Ronny Rosenthal è stato un calciatore israeliano, un attaccante che ha segnato più di 100 gol in carriera vincendo quasi ovunque: due campionati israeliani con il Maccabi Haifa, un campionato belga con il Bruges, un campionato inglese con il Liverpool. Nella sua bacheca personale anche due Supercoppe del Belgio, sempre con il Bruges, una Coppa d’Inghilterra e una Charity Shield con il Liverpool.
Tra i punti di forza della nazionale israeliana degli anni ’80 e prima metà degli anni ’90, insieme al centrocampista Nir Klinger e al trequartista Eli Ohana, Rosenthal ha collezionato 60 presenze segnando 11 gol con la maglia della selezione del proprio Paese.
Nella sua carriera ha giocato anche per due stagioni nella formazione belga dello Standard Liegi e, negli ultimi anni, dopo i fasti di Liverpool è rimasto in Inghilterra vestendo le casacche di Tottenham e Watford.
Ha chiuso la carriera da calciatore nel 1999. Avrebbe potuto giocare in Italia, ma non c’è riuscito.
Se la serie A non ha mai conosciuto Ronny Rosenthal e i tifosi italiani non hanno mai potuto apprezzare i suoi gol, il motivo è soltanto uno: l’antisemitismo manifestato da alcuni ultras. Era infatti l’estate del 1989 quando l’Udinese, convinto dai gol dell’attaccante israeliano, ha offerto allo Standard Liegi la somma di un milione e mezzo di sterline per aggiudicarsi le prestazioni del giocatore.
Rosenthal aveva 26 anni e aveva già vinto due campionati in Israele e altri due in Belgio con il Bruges, prima di essere acquistato dallo Standard Liegi.
L’affare con l’Udinese era ormai andato in porto quando è apparsa una scritta sui muri della sede della società friulana: “Rosenthal vai nel forno”. Firmato “Htb”, acronimo di Hooligans-Teddy-Boys, una delle tante sigle teppistiche del mondo ultras. Non solo: nella sede dell’Udinese era arrivata una lettera intimidatoria, siglata da una svastica, contenente minacce all’indirizzo del presidente Giampaolo Pozzo. Scopo della missiva: convincere la società a non acquistare un calciatore ebreo.
Si può solo immaginare l’atmosfera tesa in cui Rosenthal ha sostenuto le visite mediche dopo la presentazione. E qui arriva il colpo di scena: i medici dell’Udinese asseriscono di aver trovato un difetto congenito, un problema alla schiena, ad “una vertebra”, che avrebbe compromesso le prestazioni dell’attaccante. L’ingaggio salta, tutto annullato.
Non è vero nulla e Rosenthal lo sa: non c’è alcun difetto congenito che possa compromettere il rendimento. Tant’è che l’attaccante tornerà allo Standard Liegi e verrà girato al Liverpool, per poi trasferirsi definitivamente per altre quattro stagioni nella città dei Beatles e vivere una seconda giovinezza, vincendo altri trofei e segnando altri gol, chiudendo poi la carriera a Londra e a Watford.
L’Udinese acquisterà al suo posto l’argentino Abel Balbo, che diventerà un eroe della squadra bianconera e poi del calcio italiano, vestendo anche le maglie di Roma, Fiorentina e Parma.
Tutti contenti, quindi. Non proprio. Perché quello di Rosenthal resterà il primo ingaggio mancato di un calciatore a causa del razzismo dei tifosi. L’attaccante israeliano, per nulla convinto delle motivazioni “mediche”, ha infatti citato in giudizio l’Udinese per danni morali, vincendo la causa e ottenendo un risarcimento. La società friulana ha dimostrato mancanza di fermezza nel contrastare l’antisemitismo delle frange più estremiste del tifo, ma soprattutto anche secondo i giudici non aveva rispettato gli accordi presi. Un anno fa, in un’intervista al Corsera, lo stesso Rosenthal ha gettato elegantemente acqua sul fuoco, dicendo: “In quei giorni sui muri della città comparvero alcune svastiche e scritte razziste contro di me, israeliano ed ebreo. Ma non ho mai creduto che l’Udinese mi avesse scaricato per questo, perché si era spaventata: magari mi sbaglio, ma credo che fosse più che altro una questione d’affari. Hanno avuto l’occasione di prendere Abel Balbo e l’hanno sfruttata, senza rispettare gli accordi presi con me“.
Quella ferita delle scritte e delle svastiche però resta. Nonostante questo, nella stessa intervista Rosenthal ha confessato: «Ho sempre amato molto l’Italia. E quell’episodio, che al momento mi aveva amareggiato e disorientato, si è rivelato invece la mia fortuna: andare a giocare in Inghilterra mi ha cambiato la vita. È stato un vero happy end».
Qualche anno più tardi, nel 1997, il Brescia tessererà Tal Banin, centrocampista israeliano. Il primo israeliano della serie A (poi nel 2011 è arrivato Eran Zahavi, acquistato dal Palermo). Con otto anni di ritardo.