Già poche ore dopo la risposta israeliana alle aggressioni iraniane e, nello specifico, all’attacco missilistico del primo ottobre, appare evidente che essa è stata concordata con l’Amministrazionr Biden.
Proviamo, brevemente, a ricostruire i fatti iniziando dalla fine, cioè dal comunicato ufficiale della Casa Bianca, che ha definito l’attacco israeliano come “esteso, mirato e preciso”, in pratica concordato nei minimi dettagli. Gli USA hanno poi ammonito gli iraniani a non rispondere.
Questo attacco è il primo dal 7 ottobre che non ha nutrito riserve o generato malumori da parte americana, cosa che non è accaduta neanche per l’eliminazione di Nasrallah. L’attacco israeliano è iniziato nel cuore della notte tra venerdì e sabato, cioè con i mercati azionari chiusi per il weekend, così come per le quotazioni del petrolio. Anche la scelta dei tempi sembra perfettamente concordata con l’Amministrazione Biden in modo da non avere ripercussioni sui mercati e quindi danneggiare i democratici a pochi giorni dal 5 novembre.
Lunedì quando riapriranno i mercati, in assenza di una probabile escalation iraniana, ripartiranno avendo già “digerito” l’attacco, e quindi senza subire contraccolpi. Israele, avendo concordato i bersagli da colpire, potrà contare sul pieno appoggio politico e militare USA.
Israele, da parte sua, può rivendicare un grande successo militare avendo compiuto un’azione di primo ordine che ha causato ingenti danni materiali ai siti di produzione dei missili e a molte basi militari. Gli iraniani possono affermare che l’attacco ha causato pochi danni (nessuno avrà accesso ai siti colpiti) ed evitare una escalation. Tutto questo sotto l’attenta regia americana che probabilmente ha informato gli iraniani degli obiettivi per fare in modo ci fosse il minore numero di morti possibile e solo ingenti danni materiali.
Conseguenze politiche dell’attacco.
Per l’Amministrazione Biden e per la candidata alla presidenza Harris, si tratta di un successo perché questa azione militare nei fatti non destabilizza i mercati azionari e petroliferi, e, di conseguenza, non impatta in modo pesante la campagna elettorale del partito democratico.
Per l’Iran, questa azione militare ha provocato molti danni militari e di produzione dei missili balistici. Per contro non sono state toccate le istallazioni petrolifere e soprattutto gli impianti nucleari. Il regime può sempre dire (cosa che ha già iniziato a fare) che i danni sono stati marginali, che le vittime sono state pochissime e quindi può astenersi da una nuova escalation dalle conseguenze molto più destabilizzanti per il regime.
Per Israele, la situazione è più complessa e si possono fare solo delle ipotesi. L’unica cosa certa è che Israele ha mostrato una capacità militare che ha pochi uguali al mondo. Ha utilizzato più di 100 aerei e non ne ha perso alcuno. Ha distrutto numerose batterie antiaeree in Siria e in Iran per “aprirsi” la strada verso le istallazioni militari iraniane. Batterie che difficilmente potranno essere rimpiazzate in breve tempo. Questo significa che una futura azione militare (se vincerà Trump le elezioni) sarà facilitata dall’eliminazione del sistema antiaereo iraniano. Dal punto di vista politico, si può ipotizzare, che Israele abbia ottenuto rassicurazioni americane per bloccare ogni iniziativa ONU che danneggi lo Stato ebraico al Consiglio di Sicurezza o all’Assemble dell’ONU. Avrà chiesto agli USA di bloccare la farsa che si stà consumando al Tribunale Penale Internazionale e alla Corte di Giustizia internazionale. Inoltre, molto probabilmente riprenderanno tutte le forniture di armi e munizioni che sono state “congelate” negli ultimi mesi. In pratica, Netanyahu con questa azione militare molto limitata e concordata, ha “comprato del tempo” (sua vera specialità) senza dimostrarsi debole in casa e tra i paesi sunniti in attesa del 5 novembre.
Il prossimo round lo vedremo dopo le elezioni presidenziali di novembre. Una vittoria di Trump potrebbe portare ad un ridisegnamento di tutto il Medio Oriente.