Da alcuni anni, almeno dal 2012, si stà combattendo una vera a propria guerra poco nota ma estremamente pericolosa per il controllo dell’Area C di Giudea e Samaria. Prima di entrare in merito alla vicenda, è opportuno sottolineare che l’Area C di Giudea e Samaria, in base agli accordi ad interim noti come Oslo II e firmati da Israele e Autorità Nazionale Palestinese nel 1995, è di completo ed esclusivo controllo amministrativo e di sicurezza da parte di Israele.
E’ altresì da sottolineare che uno dei garanti degli accordi, la UE, ha in questa vicenda un ruolo centrale e che dimostra in modo inequivocabile come la UE non sia affatto super partes e come invece abbia assunto un ruolo attivo nel minare il rispetto degli accordi stessi.
La cosa, in tutta la sua gravità, è stata oggetto di indagini da parte di un giornalista e storico molto qualificato, Edwin Black, che, negli ultimi anni, ha dedicato una serie di articoli molto ben documentati su come la UE stia finanziando la costruzioni di interi villaggi abusivi in spregio agli accordi da lei stessa sottoscritti. Questo politica, assieme alla decisione di “etichettare” a scopo di discriminazione i prodotti israeliani di Giudea, Samaria e Golan, sono l’ennesima palese dimostrazione di come la UE di fatto sia parte attiva del problema per la non risoluzione del conflitto tra Israele e i palestinesi.
Dalla indagini di Edwin Black, emerge una situazione sul terreno davvero imbarazzante: la UE stà spendendo milioni di euro dei contribuenti europei per costruire interi villaggi arabi abusivi, senza sistema fognario e senza i minimi criteri igienico-sanitari, pur di alterare la situazione demografica dell’Area C, e per creare una situazione di fatto che si ripercuoterà nelle future trattative.
Black ha scoperto che la costruzione di insediamenti illegali palestinesi sta crescendo enormemente in tutta la Giudea e Samaria.
“Negli ultimi cinque anni, insediamenti e infrastrutture palestinesi illegali si sono estesi su oltre 9.000 dunam (9 chilometri quadrati) in oltre 250 aree dell’Area C, supportati da oltre 600 chilometri di strade di accesso costruite illegalmente e oltre 112.000 metri di muri di sostegno e terrazzamenti. Questo imponente progetto di lavori viene condotto in pieno giorno, spesso annunciato da alti cartelli pubblicitari e comunicati stampa”.
Questi insediamenti illegali e altri progetti in corso sono tutti finanziati con i soldi elargiti dalla UE, la quale è ben conscia dell’illegalità della cosa e del palese non rispetto degli accordi sottoscritti. Lo scopo dichiarato è la costituzione de facto di uno “Stato palestinese” sul terreno prima che esso venga concordato con Israele come invece prevedono gli Accordi di Oslo.
Per comprendere l’estensione dei progetti illegali finanziati dalla UE, Black fornisce una dettagliata serie di cifre: “La UE ha pompato centinaia di milioni di euro ogni anno in decine di edifici illegali e progetti correlati, chiamati Area C “interventi”. Un solo gruppo del programma di sviluppo dell’area C dell’Unione europea vanta un impegno annuo di 300 milioni di euro e, nel giro di tre anni, è previsto in bilancio per raggiungere circa 1,5 miliardi di euro. Una singola strada di 1.650 metri vicino a Jenin nella zona C è stata finanziata con una dotazione di € 500.000”.
Si può solo aggiungere che la stragrande maggioranza di questi villaggi sono nuovi e non nascono da esigenze di crescita demografica, ma sono intenzionalmente costruiti e popolati allo scopo di alterare la natura demografica del territorio in modo artificiale. In pratica migliaia di famiglie arabe sono incentivate a lasciare i loro villaggi di origine per insediarsi in quelli nuovi e abusivi per meri scopi politici. La maggior parte di questi edifici recano in bella vista il logo della UE.
Nei pochi casi di intervento da parte delle autorità israeliane, le uniche competenti in base agli accordi firmati tra le parti, dopo anni di denuncie e ricorsi alla Corte Suprema nei quali è stata decisa la demolizione di questi edifici, si è subito scatenata una campagna mediatica e politica di ONG israeliane, europee e americane oltre che dei funzionari UE che denunciavano le “arbitrarie e illegali demolizioni” israeliane di “interi villaggi palestinesi”, riempiendo i media occidentali con accuse di crimini di guerra. La UE ha addirittura minacciato lo Stato di Israele di fargli causa per aver demolito le costruzioni illegali arrecando danno ai contribuenti europei.
Il governo israeliano, sotto pressione internazionale, ha di fatto chiuso più di un occhio su questi abusi edilizi contrari agli accordi sottoscritti tra le parti. Un caso esemplare è quello del villaggio beduino di al-Khan al-Akhmar. Costruito per lo più con baracche e lamiere, è diventato un chiaro esempio di doppio standard politico quando le autorità israeliane, dopo il pronunciamento della Corte suprema, hanno deciso di spostare i suoi abitanti trasferendoli in un altro villaggio, costruito da Israele con tutti i crismi igienico sanitari, e dotato di case in muratura con fogne e acqua corrente. Si è immediatamente scatenata una campagna mediatica orchestrata da ONG e funzionari UE che ha riempito tutti i mass media del mondo. Per adesso il progetto di reinsediamento è stato sospeso per volontà del governo a causa delle pressioni internazionali.
C’è anche da sottolineare che il governo israeliano nel luglio del 2019 ha rilasciato oltre 700 permessi per costruire in aggiunta a quelli già concordati con l’ANP l’anno prima. Per tutta risposta il governo palestinese ha affermato che esso non considera più valide le distinzioni tra area A, B e C in Giudea e Samaria e che si sente autorizzatio a costruire dove crede a prescindere dagli accordi sottoscritti.
Questo comportamento da parte palestinese dovrà essere tenuto in considerazione da qualsiasi governo israeliano che dovrà eventualmente sedersi a un tavolo per accordarsi al fine di trovare una soluzione pacifica e concordata.