oxford, su questo ha le idee chiare, idee peraltro condivise dal suo pupillo che, nel 2002, gli scriveva una prefazione a un volume di fatwe. Nel testo la donna ideale musulmana è esemplata nel ruolo di colei la quale è interamente sottomesso alla volontà del marito, irrigidita nel calco di una perfetta probità morale e sottomessa castità. E ora sono le donne che, due in particolare, accusano il suadente e coccolato chansonier della beltà dell’Islam, del suo rigenerante afflato spirituale, di averle violentate con corredo, in uno dei due casi, di orinazione sul corpo in segno di massimo disprezzo.
E in fondo cosa c’è di più conseguente con gli abusi di cui è accusato Ramadan al maschilismo estrogenato islamico, al suo suprematismo? La donna sottomessa, pia e fedele, ancella e angelo del focolare non ha forse come perfetto contraltare la puttana, ovvero qualsiasi donna musulmana, o non, che osi presentarsi all’occhio del maschio come oggetto di desiderio e colpevole per questo? Peggio ancora nel caso di una donna che osi rivendicare la propria autonomia, come Henda Ayari, l’attivista laica musulmana che accusa Ramadan di averla stuprata nel 2012 in un albergo di Parigi, quando era ancora salafita. Lei andò da lui, così racconta, per chiedere consigli a quello che considerava un saggio. Dopo lo stupro, il saggio le avrebbe detto che si era meritata la violenza per averlo assecondato salendo con lui in camera.
L’accusato parla di complotto, come è logico che sia. Per il momento il Mossad non ha ancora fatto capolino nella storia di questo menestrello doppiogiochista che nella sua carriera glamour ha cercato sempre di presentare alla platea occidentale infatuata l’idea di un Islam compatibile con le forme di vita della nostra civiltà, ma non ha mai condannato il radicalismo di suo nonno. Quando, in un dibattito televisivo nel 2003, l’allora Ministro degli Interni Nicolas Sarkozy gli chiese cosa ne pensasse della condanna a morte per lapidazione prescritta nell’Islam per le adultere, rammentandogli che suo fratello Hani in alcuni articoli aveva scritto di approvarla, si rifiutò di rispondergli per tre volte.
Ora, Oxford, sicuramente a malincuore, si è vista costretta a sospenderlo. I soldi del Qatar fanno assai comodo, ma mantenerlo nell’incarico sarebbe stato troppo anche in questa epoca, in cui prendere le distanze da una star dell’apologetica islamica potrebbe configurare un reato forse non meno grave dello stupro: quello di islamofobia.