Tre giorni intensi a Roma, per capire meglio le minacce che incombono sull’Europa ma che la stessa Europa finge di ignorare: antisemitismo e terrorismo. Il legame tra queste due parole è evidente, ma altrettanto ignorato o banalizzato. Parlarne è importante, dire la verità senza censure o omaggi al politicamente corretto ancor di più. A Roma, tra il 15 e il 17 settembre, chi c’era ha avuto l’opportunità di assistere a tre eventi prestigiosi, tre conferenze con relatori autorevoli sul tema centrale dell’antisemitismo. Il merito va all’Isgap (Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy), l’Istituto americano fondato nel 2004 che si occupa di studi sull’antisemitismo globale e ha organizzato il ciclo di conferenze a Roma, grazie all’impegno di Robert Hassan, che dirige la branca europea dell’istituto, e del fondatore, il professor Charles Asher Small.
Tra i relatori della prima conferenza interreligiosa, in Vaticano, da segnalare l’ex premier britannico Tony Blair. La seconda, dal titolo “Antisemitismo come porta d’ingresso del terrorismo” si è svolta alla Sapienza di Roma, l’Ateneo più grande d’Europa. La terza, probabilmente la più importante, dal titolo “Antisemitismo, una minaccia strategica per l’Europa”, presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati.
Nelle tre conferenze quasi tutti i relatori hanno sottolineato l’importanza strategica della Fratellanza Musulmana nella diffusione della propaganda di odio, sottolineando anche quanto l’antisemitismo sia caratteristica distintiva e comune tra tutte le ideologie estremiste: fascismo, comunismo, islamismo.
La sensazione, ascoltando i relatori, è che l’Europa non sia stato in grado di comprendere il problema, cogliere le avvisaglie, neutralizzare e prevenire gli estremismi. Spesso per banali calcoli politici e commerciali, ridicolmente celati da una retorica del politicamente corretto alla quale ormai non crede più nessuno.
Il grande merito dell’Isgap e dei relatori che hanno partecipato alle conferenze è quindi quello di aver bucato il velo di Maya, mostrando al pubblico presente ciò che davvero l’occidente rischia e ciò che non ha compreso o fa finta di non aver capito. Frequenti anche gli accenni al Bds, il movimento antisionista che invita al Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni contro Israele, ricalcando, è bene ricordarlo, la classica retorica antisemita. Tutti i relatori che ne hanno parlato hanno definito il Bds un’organizzazione antisemita, specificando che l’antisionismo è una forma subdola di antisemitismo: altra cosa che non fa mai male ricordare.
Anche la presidente Ucei Noemi Di Segni, il cui saluto è stato letto dalla deputata italiana Gea Schirò moderatrice del primo panel della Conferenza alla Camera, si è scagliata contro il Bds accusando i “Nuovi antisemiti che si definiscono antisionisti e puntano il dito contro Israele, colpevolizzando gli ebrei per aver costruito una nazione all’avanguardia e tollerante”.
A portare il saluto dell’Isgap è stato il giurista Robert Hassan, seguito da Charles Asher Small che ha avuto parole di elogio per l’Italia: “C’è una storia di antisemitismo e fascismo in italia, ma sono stato stupito positivamente durante il mio primo viaggio dopo aver incontrato i leader di tutti i partiti. C’è consapevolezza sulla minaccia dell’islamismo radicale. C’è consapevolezza negli italiani. L’Italia è un paese di civiltà e cultura. Il mio rapporto con l’Italia è diventato speciale, la sfida con l’antisemitismo non è ancora vinta ma è rassicurante sapere che le persone siano consapevoli“.
Il fondatore dell’Isgap ha ricordato il motto del ciclo di conferenze: “L’antisemitismo comincia con gli ebrei ma non finisce mai con gli ebrei” e non ha fatto sconti al politicamente corretto: “L’Europa ha distrutto l’ideologia di odio contro gli ebrei. Le persone che permettono all’odio contro gli ebrei di diffondersi sono poche, l’antisemitismo razzista è stato ridotto e mitigato nei decenni. Persone che esprimono antisemitismo storico sono isolate. Ma oggi c’è una nuova forma di antisemitismo. Se vogliamo essere buoni accademici, buoni giornalisti, avere carriere politiche, la demonizzazione di Israele, del sionismo e di ciò che sono gli ebrei come popolo è legittima, è diventata filosofia dominante. La demonizzazione di Israele è argomento diffuso nelle migliori università del mondo. Si tratta della demonizzazione dell’unico paese democratico della regione, con stampa libera e vibrante, accademia libera, università in cui si discute liberamente, ma accusato di apartheid, segregazione. Tutto questo è accettato in occidente.
Oggi queste parole e idee formano il punto di partenza di Hamas e della Fratellanza Musulmana. L’occidente ha tollerato questa ideologia piena di odio demonizzando Israele, instaurando anche rapporti commerciali con queste parti. Quando permettiamo a questo odio di prosperare permettiamo l’antisemitismo.
Questa ideologia mette in pericolo anche altre minoranze, anche i cristiani, ma l’occidente è rimasto in silenzio. L’occidente fa affari con l’Iran pensando ad interessi a breve termine, ma ora l’Iran ha risorse supplementari grazie a questi accordi“.
L’intervento di Charles Asher Small ha rappresentato una sorta di manifesto del ciclo di conferenze, tant’è che anche gli altri relatori hanno ripreso i medesimi concetti. L’accademico israeliano Mordechai Kedar ha voluto ricordare: “Ora noi ci troviamo a parlare nella città dell’arco di Tito. Questa è la vittoria finale del popolo ebraico su tutti, anche su Hitler che cercò di eliminarci. Ma siamo sopravvissuti e siamo qua. Siamo sopravvissuti a olocausto, esili, persecuzione“. Kedar si è poi soffermato sull’islamismo, riprendendo concetti espressi anche in un’intervista rilasciata a L’Informale: “Il modello di stato arabo standard è fallito. Libia, Siria, Iraq, Yemen, Sudan, in larga misura anche Libano sono stati falliti, conglomerati di clan e gruppi etnici. I paesi europei ritenevano che creando confini e fornendo governo, esercito, valuta a questi clan si sarebbero risolti problemi. Questo sogno europeo non è mai funzionato. Gli elementi etnici sono vivi, tutti questi stati con popoli che non sentono appartenenza nazionale sono falliti“. Da qui il diffondersi dell’islamismo, “totalmente contrario all’esistenza di Israele, a tutto ciò che dà legittimità ad Israele. Non ci vedono come nazione e cultura legittima. L’Islam è venuto per sostituire ebraismo e cristianesimo. Secondo questa interpretazione Adamo ed Eva erano musulmani, anche Giacobbe, persino Mosè. Salomone costruì moschea a Gerusalemme“.
Forti critiche all’Europa sono arrivate dalla docente universitaria israeliana Dina Lisnyansky, che ha raccontato un aneddoto significativo: “Venerdì 13 novembre 2015 ero seduta in un piccolo bar di Parigi. Un amico giornalista aveva due guardie del corpo. Controllavano il bar. Dovevano stare attente a vedere se c’erano cecchini. Moglie e figli andavano a lavoro e scuola in auto blindata da diversi mesi. Quel giornalista aveva scritto un libro sulla jihad e aveva partecipato a una trasmissione televisiva in cui accusava apertamente la Fratellanza Musulmana di fare propaganda di odio alle nuove generazioni, parlando anche di antisemitismo in quartieri musulmani. Mi ha detto “ci sono persone in questi quartieri che hanno armi, mitragliatrici, esplosivi”. Perché non vengono arrestate? In Francia gli arresti preventivi sono vietati dalla legge. Sei ore dopo, quel giorno, ci fu l’attacco terroristico al Bataclan. Le persone che hanno portato a termine quell’attentato venivano da quei quartieri, come Saint Denis, e avevano quelle armi“. Anche l’esperto di islamismo Lorenzo Vidino ha criticato i governi occidentali “incapaci di decifrare la pericolosità della Fratellanza. Abbiamo dato le chiavi della radicalizzazione alle comunità musulmane, abbiamo dato il potere alla Fratellanza convinti che avrebbero sconfitto gli jihadisti ma ormai tutti si sono accorti che è stato un errore. Questi gruppi in Svezia, Germania, non si definiscono Fratellanza ma lo sono. Molte attività collegate alla Fratellanza sono legali, dobbiamo tollerarle. Ma tolleranza legale non è uguale a tolleranza civica”.
Più ottimista Eric Trager, ricercatore statunitense esperto di Fratellanza Musulmana, che dopo aver ricordato quanto sia difficile entrare nell’organizzazione a causa della selettiva procedura di radicalizzazione ha spiegato: “Queste persone sono dei perdenti. In Egitto sono falliti dopo un anno, c’è stata una sollevazione popolare perché la maggior parte dei musulmani non si identificava in quella visione di Islam. Quindi è una piccola organizzazione che non ha ottenuto potere e quando l’ha fatto è caduta poco dopo“. Una visione che però, a nostro parere, non tiene conto dei successi propagandistici della Fratellanza, tant’è che lo stesso concetto espresso da Trager durante la conferenza alla Sapienza di Roma ha provocato un vivace dibattito con altri relatori.
La criminologa e parlamentare israeliana (del Likud) Anat Berko, esperta di terrorismo che ha fatto ricerche sui martirii di giovani e donne, si è invece soffermata sui problemi che affliggono Israele nei suoi due interventi alla Sapienza e alla Camera: “Abbiamo la Fratellanza Musulmana alla Knesset, parlamentari arabi invocano la distruzione di Israele mentre noi parliamo di diritti umani nel parlamento israeliano. Sono stata nell’esercito per 22 anni e sono esperta di terrorismo, per questo mi hanno chiesto di entrare in parlamento. Sono rimasta stupita da discorsi di odio da parte di parlamentari arabi che supportano Hezbollah, supportano l’Isis la cui ideologia non è ancora stata sconfitta perché non è sconfitto l’odio che cercano di propagandare. Supportano l’Iran che sponsorizza il terrorismo“. Secondo Anat Berko, il problema dell’alleanza tra “rossi e verdi”, cioè tra estrema sinistra e islamisti, è concreto o potrebbe presto diventarlo in tutti i parlamenti europei.
La parlamentare Likud, che nella sua carriera da ricercatrice ha intervistato tanti terroristi, ha usato un’efficace metafora: “Il rapporto tra occidente e islamismo è come tra ape e fiore: prendi il nettare e poi schiacci il fiore“. L’ape, ovviamente, è l’islamismo.
Esplicito e fondamentale l’intervento di Ben Dror Yemini, giornalista israeliano, che ha lanciato un vero j’accuse: “L’antisionismo è antisemitismo. Antisionismo è negare ad un popolo il diritto alla sua autodeterminazione. La retorica dell’antisionismo è uguale a quella dell’antisemitismo. Non sempre è facile capire cosa abbiamo davanti. Un giornalista americano disse “non posso definire cosa sia la pornografia, ma se la vedo la riconosco”. Uguale per l’antisemitismo: chi ha sufficiente sensibilità lo riconosce”.
Il giornalista ha elencato una lunga serie di bugie su Israele dette da personaggi pubblici, anche con incarichi istituzionali, soffermandosi poi sulla cosiddetta “Nakba”, l’esodo palestinese : “Le menzogne continuano quando si parla di Nakba. Un ricercatore inglese ha detto: “Bisogna capire i palestinesi, lanciano razzi perché c’è stata la Nakba nel ‘48”. Nessuno sosterrà mai che la Germania nazista aveva diritto di invadere i Paesi vicini, ma i razzi lanciati dai palestinesi vengono invece giustificati. A farlo non sono neonazisti, ma anche accademici e giornalisti di area liberale e progressista. Quando si parla di Nakba, si parla di scambio di popolazione. In realtà sono stati più gli ebrei ad essere cacciati dai paesi arabi, ma non se ne parla. Oggi si parla di occupazione. Jose Saramago, premio Nobel, ha detto: “In Palestina accadono cose gravi come ad Auschwitz”.
Ben Dror Yemini ha continuato: “Le menzogne prevalgono e, è triste ammetterlo, vincono. Persone come il ministro degli esteri svedese e l’ex presidente americano Jimmy Carter danno la colpa ad Israele per la situazione in Medio Oriente. Un sondaggio della BBC ha rivelato che la maggior parte degli intervistati ritiene che Israele abbia influenza negativa nel mondo. Eppure la maggior parte delle vittime in Medio Oriente sono sunniti uccisi da altri sunniti, perché non c’è solo il conflitto tra sunniti e sciiti ma anche tra sunniti e sunniti.
Il movimento BDS è contro l’esistenza di Israele. Io ho un problema con l’Europa: il movimento BDS è il braccio propagandistico di Hamas nei paesi Ue“.
Sul Bds si è soffermato anche lo statunitense Gabriel Groisman, attivista per i diritti umani e sindaco di Bal Harbour, Miami: “Circa due anni fa ho scritto la prima legge anti-Bds in assoluto. Rende illegale che il nostro municipio abbia rapporti o contratti con organizzazioni collegate a Bds. Questa legge ha ispirato 21 stati e spero che entro il prossimo anno possa esserci una legge federale in Usa. E’ importante che la legislazione europea affronti questo argomento”. Groisman ha ricordato come il movimento Bds rappresenti, al pari dell’antisionimo, un pretesto per sdoganare l’antisemitismo e renderlo “mainstream”. Se è vero che l’antisemitismo non è tollerato né considerato socialmente accettabile, la pericolosa maschera dell’antisionismo incarnata da movimenti e organizzazioni come il Bds può invece essere liberamente indossata in tutta Europa.
Haras Rafiq, amministratore delegato del think tank londinese Quilliam che si focalizza sulla lotta all’estremismo, soprattutto islamico, ha diffuso dati allarmanti “Il 33% dei musulmani in Regno Unito ha dichiarato di comprendere le ragioni dell’attentato al Charlie Hebdo. Dall’empatia all’operatività passano due settimane. Non 24-48 ore ma due settimane. Uno dei terroristi che ha ucciso un poliziotto in Regno Unito era cristiano soltanto tre mesi e mezzo prima. Internet è come una moschea, può fare reclutamento“.
Nella tre giorni romana sono intervenuti anche altri relatori: Olufemi Vaughan, specializzato nello studio e nell’analisi socio-politologica e storica dei paesi dell’Africa, che si è soffermato su Boko Haram; l’attivista irachena Vian Dakhil, il politologo tedesco-iraniano Wahied Wahdat Hagh; il Mufti Muostafa Rashed Abou Abdalla; il docente universitario Giuseppe Cecere; i giornalisti Ramy Aziz e James Kirchik.
Da segnalare il supporto organizzativo di Rebecca Mieli, che pure è autrice de L’Informale.
Eventi e concetti importanti, anche per la città di Roma. Un’esperienza da ripetere.