Sulla pagina Facebook ufficiale di Amnesty International, il 10 maggio, è apparso il seguente messaggio:
“Siamo stati sul terreno e abbiamo assistito all’uso eccessivo della forza da parte delle forze israeliane contro i manifestanti e i passanti. Israele deve porre fine all’uso della forza illegale e agli sgomberi forzati dei palestinesi. La comunità internazionale deve ritenere Israele responsabile”.
Com’era prevedibile, la nota organizzazioni per i diritti umani ha fatto propria la narrazione vittimistica dei palestinesi e accusato lo Stato ebraico di fare un uso “eccessivo della forza”. Il breve post in questione condensa tutto l’armamentario retorico che, da decenni, Amnesty International dispiega contro Israele.
Lo scritto si apre con un “siamo stati sul terreno e abbiamo assistito”, noi chi? Gli “eyewitness” di Amnesty, quando non rimangono sconosciuti, sono spesso inaffidabili. NGO Monitor ha, ripetutamente, documentato come Amnesty fornisca informazioni false, errate, riciclate da organizzazioni non governative palestinesi e poco trasparenti. L’ente umanitario non tiene conto dei contesti, non fornisce delucidazioni sul modo in cui vengono raccolte le testimonianze e rifiuta a priori la legittimità delle indagini e delle informazioni israeliane, sebbene queste superino gli standard e le procedure internazionali. In passato, i rapporti di Amnesty in merito ai conflitti con Hezbollah e Hamas sono stati demoliti, rivelando una marcata tendenza alla demonizzazione di Israele e alla distorsione volontaria dei fatti.
Si è scoperto che numerosi “testimoni” lavoravano per l’Autorità Nazionale Palestinese e avevano, volutamente, denunciato inesistenti violazioni dei diritti umani nel tentativo di screditare lo Stato ebraico. Per raccontare il conflitto arabo-israeliano, Amnesty si affida a “eyewitness” incompetenti e, soprattutto, spudoratamente avversi a Israele. Sarà per questo motivo che non vedono mai le violenze compiute a danno degli ebrei e delle loro proprietà?
Il post dell’organizzazione umanitaria prosegue con la seguente frase: “abbiamo assistito all’uso eccessivo della forza da parte delle forze israeliane contro i manifestanti e i passanti”. Si ritrova la storica accusa che Amnesty muove a Israele, quella di “uso eccessivo” o “sproporzionato” della forza. Nel caso in questione, perché le granate stordenti lanciate dai militari israeliani sarebbero “eccessive” rispetto alle pietre dei palestinesi? Amnesty non lo dice, proprio come non racconta le aggressioni subite in questi giorni da numerosi civili israeliani. Considerata la qualità e imparzialità dei suoi testimoni, le violenze antiebraiche sono destinate a passare in sordina.
Si legge poi: “Israele deve porre fine all’uso della forza illegale e agli sgomberi forzati dei palestinesi”. Il riferimento è alla recente vicenda di Sheikh Jarrah e dei settanta palestinesi, morosi e abusivi, che dovranno lasciare le loro abitazioni edificate illegalmente su terreni appartenenti a cittadini israeliani. Di questo fatto, però, Amnesty non rende conto.
Il post si chiude con un accalorato appello alla “comunità internazionale”, che dovrebbe “ritenere Israele responsabile” dei suoi, presunti, crimini. Cosa dovrebbe fare la comunità internazionale? Mobilitarsi contro Gerusalemme per abbattere il “regime” sionista come fece con quello sudafricano? Viene il sospetto che Amnesty stia occhieggiando al movimento BDS, quello che chiede lo strangolamento economico di Israele, al quale è legato il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury.
Falsificazione sistematica della realtà, diffusione di informazioni manipolate e criminalizzazione. La “candela nel filo spinato” è più interessata a condurre una lotta antisionista, che a occuparsi dei diritti umani.