Editoriali

Il discorso di Netanyahu a Monaco

Alla Conferenza per la Sicurezza di Monaco, dove è tra gli ospiti presenti, a un certo punto Benjamin Netanyahu si concede un coup de théâtre. Dal retro del podio da cui si rivolge alla platea che lo ascolta, estrae un pezzo del drone che sabato scorso è stato abbattuto nei pressi di Bet Shean, nella Valle del Giordano. Lo regge in mano e si rivolge direttamente al Ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, anche lui tra gli ospiti della conferenza.
“Signor Zarif, lo riconosce? Dovrebbe farlo, è vostro. Può portare a casa con sé un messaggio per i tiranni di Teheran, non mettete alla prova la determinazione di Israele”. Determinazione che si è già mostrata all’opera, quando, sempre la settimana scorsa, dopo l’abbattimento di un F-16 israeliano da parte della contraerea siriana, Israele ha lanciato uno strike sulla Siria annientando 12 obbiettivi militari rilevanti.

 


Di seguito Netanyahu ha svolto il suo discorso ormai consolidato e fatto proprio dall’Amministrazione Trump, sulla pericolosità dell’Iran, non solo per Israele ma per tutto l’assetto regionale mediorientale. Discorso che presentato nel 2105 al Congresso degli Stati Uniti durante il periodo preelettorale, suscitò molteplici standing ovations da parte repubblicana in una sala gremita, ma non impedì a Barack Obama di portare a casa il risultato più controverso della sua politica estera, quell’accordo sul nucleare che Netanyahu osteggiava nel modo più netto. Ora che il quadro politico si è capovolto e malgrado l’accordo sia ancora in piedi anche se pencolante, il premier israeliano sa che il suo linguaggio di confronto diretto con Teheran è in linea di sintonia con quello di Washington.

“Attraverso i suoi delegati, milizie scite in Iraq, gli Houti in Yemen, Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza, l’Iran sta divorando grandi porzioni del Medioriente. Israele non permetterà che il regime iraniano stringa un cappio di terrore attorno al nostro collo. Agiremo senza esitazione per difenderci e non agiremo solo, se necessario, contro i delegati iraniani che ci attaccano ma contro l’Iran medesimo”.

E’ la prima volta che Netanyahu fa esplicita menzione di un possibile confronto con Teheran. Il messaggio non può essere più esplicito ed è la conseguenza dell’intervento aereo israeliano in Siria di sabato scorso. Nonostante la propaganda iraniana e siriana abbia rappresentato come un fatto di portata rilevante l’abbattimento dell’F-I6, quasi a significare una improvvisa e inaspettata vulnerabilità militare di Israele, la realtà è un’altra e si è manifestata immediatamente. Prima in virtù della risposta israeliana e successivamente in virtù del comunicato della Casa Bianca di seguito agli avvenimenti, nel quale Washington ha preso senza esitazione la difesa del proprio principale alleato in Medioriente.

 


Netanyahu parla alla platea europea implicandola pesantemente nella sua disamina sulla pericolosità dell’Iran, rievocando come proprio a Monaco, ottanta anni fa, un parte dell’Europa cercò di trovare un compromesso con Hitler nella speranza di ammansirlo. Questa stessa Europa, che nel 2015 salutò con entusiasmo l’accordo raggiunto con il regime degli ayatollah. La miopia dell’Europa è la medesima, allora come oggi.

“L’Iran ha come obbiettivo quello di distruggere Israele e sta sviluppando missili balistici in grado di raggiungere l’Europa e gli Usa. Una volta che sarà equipaggiato nuclearmente sarà privo di controlli”.

Questa prospettiva sono i fatti stessi a renderla plausibile. L’accordo voluto dall’Amministrazione Obama non ha fatto che rendere l’Iran più baldanzoso e aggressivo. Si tratta, come sempre, di dire le cose come stanno a una platea che preferisce fingere che la realtà sia diversa. “Dobbiamo parlare chiaramente, dobbiamo agire con determinazione”.
Quella determinazione che l’Europa non ha alcuna intenzione di assumersi e che Netanyahu rivendica senza esitazione per Israele.

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