L’attacco di oggi a Majdal Shams nella parte settentrionale del Golan, dove sono rimasti uccisi undici tra bambini e ragazzi drusi tra dai dieci ai i vent’anni che si trovavano in un campo di calcio preso di mira dai terroristi proxies del regime di Teheran, è finora il più grave registrato dall’inizio delle ostilità tra il gruppo sciita libanese e Israele e segna una escalation dalle conseguenze imprevedibili.
Quale sarà la reazione israeliana lo si vedrà a breve. Benjamin Netanyahu, saputo dell’attacco ha chiesto di rientrare in Israele anticipatamente dagli Stati Uniti. Una cosa, tuttavia, ci sentiamo di prevederla, l’Amministrazione Biden, cercherà di mitigare la reazione israeliana come ha già fatto il 13 aprile dopo l’attacco dell’Iran, soprattutto ora che è in corso l’ennesimo round negoziale con Hamas, che la Casa Bianca vuole concludere ad ogni costo impedendo ad Israele di raggiungere l’obiettivo militare prefissato, la smilitarizzazione di Hamas all’interno della Striscia.
La guerra vera, quella che si profila con Hezbollah, è inevitabile, e sarà una guerra che metterà a dura prova lo Stato ebraico, diminuendo per importanza e vastità l’operazione militare in corso a Gaza. Si tratterà del fronte più diretto che si aprirà contro l’Iran, il principale destabilizzatore del Medio Oriente, e sponsor diretto di Hezbollah, di Hamas, e degli Houti. L’Iran, che l’Amministrazione Biden ha trattato, fin dal suo insediamento, con i guanti bianchi.
Mancano solo quattro mesi alle elezioni americane di novembre, e mai come in questo frangente, chi siederà nello Studio Ovale avrà un ruolo decisivo per il futuro di Israele. È tutto da vedere se Israele sarà in grado di aspettare fino ad allora prima che scoppi la guerra contro Hezbollah.