Dal 1948 al 1967, i diciannove anni intercorsi tra la guerra di Indipendenza e la guerra dei Sei Giorni, la Giudea e la Samaria, nota anche come Cisgiordania o West Bank, a preferenza, restò sotto il dominio illegale giordano che si annesse i territori nel 1951, quegli stessi che il Mandato Britannico per la Palestina del 1922 aveva destinato inequivocabilmente agli ebrei.
Durante questo periodo nessuno dei leader arabi prese neanche lontanamente in esame il diritto all’autodeterminazione degli arabi “palestinesi” che si trovavano sotto il loro dominio. Perché? Semplice perché un “popolo palestinese” per i giordani non era un soggetto della storia.
Yasser Arafat, fino al 1967, usò il termine “palestinesi” unicamente come riferimento per gli arabi che vivevano sotto la sovranità israeliana o avevano deciso di non essere sottoposti ad essa.
Nel 1964, per Arafat, la “Palestina”, non comprendeva né la Giudea e la Samaria né Gaza, le quali, infatti, dopo il 1948 ricadevano nella zona di influenza rispettivamente di Giordania ed Egitto. Lo troviamo scritto nella Carta fondante dell’OLP all’Articolo 24, “L’OLP non esercita alcun diritto di sovranità sulla West Bank nel regno hashemita di Giordania, nella Striscia di Gaza e nell’area di Himmah”.
L’Articolo 24 venne cambiato nel 1968 dopo la guerra dei Sei Giorni, dietro ispirazione sovietica. Da quel momento in poi la sovranità “palestinese” si estendeva anche alla Giudea e Samaria e a Gaza. Libero da possibili attriti con la Giordania e l’Egitto, Arafat, protetto dai russi, fu messo nella posizione di allargare il campo della propria azione.
Per creare questa nuova realtà del “popolo palestinese”, priva di qualsiasi aggancio con il passato era necessario che il passato venisse interamente fabbricato, o meglio, come in Tlon, Uqbar, Orbis Tertius” di Jorge Luis Borges, bisognava fare in modo che il reale venisse risucchiato da una finzione affabulante.
Ecco dunque apparire sul proscenio della storia i “palestinesi”, i quali, fin da un tempo immemorabile avrebbero sempre vissuto nella regione e addirittura si potevano fare risalire ai gebusei o, a piacimento, ai cananei, con i quali non sussiste nessun rapporto genealogico. Questo popolo autoctono sarebbe stato poi cacciato dagli “invasori” sionisti.
Il 31 marzo del 1977, come fosse un colpo di scena in un romanzo giallo, Zahir Mushe’in, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP disse, durante un’intervista, le seguenti parole:
“Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno Stato palestinese è solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo stato di Israele in nome dell’unità araba. In realtà oggi non c’è alcuna differenza tra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni tattiche e politiche parliamo dell’esistenza di un popolo palestinese, poiché gli interessi nazionali arabi richiedono la messa in campo dell’esistenza di un popolo palestinese per opporci al sionismo”.
Il “popolo palestinese”, “la causa palestinese” sono pure invenzioni strategico-politiche, le quali, con grande abilità propagandistica, sono state trasformate in un fatto che ormai appartiene a tutti gli effetti alla realtà.
Ma chi sono i palestinesi? Sono giordani, egiziani, iracheni, sauditi, siriani ecc. sono arabi. Fino al 1988 i residenti arabi della Giudea e della Samaria, ovvero, dei cosiddetti “territori palestinesi occupati” erano cittadini giordani.
La finzione storico-politica di un popolo palestinese è perfetta per la narrazione di una realtà umana negletta e vessata, espropriata delle proprie terre e costretta ai margini della storia dall'”imperialismo colonialista sionista”.
Questo romanzo terzomondista, che ha la sua origine nei laboratori sovietici ed era funzionale a presentare il lord of terror, Yasser Arafat come un resistente, un liberatore di un popolo oppresso e vessato, (per Bettino Craxi un novello Mazzini), è la più longeva fiction degli ultimi, ormai, quasi sessanta anni. È l’ultimo residuo della lotta contro l’Occidente “imperialista” rimasta agli orfani di tutti i popoli emancipatosi dal colonialismo. È la la barricata in cui si è rifugiata con accanita resistenza la sinistra post-terzomondista, non essendoci più un Terzo Mondo per il quale spendersi e lottare.
È rimasto solo il “popolo palestinese”, anche se non si sa bene quale sia, se quello dominato con il pugno di ferro da Hamas a Gaza, e che Hamas non rappresenterebbe, oppure quello che si trova nei cosiddetti territori occupati, dove è già sotto la tutela occupante dell’Autorità Palestinese, interamente nell’Area A e sostanzialmente in quella B, o unicamente quello sotto tutela israeliana nell’Area C, oppure include anche gli arabi-israeliani che vivono in Israele, o la maggioranza non hashemita che abita in Giordania.
Non è dato saperlo con certezza, l’importante è affermarne l’esistenza.