Il recente acuirsi delle tensioni militari nel Golfo Persico tra gli Stati Uniti e l’Iran introduce una maggiore possibilità che Teheran attivi i suoi emissari contro Israele o risponda più duramente ai presunti attacchi aerei israeliani contro le posizioni iraniane in Siria.
Attualmente, la Repubblica islamica persegue una politica basata su un progressivo deterioramento della stabilità regionale. Il suo scopo è quello che Teheran considera come un prezzo “proporzionato” per la stretta dell’amministrazione Trump sull’economia iraniana.
Al momento della stesura di questo articolo, questa politica ha registrato il lancio di attacchi da parte degli Houthi sciiti sostenuti dall’Iran, in Yemen, con droni a lungo raggio dotati di esplosivo finalizzati a colpire impianti petroliferi nei pressi di Riad; il sabotaggio orchestrato dagli iraniani di petroliere ormeggiate in un porto deli Emirati Arabi Uniti e un attacco missilistico contro l’ambasciata americana a Baghdad.
Si è anche parlato di movimenti sospetti delle forze che fanno capo a Teheran, di natanti lanciamissili iraniani e di attività della Forza al-Quds nella regione, in quelli che sembrano essere i preparativi per un’escalation della situazione in materia di sicurezza, se ordinata dal leader supremo iraniano, l’ayatollah Khamenei.
Finora, l’Iran ha lanciato a Washington il messaggio che non cederà alle richieste americane di rinegoziare l’accordo sul nucleare né discuterà eventuali limitazioni al suo programma di sviluppo di missili balistici. Teheran ha già annunciato che aumenterà la produzione di uranio a basso arricchimento oltre i limiti previsti dal Piano Congiunto di Azione Globale (JCPOA) – una minaccia che potrebbe sfociare in futuro nella fase produttiva di armi nucleari.
Inoltre, l’Iran avverte che più si avvicina alla crisi economica e alla conseguente instabilità interna a causa delle sanzioni statunitensi, più instabile e pericolosa diventerà la regione per gli alleati sunniti dell’America, per la loro capacità di esportate petrolio e per la sicurezza di Israele.
Israele deve presumere che i piani iraniani includano, in caso di ulteriore escalation, la possibilità di attacchi sferrati dagli emissari di Teheran sul suo territorio e contro gli obiettivi israeliani all’estero. Alla luce di questa possibilità, è opportuno esaminare alcune delle possibili opzioni di escalation dell’Iran, così come le potenziali contromisure israeliane.
Alcuni osservatori hanno concluso che la politica infiammatoria dell’Iran in risposta alla pressione economica degli Stati Uniti era visibile il 4 maggio, quando la Jihad islamica palestinese, la seconda più grande fazione terroristica di Gaza, ha lanciato un attacco ad opera di un cecchino contro militari dell’Idf lungo il confine di Gaza, innescando due giorni di intensi scontri.
Il Centro di Informazione su Intelligence e Terrorismo, Meir Amit, ha affermato che in questa ottava spirale di violenze scoppiate nell’ultimo anno a Gaza, “potrebbe anche essere rilevato il coinvolgimento dell’Iran, attraverso la Jihad islamica palestinese. In un’intervista al network al-Mayadin, il segretario generale dell’organizzazione, Ziad al-Nakhla, ha dichiarato che la Jihad islamica non ha consultato l’Iran durante l’ultima escalation di violenze, ma ha sottolineato che questo gruppo mantiene contatti costanti con l’Iran e gli Hezbollah libanesi”.
Il Centro ha affermato che l’Iran è collegato a “una politica combattiva a Gaza attuata dalla Jihad islamica palestinese, l’emissario preferito di Teheran, che di recente ha orchestrato un’escalation nella Striscia di Gaza, la peggiore dal conflitto del 2014”.
La crescente instabilità di Gaza, risultata evidente mesi fa e alimentata altresì dal disagio strategico e dall’isolamento di Hamas, è una delle ragioni principali alla base della decisione presa dal capo di Stato maggiore dell’Idf, il generale Aviv Kochavi, di dare priorità a quest’arena in termini di preparazione militare.
L’Iran e la Jihad islamica palestinese potrebbero avere interesse a trascinare Israele in una prolungata campagna a Gaza, che rischia di trasformarsi in un’operazione di terra. Israele non tollererà ulteriori frequenti lanci di razzi sul proprio fronte interno civile. L’establishment della difesa e il gabinetto di sicurezza dovranno quindi selezionare opzioni di risposta che coniughino l’esigenza di rispondere con fermezza a ulteriori provocazioni da parte della Jihad islamica palestinese con gli interessi strategici più ampi di Israele.
Come sembra aver fatto a maggio, Israele dovrebbe evitare i piani iraniani di irretimento messi a punto a Gaza, a volte inopportuni, ma convenienti a Teheran. Dovrebbe cercare di scegliere il proprio tempismo per le offensive, se si rivelano necessarie.
Un altro focolaio che Teheran potrebbe cercare di accendere è la Siria, dove Israele e l’Iran hanno combattuto una lunga guerra ombra. Il 18 maggio, correvano voci che Israele avesse condotto attacchi missilistici contro un obiettivo a sud di Damasco; mentre ad aprile i media ufficiali del regime di Assad avevano detto che Israele aveva attaccato un obiettivo nella città di Masyaf, nella parte nordoccidentale della Siria. Alla fine di marzo, sono state diffuse notizie di massicci attacchi mirati a un impianto di produzione missilistica, in cui avrebbero perso la vita membri del personale iraniano e filo-iraniano.
Israele continua a perseguire una ferma politica di azione preventiva e di basso profilo contro i tentativi iraniani di costruire basi per attacchi militari, centri per la produzione di armi e stazioni di trasferimento di armi (a Hezbollah in Libano) sul suolo siriano.
L’Iran, da parte sua, mantiene le milizie sciite in Siria per un totale di 80 mila combattenti provenienti da tutta la regione, compresi iracheni, afgani e gli autoctoni siriani, così come contingenti delle forze Hezbollah libanesi (molti dei quali stanno ora facendo ritorno alle basi Hezbollah in Libano mente la guerra in Siria si placa).
Le Guardie Rivoluzionarie Islamiche e la loro unità incaricata delle operazioni all’estero, la Forza Quds, guidata dal generale Qassam Soleimani, rimangono fermamente impegnate nell’intento di trasformare la Siria in una zona di influenza e di controllo iraniani e in una futura rampa di lancio per attacchi contro Israele.
Come parte delle sue più ampie opzioni di deterioramento regionale, Teheran potrebbe pianificare di utilizzare i suoi asset in Siria per attaccare Israele, sia con missili anticarro, proiettili balistici o con incursioni di cellule terroristiche transfrontaliere.
Il Comando nord e il ramo dell’intelligence militare dell’Idf stanno presumibilmente cercando segnali di quest’attività e preparano le risposte necessarie per queste eventualità. La risposta di Israele a tali attacchi dovrà contenere una logica operativa che decida se reagire con fermezza e considerare la questione chiusa, o porre in atto una contro-escalation e avviare una campagna militare al fine di estorcere un prezzo più elevato dall’asse iraniano.
La principale forza fiancheggiatrice dell’Iran nella regione, Hezbollah in Libano, rappresenta il canale di escalation meno probabile, ma più pericoloso. Il gigantesco arsenale di Hezbollah, che conta 150 mila proiettili, e un esercito di terroristi ben addestrato rappresentano la principale sfida militare per Israele, e l’Idf ha trascorso gli ultimi anni a prepararsi ad affrontare tale sfida.
Qualunque escalation dal fronte libanese reca con sé il rischio di una guerra totale, che implicherebbe operazioni terrestre e aeree israeliane su larga scala. E Hezbollah rischierebbe di subire enormi danni a seguito di ciò. Dato che Teheran si prefigge probabilmente di salvare Hezbollah per le sfide future, è inverosimile che ordini provocazioni dal Libano. Lo stesso Hezbollah, ancora ben consapevole del danno subìto dal Libano nella seconda guerra del Libano, in questa fase sembra riluttante ad avviare un conflitto e ad esporsi all’Idf.
Tuttavia, più le tensioni regionali aumentano, maggiore è la possibilità di commettere errori di calcolo e di un’escalation involontaria. Israele ha poca scelta se non quella di prepararsi e di essere in massima allerta per l’escalation iraniana, mentre l’economia di Teheran continua a deteriorarsi e il regime è sempre più accerchiato.
Traduzione in italiano di Angelita La Spada
Qui l’originale in lingua inglese