La propaganda contro Israele prosegue inesorabile da cinquanta anni, e come tutte le propagande, si fonda su menzogne, omissioni, distorsioni. I suoi feticci sono inossidabili, alla pari di ogni mitologia funzionale a interessi ben precisi, a obbiettivi da raggiungere. Tra i propagandisti più tenaci è sicuramente annoverabile l’israeliano Gideon Levy, firma di punta di Haaretz, le cui intemerate contro lo stato in cui risiede si sono fatte con il tempo sempre più sguaiate e allucinate.
Levy non va per il sottile, il suo martellare ricorda per violenza e iperbole le vignette che Julius Streicher faceva pubblicare su Der Stürmer (l’Assalitore) la rivista virulentemente antisemita tedesca che usciva settimanalmente in Germania dal 1923 al 1945. Lo stile è esattamente il medesimo. Urlato, bombastico, truce, a tratti onirico. La demonizzazione a cui è sottoposto Israele negli articoli di Levy è identica alla demonizzazione degli ebrei nelle vignette di Der Stürmer. In entrambi i casi la diagnosi è la stessa, al lettore viene offerto in pasto qualcosa che ha lo scopo di apparire moralmente ripugnante.
Come nella Germania nazista l’ebreo era l’agente di una patologia tremenda che sconciava la purezza del Volk, per Levy Israele è l’orrore che sfigura l’innocenza della vita araba. Nell’ultimo articolo dello stürmer israeliano, La verità su Israele che Israele non vuole vedere, doviziosamente tradotto in italiano da L’Internazionale, ci troviamo al cospetto di un altro saggio di propaganda truculenta. Gaza viene paragonata a un grande laboratorio di cavie umane costruito appositamente dagli israeliani e dove per causa loro regnano miseria e follia. Si tratta di uno dei più consumati stereotipi antisemiti, quello dell’ebreo nazificato, trasformato in carnefice. Gli arabi, ovviamente, sono le vittime, i nuovi ebrei. Come abbiamo già fatto in passato, commenteremo qui alcuni estratti dell’articolo in questione, per evidenziarne la grossolanità, il trucido armamentario menzognero. Levy trae spunto per l’articolo dalla visita dello psicologo arabo-israeliano Mohammed Mansur a Gaza.
“Più di un terzo dei bambini che ha incontrato nel campo profughi di Jabalya ha dichiarato di aver subìto abusi sessuali. I loro genitori, alle prese con una guerra per la sopravvivenza e a loro volta vittime di depressione, non sono in grado di proteggerli. A Gaza è impossibile allontanare i bambini e i loro genitori dalle origini del loro trauma perché quest’ultimo non ha avuto fine e non finirà. Adulti e bambini vivono un dolore terribile. Nessuno è mentalmente sano a Gaza. Caos, è questa la parola”.
I bambini sono sempre la carta vincente da giocare per ogni scaltro propagandista. Bambini e donne, la loro sofferenza, soprattutto quella dei primi, premia sempre quando si vuole additarne il responsabile all’esecrazione pubblica. Le immagini dell’ultimo conflitto a Gaza del 2014, rimbalzate in tutto il mondo, in cui soprattutto venivano mostrati bambini feriti o morti e donne straziate dal dolore, servirono benissimo allo scopo: quello di mostrare la presunta ferocia di Israele, omettendo naturalmente che la massimizzazione delle vittime civili era uno degli scopi di Hamas. Sono in quantitativo eccedente le prove che evidenziano come il gruppo integralista stoccasse armi e munizioni nei pressi delle aree più densamente abitate, intimando alla popolazione di non tenere conto degli avvisi di imminente bombardamento da parte dell’IDF. La prima vittima della guerra, come diceva Churchill, è la verità. Hamas è fin dall’inizio gran maestro di finzione e nel 2014, come già nel 2009, ottenne il risultato sperato: suscitare nei confronti di Israele la massima esecrazione internazionale.
“Nessuno è mentalmente sano a Gaza. Caos, questa è la parola“. Ovviamente Levy non ci dice che questa follia e questo caos sono cominciatati quasi subito, nel 2007, due anni dopo la vittoria di Hamas alle elezioni, quando con un golpe trasformatosi in guerriglia urbana, nel più puro stile tribale arabo, il clan di Hamas e quello di Fatah si fronteggiarono. Fu un’orgia di sangue, con lancio di esponenti dell’Autorità Palestinese giù dai tetti e esecuzioni sommarie in strada. Poi, quando la presa del potere da parte di Hamas fu salda, iniziò ciò che ancora oggi è sotto i nostri occhi. Una intera popolazione presa in ostaggio dal gruppo islamico integralista. Ma questo Levy, non lo può dire. Non è funzionale al suo racconto nero in cui il colpevole della sofferenza dei bambini, il generatore di caos, è Israele.
“Mansour descrive una distopia, una società che sta andando a rotoli. Distruzione. Gli abitanti di Gaza hanno dimostrato una resistenza, una forza d’animo e una solidarietà straordinarie all’interno delle loro famiglie, dei loro villaggi, quartieri e campi profughi, dopo tutte le disgrazie subite. Oggi però rifugiati, figli di rifugiati, nipoti di rifugiati e bisnipoti di rifugiati stanno crollando”.
Peccato non raccontare quali sono le cause della distopia, cosa abbia portato Gaza, dopo dieci anni di rigido terrore islamico, di sharia imposta con la forza, di delazioni, uccisioni, violenze, torture, sottomissioni, esecuzioni, alla situazione attuale, quella di un esperimento sociale completamente fallito, quello di un emirato arabo (cosa che di fatto Gaza è), collassato su se stesso in virtù della sua classe dirigente. Dal 2007 si calcola che sia stato investito qualcosa come un miliardo di dollari nella infrastruttura militare, fondi che avrebbero sensibilmente contribuito a sollevare dai disagi la popolazione dell’enclave costiera dove il 70% dipende dai sussidi assistenziali e il 60% si arrangia con meno di due dollari al giorno. Ma attenzione, non è Hamas il problema, il problema è il blocco israeliano sulla Striscia. Sono i controlli minuziosi di Israele per ragioni di sicurezza sul materiale importato, soprattutto materiali edili, che hanno provocato il disastro umanitario. I materiali edili che Israele raziona poiché sa benissimo che essi vengono impiegati per costruire tunnel e fortificare postazioni militari.
“I resoconti di Mansour, per quanto duri, non dovrebbero sorprendere nessuno. Tutto va avanti secondo il copione, quello del più grande esperimento mai condotto su degli esseri umani. È questo l’unico risultato possibile quando s’imprigionano due milioni di persone in un’enorme gabbia per oltre dieci anni, senza nessuna possibilità di uscita e senza speranza. Il blocco della Striscia di Gaza è il peggior crimine di guerra che Israele abbia mai commesso. È una seconda naqba, perfino più raccapricciante della precedente”.
L’immagine del “più grande esperimento mai condotto su degli esseri umani” evoca Josef Mengele e al contempo rimpicciolisce oscenamente Auschwitz, Sobibor, Treblinka, Dachau. Si provvede poi a indicare il responsabile: Israele. Come gli ebrei nei libelli medioevali avvelenavano i pozzi, sacrificavano i bambini cristiani e propagavano la peste, oggi Israele imprigiona in un ghetto la popolazione di Gaza portandola allo stremo. Il blocco sarebbe, per l’autore di queste righe, il responsabile della catastrofe. Ogni giorno, da Israele, 600 camion con provviste di vario genere, attraversano il confine tra Israele e Gaza, ma questo fatto non è funzionale alla narrativa criminalizzante di Levy.
Il “blocco della Striscia di Gaza è il peggior crimine che Israele abbia mai commesso“. Questa è l’iperbole, questa è la menzogna elevata ad apoteosi, a espettorazione delirante. Hamas scompare dalla scena, insieme all’Islam, insieme alla Carta Programmatica del 1989 in cui è scritta a chiare lettere la necessità del jihad contro Israele, essendo tutta la Palestina reputata dal gruppo terrorista un waqf islamico. Al posto della realtà, dei criminali veri, del suprematismo islamico, della volontà omicida di Hamas nei confronti di Israele che gli ha fatto intraprendere due guerre fallimentari, nel 2009 e nel 2014, c’è il criminale ebreo, o meglio israeliano, che altro non è se non lo stato di Israele.