Il Nuovo Procuratore del Tribunale Penale Internazionale, Karim Khan, incaricato di investigare sui presunti crimini di guerra israeliani in “Palestina”, dopo oltre un anno da quando ha assunto la sua nuova carica, nei giorni scorsi, si è espresso per la prima volta in merito al suo nuovo incarico.
E’ utile ricordare che il Procuratone Khan ha raccolto il testimone nel giugno 2021 dalla Procuratrice Fatouh Bensouda, la quale in modo del tutto selettivo e in base a criteri inesistenti nel diritto internazionale ha deciso di procedere contro le autorità civili e militari israeliane per presunti crimini di guerra, in quanto, a suo avviso, esiste uno Stato di Palestina. Di questa singolare decisione ci siamo già occupati in diverse occasioni (http://www.linformale.eu/tribunale-politico-atto-secondo/) e (http://www.linformale.eu/tribunale-politico/). Proveremo a capire la linea di condotta del procuratore Khan che sembra essere allineata a quella del suo predecessore.
Come sottolineato, il Procuratore Karim Khan ha rotto il suo silenzio dopo un lungo periodo, durante un incontro con i rappresentanti degli Stati membri del Tribunale Penale Internazionale (del quale non fanno parte, tra gli altri, Usa e Israele). Nella sua audizione Khan ha affermato che è un suo “obiettivo” quello “di recarsi in Palestina nel 2023”. Questa affermazione è solo all’apparenza neutrale e priva di contenuto politico, ci arriveremo a breve. Prima è utile fare un’ulteriore contestualizzazione: la succitata affermazione è stata fatta il giorno dopo che Al Jazeera ha dichiarato di essere giunta alla decisione di presentare una denuncia contro Israele, dopo avere formato una “coalizione internazionale composta dal suo team legale insieme a esperti legali internazionali”, presso il medesimo tribunale, per il caso della morte di una sua corrispondente, Abu Akleh, avvenuta a Jenin lo scorso maggio in occasione di un’operazione anti terrorismo condotta dall’esercito israeliano.
Entrando nel merito delle parole del Procuratore Khan va sottolineato che “l’ obiettivo” del Procuratore per il 2023 è molto indicativo. Per prima cosa perché si riferisce ad uno Stato privo di consistenza giuridica e geografica e dai confini inesistenti, motivo per il quale c’è da chiedersi dove si recherà esattamente Khan, ma, cosa più importante, quali saranno le aree soggette alla sua indagine? Sarà il perimetro di uno Stato inesistente, o quello di uno Stato legittimo e sovrano, Israele, nel quale si sostituirà agli organi giudiziari sovrani? Oppure andrà dalla parti di Gaza controllata dai terroristi di Hamas fornendogli legittimità internazionale? Questa situazione è bene precisarlo non ha nulla a che fare con il diritto e la giustizia, è semplicemente un nuovo capitolo di un costante e reiterato attacco politico alla legittimità statuale di Israele. Il fatto che un procuratore di un tribunale internazionale si presti – come il suo predecessore e tutto il Tribunale Penale Internazionale – a diventare un mero strumento politico, getta, dubbi irreversibili sulla sua imparzialità e su quella del tribunale che rappresenta. L’impressione è quella abituale, che ancora prima dell’inizio delle indagini sia già stato scritto un verdetto di colpevolezza.
Per Israele sarà l’ennesima calunnia politica e mediatica atta a macchiarne ulteriormente l’immagine nel consesso internazionale. Ma chi, ancora una volta, subirà il danno più grosso sarà il diritto internazionale, rappresentato da un tribunale ampiamente politicizzato e inefficiente, dove la giustizia rappresenta solo un corollario e che decide, in barba a tutti i principi di diritto, chi è un soggetto statuale e chi è colpevole di presunti crimini di guerra, pur non avendo alcuna autorità per poterlo fare.