Bisognerebbe chiedere a sua Eminenza Pietro Parolin, Segretario di Stato presso la Santa Sede, per il quale, in ossequio alla vulgata corrente “il diritto di Israele a difendersi non giustifica 30 mila morti”, quanti sono i morti giustificati dal diritto a difendersi di un paese aggredito come è accaduto a Israele il 7 ottobre scorso.
Sarebbe finalmente il caso di uscire dalla demagogia più vieta e dire senza se e senza ma quello che si pensa, che Israele non ha il diritto di difendersi, come fa, senza alcuna vergogna, Francesca Albanese http://www.linformale.eu/inesistente-diritto-alla-difesa/, relatore presso il Consiglio per i diritti umani all’ONU. Sarebbe un modo di fare chiarezza invece di nascondere il proprio pensiero dietro il velo dell’ipocrisia.
A Parolin ha risposto duramente l’Ambasciata israeliana in Vaticano citando numeri.
«Secondo i dati disponibili, per ogni militante di Hamas ucciso hanno perso la vita tre civili. Tutte le vittime civili sono da piangere, ma nelle guerre e nelle operazioni passate delle forze Nato o delle forze occidentali in Siria, Iraq o Afghanistan, la proporzione era di 9 o 10 civili per ogni terrorista. Quindi, la percentuale dell’Idf nel tentativo di evitare la morte dei civili è circa 3 volte superiore, nonostante il campo di battaglia a Gaza sia molto più complicato».
Questa è la realtà sul campo, questi sono i fatti, dunque no, non si tratta di un numero ingiustificato di morti, da cui vanno comunque detratti i diecimila jihadisti di Hamas, non si sa se “ingiustificati” anche essi per Parolin.
La Chiesa di Roma ha già avuto modo di esprimere la sua posizione chiaramente spostata a favore del versante islamico, con un papa traccheggiante e incapace di mostrare ai “fratelli maggiori” ebrei una esplicita vicinanza dopo il maggiore eccidio di ebrei dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi. Se almeno avesse concesso loro una parte dello stesso caloroso afflato manifestato nei confronti di Ahmed al-Tayeb, Grande Imam di Al-Azhar,http://www.linformale.eu/papa-francesco-conduce-il-proprio-gregge-al-massacro/nella cui persona l’antisemitismo e l’antisionismo sono fusi in armonia perfetta, sarebbe stato già qualcosa al posto della freddezza rituale di frasi di pura circostanza.
Dopo la kefiah indossata da Monsignor Pizzaballa a Betlemme per la Messa di Natale, dopo la salottiera disinvoltura con cui un altro porporato, Monsignor Ravasi, ha accusato Israele di applicare a Gaza la logica iperbolica e vendicativa del settanta volte sette, http://www.linformale.eu/la-logica-di-lamech/ora è il turno di Parolin.
La linea ecclesiale romana è dunque, nelle alte sfere, inequivocabile, e non ci venga a dire Alberto Melloni, che pure dice diverse cose giuste in una intervista a Quotidiano Nazionale, https://www.quotidiano.net/esteri/lo-storico-delle-religioni-scontro-senza-precedenti-fra-vaticano-e-israele-la-santa-sede-si-schiera-perche-non-vede-la-luce-d83807fdche la “la Chiesa ha il dovere di non darsi pace per trovare la pace”, perché non può darsi pace vera e duratura a seguito di una guerra se chi l’ha iniziata non viene messo nella condizione di non perpetrare più ciò che ha fatto.
La verità è che la guerra in corso ha agito da potente prova del nove anche per la Chiesa, riportando in superficie atteggiamenti e posizioni regressive che da lungo tempo non emergevano con questa frequenza, come ha fatto presente senza peli sulla lingua Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità di Roma http://www.linformale.eu/la-chiarezza-necessaria/.
La pregiudiziale anti-israeliana della Chiesa post ratzingeriana, la Chiesa retta da Francesco, è esplicita e, inevitabilmente, si tira appresso come uno strascico consunto uno dei tropi inossidabili dell’antigiudaismo preconciliare, quello degli ebrei popolo violento e vendicativo.
La finezza teologica di Benedetto XVI, il grande lavoro svolto con la sua opera in merito al rapporto problematico certo, ma indissolubilmente fecondo, tra ebraismo e cristianesimo, ha lasciato il posto a dichiarazioni allarmanti e puerili e ad atteggiamenti grossolanamente fuori luogo, di cui è facile prevedere il seguito.