Chi è la ragazzina più conosciuta al mondo e, allo stesso tempo, più derisa ed insultata? Semplice: Anna Frank. La bambina ebrea che, durante la seconda guerra mondiale, è costretta a nascondersi per due anni, insieme a sette compagni, nel retro di una casa di Prinsengracht 263 di Amsterdam, prima di essere scoperta e deportata nel campo di concentramento di Bergen Belsen e famosa per il diario quotidiano sul quale annota l’esperienza della clandestinità in quell’alloggio segreto, “Het Achterhuis” in olandese, che sarà il titolo del suo libro postumo.
Oggi Anna torna di attualità per l’ennesimo insulto alla sua memoria: un ignobile striscione esposto a Mondragone (provincia di Caserta) che, utilizzatando e strumentalizzando la sua immagine, punta a deridere – in maniera assurda e spregevole – i tifosi napoletani all’indomani della vittoria dello scudetto.
“Il diario di Anna – ha scritto la filosofa Donatella Di Cesare – è per molti, soprattutto per i più giovani, il primo coinvolgente accesso alla Shoah“. Da sempre, Anna, però, è oggetto di scherno in ogni parte del mondo. Qualche tempo fa, addirittura, furono affissi per la capitale gli adesivi della Frank con la maglia della Roma, come sberleffo. Cosa che è successa anche in Germania con i tifosi del Borussia Dortmund, che hanno diffuso le immagini di Anna Frank vestita con la casacca dello Schalke 04. Ma il nome della Frank compare anche sulle scritte dei muri delle città italiane. Da “Anna non l’ha fatta Frank!” a “Anna Frank bugiardona” o “Anna Frank cantastorie” e “Anna Frank tifa Lazio” (con tanto di svastica per firma).
Lo stesso dicasi per gli stadi dove il nome della Frank viene usato in modo indecoroso. “Hitler tifa Siena. Anna Frank Arezzo” si è letto sulle pareti di un sottopassaggio. A Lugano i locali tifosi della squadra di hockey sul ghiaccio scrivono sui muri la scritta “Anna Frank tifa l’Ambri Piotta” che sarebbe la rivale storica.
A Grosseto, al Cassero, all’ingresso di una mostra fotografica sulla Frank apparvero due grosse svastiche all’ingresso. A Pesaro, invece, le svastiche che imbrattano una scuola dedicata alla Frank inducono una madre a dire che “per non turbare i bimbi meglio un corso in ceramica“. Se non bastasse ancora tutto questo, un sito statunitense mette in vendita, per la festa di Halloween, un costume di Anna Frank per trasformare con soli 25 dollari ogni bambina “in un’eroina della Seconda guerra mondiale“.
Niente rispetto a ciò che succede in Iran, dove il giornale filogovernativo “Hamshahri”, pubblicò una vignetta, in cui si vede la bambina a letto con Hitler che le dice: “Scrivi di questo nel tuo diario“. Un’artista romana di arte contemporanea, Natascia Raffio, invece ha voluto reinterpretare la Giuditta e Oloferne di Artemisia Gentileschi con una Anna Frank che taglia la gola ad Hitler. A suo modo, forse, volendo vendicarla.
Non è ancora finita. Ad Amsterdam gruppi musulmani l’hanno ritratta su una t-shirt con in testa la kefiah palestinese. E che dire dell’idiota che, qualche anno prima, posta, su Facebook, una foto della Frank con la scritta “Doccia time e poi non si collega più” con la macabra allusione alle camere a gas: e quel che è peggio è che ha ricevuto centinaia di condivisioni in poco tempo.
Invece, su YouTube, ecco il fantomatico gruppo “99 Fosse” che scrive la canzone “Anna non c’è” basandosi sul motivo della celebre “Laura non c’è” di Nek. Mentre i meme con l’immagine della ragazzina, sempre su Facebook, si sprecano. Da “Giochiamo a nascondino? Sicuro contate su di me” a “Anna Frank record mondiale di nascondino” passando per “Quella volta in campo eravamo tutti cotti” fino a “Cosa stai cucinando? Oh, è la mia famiglia“.
Dai vergognosi ingiuriatori si passa agli immancabili negazionisti. Ad esempio i libanesi di Hezbollah che sostengono che la bambina non è mai esistita e il suo diario è solo un pamphlet di propaganda sionista. Su Facebook esiste anche un gruppo di negazionisti che propaganda la “teoria della penna a sfera” per propalare la tesi secondo la quale il diario sarebbe stato scritto con una penna “Bic” la cui produzione avviene dopo, nel ’51.
Il capostipite dei negazionisti rimane Robert Faurisson uno che ha definito le camere a gas “sedicenti” e che sostiene che a scrivere il diario sia stato il padre Otto (“Le journal d’Anne Frank est-il authentique?“). Faurisson è anche stato ospite, per le sue benemerenze, alla “Conferenza internazionale per la revisione globale dell’Olocausto” che si è tenuta nel 2006 a Teheran per volere di un altro campione dell’antisemitismo come l’ex presidente iraniano Ahmadinejad.
Quante sgradevoli attenzioni per la Frank. Che male avrà fatto una ragazzina appena adolescente per subire la clandestinità, il campo di concentramento, la morte e l’oltraggio perpetuo da parte di masse di spregevoli nazisti della memoria?