L’accordo con Hamas che Israele ha finalizzato ieri con la mediazione del Qatar, il principale sponsor finanziario del gruppo terroristico sunnita e che entrerà in vigore domani, prevede il rilascio di cinquanta ostaggi, prevalentemente donne e bambini, dei 240 ancora nelle sue mani, con, come controparte, una tregua per la durata di quattro giorni.
Il meccanismo prevede che se Hamas sarà in grado di localizzare altri trenta ostaggi detenuti da soggetti terzi all’interno della Striscia, la tregua potrà estendersi ulteriormente di un giorno oltre i quattro stabiliti per ogni decina di ostaggi che verrebbero rilasciati in aggiunta a quelli già pattuiti. In questo caso la tregua sarebbe estesa a sette giorni.
Hamas sa perfettamente quanta importanza Israele da alla vita dei propri concittadini, e che, per riaverli vivi, è disposto a pagare un prezzo alto. Lo scopo di avere degli ostaggi, per i rapitori, chiunque essi siano è esattamente quello del ricatto e del vantaggio da ottenere.
Dopo tre settimane di offensiva terrestre Hamas si trova in palese difficoltà all’interno della Striscia. Quella che secondo i soliti sedicenti esperti avrebbe comportato un bagno di sangue per l’IDF, è stata, fino ad ora un’operazione che, nonostante il numero dei caduti, oltre settanta tra le file dell’esercito israeliano, ha portato alla conquista della parte settentrionale dell’enclave. Il grosso della forza di combattimento di Hamas è asserragliato al sud.
Al momento Hamas ottiene un immediato vantaggio, quello di vedere depotenziare l’offensiva israeliana e di guadagnare tempo, e l’acquisto di tempo, nel corso di una guerra è un fattore determinante, soprattutto quando chi lo acquista è la parte più debole.
Nonostante i proclami del gabinetto di guerra, che l’obbiettivo prefissato, lo sradicamento di Hamas da Gaza, verrà mantenuto, Hamas sa benissimo di potere contare sulle pressioni internazionali finalizzate ad allungare il più possibile la tregua. In questo senso, Hamas giocherà la sua partita con scaltrezza usando gli ostaggi come fisches da lanciare sul tavolo da gioco, tentando, e ci sono alte probabilità che riesca, di differire sempre di più la vittoria di Israele, fino a non renderla più l’obbiettivo prioritario.