Negli ultimi 45 anni, gli Stati Uniti hanno tentato di pacificare gli ayatollah iraniani antiamericani, tramite clamorosi gesti finanziari e diplomatici, atti a promuovere la causa dei diritti umani e della democrazia in Iran e la coesistenza pacifica tra l’Iran e i suoi vicini arabi sunniti.
Di fatto, l’opzione diplomatica statunitense nei confronti degli ayatollah, avviata 45 anni fa, ha minimizzato la centralità dell’ideologia degli ayatollah e la storia che l’ha caratterizzata, partendo dal presupposto che sia il denaro a farla da padrone.
Gli Stati Uniti si aspettavano che robusti interventi finanziari e azioni diplomatiche avrebbero indotto gli ayatollah ad abbandonare la loro visione estremista vecchia di 1.400 anni per trasformarsi in un membro costruttivo della comunità globale.
Tuttavia, come previsto, gli ayatollah iraniani hanno fatto in modo che le tentazioni finanziarie e diplomatiche non avessero la meglio sulla loro ideologia violenta e imperialista. Inoltre, hanno sfruttato i generosi gesti degli Stati Uniti, intensificando l’oppressione e la persecuzione interna e rafforzando la loro determinazione a umiliare e sconfiggere “il Grande Satana americano”, espandendo maggiormente il terrorismo globale anti-americano, il traffico di droga, il riciclaggio di denaro e la proliferazione di armi avanzate, in America Latina, dal Cile al confine tra gli Stati Uniti e il Messico.
Inoltre, il desiderio degli Stati Uniti di concludere un altro accordo con l’Iran anti-americano, il corteggiamento nei confronti della Fratellanza Musulmana anti-americana (la più grande organizzazione terroristica sunnita) e la cancellazione degli Houthi anti-americani dalla lista dei terroristi, mentre, al contempo, venivano esercitate pressioni sui suoi sostenitori, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto, hanno spinto quest’ultimi ad avvicinarsi maggiormente, militarmente e commercialmente, alla Cina e alla Russia.
Nel 2024, il Dipartimento di Stato americano promuove la creazione di uno Stato palestinese a ovest del fiume Giordano, sostenendo che coesisterebbe pacificamente con Israele.
Tuttavia, tutti i regimi arabi filo-americani hanno sistematicamente limitato il loro sostegno al proposto Stato palestinese a discorsi incoraggianti, mostrando al tempo stesso un atteggiamento dal tiepido al negativo.
Inoltre, il Dipartimento di Stato ha minimizzato il passato e l’ideologia palestinese, basando la propria politica su scenari futuri soggettivi e speculativi e su dichiarazioni diplomatiche palestinesi. Al contrario i regimi arabi filo-americani si sono concentrati sul pedigree sovversivo e terroristico intra-arabo palestinese in Egitto (anni ’50), Siria (anni ’60), Giordania (1968-70), Libano (1970-1982) e Kuwait (1990). Questi regimi arabi filoamericani riconoscono la natura dispotica, corrotta e terroristica della leadership palestinese, il suo sistema educativo criminale e il suo pedigree globale (ad esempio, la collaborazione con la Germania nazista, il blocco sovietico, gli ayatollah iraniani, la Corea del Nord e il Venezuela e formazioni di terroristi internazionali provenienti da Europa, Africa, Asia e America Latina).
Questi regimi arabi sono giunti alla conclusione che un simile pedigree criminale andrebbe a modellare la natura del proposto Stato palestinese, destabilizzando ulteriormente la regione, e fornendo all’Iran, alla Russia e alla Cina un punto d’appoggio più ampio in Medio Oriente.
A differenza del Dipartimento di Stato, sono consapevoli che uno Stato palestinese a ovest del fiume Giordano condannerebbe il regime hashemita filo-americano a est del fiume, trasformando la Giordania nella principale piattaforma del terrorismo islamico, minacciando ogni regime arabo produttore di petrolio filo-americano, il che genererebbe una miniera d’oro per Iran, Russia e Cina e causerebbe un duro colpo al commercio globale, all’economia e alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
Nel 2011, il Segretario di Stato Antony Blinken (all’epoca Consigliere per la Sicurezza Nazionale del vicepresidente Biden) e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Sullivan (allora Direttore della pianificazione politica del Dipartimento di Stato) svolsero un ruolo chiave nell’offensiva militare della NATO guidata dagli Stati Uniti contro Gheddafi, con l’obiettivo di porre fine a gravi violazioni dei diritti umani.
Come previsto, l’iniziativa statunitense provocò turbolenze vulcaniche in Libia, che, dal 2011, hanno scosso la regione, alimentando il terrorismo islamico in Europa, Egitto, Africa settentrionale e centrale e in tutto il Medio Oriente, trasformando la Libia – il ventre molle dell’Europa – in un paese tempestoso e in una piattaforma per il terrorismo islamico globale, il traffico di droga, clamorose violazioni dei diritti umani e una serie di guerre civili con la partecipazione di Turchia, Qatar, Italia, Russia, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Francia.
Guidato da nobili intenzioni, il Dipartimento di Stato ha sistematicamente tentato di subordinare ai valori occidentali le relazioni intra-musulmane e intra-arabe che risalgono a 1.400 anni fa: tempestose, imprevedibili, violentemente intolleranti, non democratiche, altamente frammentate, instabili e non pacifiche, ai valori occidentali, come la coesistenza pacifica, la democrazia e i diritti umani. La creazione di un Medio Oriente alternativo è stata evidenziata dal modo con cui Foggy Bottom (Il Dipartimento di Stato) ha fatto riferimento alle turbolenze in corso nel mondo arabo come alla “primavera araba”, piuttosto che “lo tsunami arabo”, che sta ancora infuriando dall’Africa nordoccidentale all’Iran (ad es.10 milioni di rifugiati dal 2011; 11 milioni di musulmani uccisi dal 1948, di cui 35.000 – 0,3% – legati alle guerre arabo-israeliane).
Il Segretario di Stato Antony Blinken e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan potrebbero prendere in considerazione il seguente consiglio del Prof. P.J. Vatikiotis, che è stato uno dei principali storici del Medio Oriente presso la Scuola di Studi Orientali e Africani dell’Università di Londra (Politica araba e regionale nel Medio Oriente):
“Nel prossimo futuro, le differenze e i conflitti intra-arabi continueranno…Questa è una caratteristica dell’area che rimarrà più o meno costante. La questione delle opzioni americane è una questione che deve essere risolta innanzitutto sulla base di questa realtà fondamentale: le relazioni intra-arabe non possono essere collocate su uno spettro di sviluppo lineare, dall’inferno al paradiso o viceversa, ma il loro corso è in parte ciclico, in parte a spirale, e si ferma sempre occasionalmente in qualche zona grigia…gli accordi si realizzano con governanti e regimi aperti alla sedizione e ai colpi di stato. Questa condizione di per sé rende i rapporti tra gli Stati arabi, così come tra questi e le potenze esterne, particolarmente difficili….(ibid, pp. 77-115)”.
https://theettingerreport.com/us-middle-east-policy-defied-by-middle-east-reality/
Traduzione di Niram Ferretti