Vorrei poter essere ottimista riguardo alla capacità di Israele di sconfiggere Hamas nella guerra interrotta, ma sono più pessimista che mai. Sono stato pessimista fin dall’inizio perché non ho mai creduto che gli obiettivi di guerra dichiarati da Israele fossero politicamente realizzabili o riflettessero la realtà sul campo, che è molto peggiore di quanto Israele o l’amministrazione Biden siano disposti ad ammettere.
Il principale obiettivo dichiarato di Israele è distruggere Hamas. Ciò è stato paragonato all’obiettivo americano del periodo Trump di distruggere l’ISIS. C’è qualcosa di appropriato in questo confronto. Contrariamente alla sua retorica stravagante, Trump non ha effettivamente distrutto l’Isis: esso esiste ancora ed è una minaccia ovunque possa alzare la testa. Trump, tuttavia, ha diminuito de facto la capacità dell’Isis di detenere la sovranità sul territorio. Si è trattato di un risultato significativo. (Se sia stato realizzato secondo crismi costituzionali è una questione interessante.) Tuttavia non dovremmo sopravvalutare il risultato, perché (a) le organizzazioni terroristiche sono più efficaci nel perseguire le loro competenze chiave di insurrezione e attacchi furtivi che nel tentativo di governare il territorio, e (b ) L’ISIS è una setta ribelle staccatasi da al-Qaeda, il che rimane una sfida importante, quindi, l’ISIS, inevitabilmente si ricostituirà all’interno di al-Qaeda o si riconfigurerà come un nuovo gruppo terroristico, poiché ciò che catalizza il jihad è il predominio regionale dell’ideologia suprematista basata sulla sharia, non su qualche organizzazione specifica e transitoria.
La situazione riguardo a Hamas è simile, e per certi versi più spinosa.
Non sarebbe mai stato possibile per Israele “distruggere” Hamas. La sua leadership oscilla tra il Qatar e la Turchia. Anche supponendo che Israele darà la caccia ai suoi leader, come ha fatto con i terroristi che uccisero i suoi atleti alle Olimpiadi di Monaco del 1972, ciò richiederà molto tempo; inoltre, gli omicidi compiuti in paesi stranieri (soprattutto quelli ostili, come il Qatar e la Turchia) scatenerebbero pericolose conseguenze.
Più precisamente, Hamas non è il principale oppositore di Israele. Si tratta, invece, di un rappresentante dell’Iran che gode di alleanze effettive con il regime di Erdogan in Turchia (il nostro “alleato NATO”, che continua a minacciare di sfidare il blocco israeliano di Gaza) e con il Qatar (il nostro “maggiore alleato non NATO”, che è un regime dei Fratelli Musulmani e quindi un’ancora di salvezza per Hamas, il ramo palestinese della Fratellanza). Eliminare Hamas a Gaza ridurrebbe solo marginalmente e temporaneamente la minaccia iraniana sul confine israeliano di Gaza (e c’è sempre il pericolo che ciò possa intensificare le minacce sui confini di Israele con il Libano, la Siria e la Cisgiordania – in quest’ultima, i detenuti palestinesi rilasciati da Israele in cambio degli ostaggi stanno già creando problemi).
Inoltre, Hamas non sarà così difficile da sostituire. È qui che fa capolino il delirante ritratto di Biden dei territori palestinesi (e l’ostinata insistenza dell’amministrazione su una “soluzione a due Stati” che i palestinesi rifiutano e che quindi Israele non può accettare).
L’idea che i palestinesi siano un popolo amante della pace che non dovrebbe essere confuso con Hamas è semplicemente ridicola. Hamas è meno una formazione atta a governante che un riflesso dei palestinesi – una popolazione giovane cresciuta nell’indottrinamento della Fratellanza e dunque nell’odio religioso verso gli ebrei.
Come ho sottolineato di recente, Hamas fu fondato durante la Prima Intifada e ottenne immediatamente successo perché era più vicino alla sensibilità palestinese rispetto all’OLP guidata da Arafat e al suo partito Fatah. Hamas è stato eletto, non imposto a Gaza, e sarebbe stato eletto in Cisgiordania se il successore di Arafat, il “presidente” Mahmoud Abbas, avesse consentito le elezioni. È puerile che i commentatori suggeriscano che Hamas sia impopolare tra i palestinesi quando, proprio davanti ai nostri occhi nelle città e nei campus occidentali, vediamo il sostegno sfacciato nei suoi confronti – non solo manifestazioni “filo-palestinesi”, ma agitatori che indossano le insegne di Hamas mentre cantano slogan dell’Intifada. Hamas è stato fortemente sostenuta dalla Fratellanza internazionale fin dal 1987. Ha sempre avuto un ampio bacino di giovani sostenitori maschi a cui potere attingere.
Il mio punto qui non è quello di liquidare come irrilevanti le operazioni di combattimento di Israele. Almeno nel nord di Gaza, l’IDF ha distrutto le infrastrutture fisiche da cui dipendono gli jihadisti al fine di condurre la loro guerra eliminazionista.
I soldati israeliani hanno ucciso migliaia di combattenti addestrati da Hamas (è impossibile dire con precisione quanti). Non è facile sostituire strutture radicate e vitali. Israele ha danneggiato in profondità l’attuale capacità di Hamas di detenere il territorio come regime dominante. Gli stati sponsor dei jihadisti non saranno, in tempi brevi, in grado di ricostituire ciò che è andato perduto, anche tenendo conto della loro capacità sopra citata di aumentare il livello di minaccia in altri punti critici all’interno e all’interno dei confini di Israele.
Ma riuscirà Israele a realizzare l’obiettivo di eliminare Hamas come regime al potere? Ecco il New York Times di ieri:
Funzionari americani hanno detto agli israeliani che eventuali operazioni militari imminenti non dovrebbero ostacolare il flusso di energia elettrica e acqua o impedire il lavoro di siti umanitari come ospedali e rifugi sostenuti dalle Nazioni Unite nel centro e nel sud di Gaza.
Ovviamente, il presidente Biden sa che Hamas requisisce le consegne di aiuti internazionali e conduce le sue operazioni dentro e sotto siti umanitari, compresi gli ospedali.
I rapporti di cooperazione di Hamas con i funzionari delle Nazioni Unite sono noti. Come può Israele sradicare Hamas se l’amministrazione Biden intende microgestire e indebolire la sua capacità di combatterlo là dove si trova? E dopo che i funzionari di Biden hanno fatto pressione su Israele affinché si astenga dall’iniziare operazioni di combattimento nel nord di Gaza fino a quando non fossero stati creati corridoi per spostare i non combattenti verso il sud, l’amministrazione ora assumerà davvero la posizione secondo cui Israele deve evitare attacchi che potrebbero causare spostamenti di popolazione?
Niente di tutto ciò ha un senso strategico. Ma politicamente e cinicamente ha perfettamente senso.
Nonostante tutte le cose giuste che Biden ha detto (più nel periodo immediatamente successivo al 7 ottobre che di recente), non è stato disposto ad affrontare la forte e rumorosa opposizione della sua base nei confronti di Israele (specialmente mentre il 7 ottobre si allontana nel tempo). Per Biden, quindi, la barbara cattura degli ostaggi da parte di Hamas – tra cui bambini, donne e anziani – è stata una manna dal cielo che ha spostato l’attenzione.
Sotto il profilo militare, Israele avrebbe dovuto essere in grado di pressare il nemico fino al rilascio incondizionato degli ostaggi. Ma per ragioni emotive (e influenzate dalla storia e dai costumi ebraici), è stato permesso che la possibilità di recuperare almeno alcuni degli ostaggi soppiantasse gli obiettivi militari. Ciò ha rappresentato un vantaggio politico per Biden: gli ha dato l’opportunità di attivarsi per ottenere pause sempre più lunghe della campagna militare israeliana, iniziativa che ha attenuato le lamentele dei democratici pro-Hamas.
Mentre ci avviciniamo all’anno elettorale, Biden ha valutato quali sono i vantaggi politici interni di questa linea di azione, di conseguenza la retorica della sua amministrazione (e, quindi, la copertura mediatica) è mutata: ora, l’obiettivo supremo è il ritorno degli ostaggi. Stanno scomparendo nella foschia della memoria le persone che hanno preso gli ostaggi, la ferocia che ha accompagnato questi rapimenti e il fatto che Israele sta pagando per gli innocenti – con un premio di 3 a 1 – liberando i terroristi palestinesi condannati e i criminali violenti.
Ora, quando il presidente e i suoi consiglieri si lasciano andare alla speranza, ciò è dovuto all’obbiettivo di un grande accordo che potrebbe portare al rilascio di tutti gli ostaggi e a un cessate il fuoco permanente. Infatti, a tal fine, il direttore della CIA di Biden, William Burns, è in Qatar da martedì per colloqui con i sostenitori di Hamas, e presto sarà raggiunto dal Segretario di Stato Antony Blinken. Il Times riporta che l’obiettivo dell’amministrazione Biden è il cessate il fuoco “fino a quando tutti gli ostaggi non saranno rilasciati”. Secondo Jonathan Schanzer della Foundation for Defense of Democracies, attualmente ci sono circa 161 ostaggi (146 israeliani, per lo più uomini, e 15 altri cittadini, tra cui otto o nove americani).
Consideriamo la logica di ciò. Se ci sarà un cessate il fuoco finché Hamas non deciderà di rilasciare l’ultimo degli ostaggi che ha rapito (spesso dopo aver violentato e ucciso i suoi parenti), allora sarà Hamas, e non Israele, a decidere quando riprenderanno i combattimenti. Nel frattempo, ogni giorno che le operazioni di combattimento di Israele vengono sospese, l’amministrazione Biden – sollecitata dai democratici del Congresso che sentono la pressione della loro base – porrà più condizioni su come Israele dovrà comportarsi se vuole mantenere il sostegno americano. Allo stesso tempo, Israele deve continuare a fornire tre combattenti palestinesi affinché tornino al jihad in cambio di ogni ostaggio che Hamas si degnarà di rilasciare. Nel frattempo, a Hamas verrà concesso più tempo per tendere trappole ai soldati israeliani e rafforzare le sue posizioni nei siti umanitari che Biden ha ammonito Israele di evitare di colpire.
Anche se fosse politicamente e psicologicamente possibile riprendere una guerra date queste circostanze – una guerra di cui molti dei simpatizzanti di Israele del periodo successivo al 7 ottobre gli darebbero la colpa se dopo una lunga pausa, riprendessero dei combattimenti schiaccianti – come potrebbe, Israele, realisticamente, vincere con restrizioni simili?
Pongo questa domanda per ricordarci che, a meno che e fino a quando i nemici di Israele non saranno definitivamente sconfitti, il ritmo della guerra eliminazionista e le periodiche ondate di terrore jihadista continueranno.
Traduzione di Niram Ferretti
Da otto anni, appena compiuti, L’Informale offre ai suoi lettori articolo e interviste esclusive su temi legati principalmente a Israele e al Medio Oriente.
Cerchiamo di farlo al meglio con collaboratori di grande competenza. Le numerose visualizzazioni dei nostri articoli e delle nostre interviste riprese frequentemente da siti stranieri, ci confortano.
A supporto del nostro lavoro e del sito chiediamo per la prima volta ai nostri lettori di potere dare il loro sostegno con una donazione di loro scelta.
Per poterlo fare è semplicemente necessario andare a fondo pagina sulla destra e cliccare sulla voce Contatti. In fondo si troverà il tasto giallo Donazione.
Un ringraziamento a chiunque voglia contribuire.
L’Informale