Ugo Volli: La Schoà e le sue radici. Un percorso didattico. Marcianum Press, 2023.
Il nuovo libro di Ugo Volli offre al lettore un agevole, ma non certo superficiale excursus nei meandri dell’antisemitismo. Si tratta, come recita il titolo, di un percorso didattico, ovvero di una mappa che permette di seguire la geografia di quello che, uno dei maggiori studiosi del fenomeno, Robert Wistrich, definiva, “l’odio più persistente”.
Come si è arrivati alla Schoà, alla pianificazione industrializzata dello sterminio degli ebrei?
Per rispondere a questa domanda, l’autore illustra le varie tipologie dell’antisemitismo, da quello teologico cristiano, a quello pagano che lo antecede, da quello illuminista, a quello razziale, per mostrarci come, ognuna di queste specificità, costituisca una delle radici che hanno dato linfa all’albero maestro dell’impresa genocidaria nazionalsocialista.
Il comune denominatore di tutte queste forme di avversione, è l’avere considerato l’ebreo come l’Altro per antonomasia, ovvero come una gigantesca ombra da rimuovere dal corpo sociale, proprio per la sua irriducibile e insopportabile alterità.
Da l’altro, inteso come non integrato ai costumi socio-culturali vigenti e dunque visto con malevolo sospetto, così come appare a Tacito nell’antica Roma, all’altro come reietto demoniaco in ambito cristiano, all’altro come portatore di una impurità genetica secondo i nazisti, l’ebreo è una pietra di inciampo da rimuovere perché intralciante una omogeneità o uniformità che si vuole imporre a tutti e che la sua presenza sporca o minaccia.
Volli sottolinea questa volontà eliminazionista, che si manifesta in modo particolarmente sorprendente nell’Illuminismo, dove autori diversi come Voltaire, Diderot, Kant, Schopenhauer e Hegel, non solo esibiscono una avversione esplicita nei confronti degli ebrei nutrita di stereotipi e pregiudizi, ma, particolarmente con Kant sentono il bisogno di specificare che l’ebreo in quanto tale, abbia la necessità di essere dissolto nella categoria uniforme dell’uomo illuminista, affrancato da superstizioni e tribalismi e pronto ad abbracciare una religiosità morale pura.
Dalla eliminazione culturale della specificità ebraica a quella fisica c’è intima coerenza. La Schoà diventa dunque il culmine di questo processo di rigetto, e in quanto tale, avrebbe dovuto rappresentare la tappa definitiva, ovvero, la soluzione finale della “questione ebraica”.
Nell’evidenziare la continuità dell’antisemitismo, Volli sottolinea come la Schoà, pur nella sua singolarità, non possa essere isolata e circoscritta, e in questo senso vada intesa come l’acme di una lunga, interminabile patologia, che purtroppo non si è conclusa, come l’odio per Israele e l’eccidio del 7 ottobre, stanno a testimoniare in modo eloquente.
In questo senso va evitato ogni riduzionismo e ogni tentativo di isolarla, relegandola a una eccezionalità che romperebbe il continuum storico in cui va invece pensata ed inserita, quello del passato e quello del presente.