In questi giorni si è dibattuto molto in merito alla posizione assunta dal governo d’Israele nei confronti dell’aggressione russa ai danni dell’Ucraina. Da più parti si è sottolineato che Israele non ha condannato “senza sé e senza ma” questa guerra oppure che non stia facendo molto per aiutare militarmente l’Ucraina.
Proveremo a descrivere come si è mosso Israele, nel più ampio contesto internazionale in queste settimane di invasione russa, per cercare di capire se la posizione dello Stato ebraico è motivata.
Da un lato non si può non rimarcare che la guerra in Ucraina abbia trovato la UE e gli USA molto fermi e compatti nella condanna politica dell’aggressione russa, molto probabilmente lo stesso Putin non aveva previsto una tale compattezza e una dura presa di posizione che non ha molti precedenti in passato. E’ altrettanto probabile che anche la Cina sia stata stata colta di sorpresa. Ciò avrà delle importanti implicazioni in estremo Oriente in merito alla questione di Taiwan e a una sua possibile invasione da parte cinese. L’attuale situazione politico/diplomatica avrà sicuramente turbato Xi Jinping sia per le ripercussioni economiche che si porta appresso – legate alle sanzioni alla Russia che stanno indebolendo l’economia mondiale – sia per il risveglio diplomatico occidentale dopo anni di torpore.
Traspare in modo molto più evidente che l’alleanza russo-cinese sancita con la visita di Putin a Pechino per le Olimpiadi (finalizzata ad avere il “semaforo verde” cinese all’invasione russa) è oggi molto meno granitica dopo quasi un mese di invasione e alla luce di risultati militari assai deludenti. L’insuccesso militare russo stà diventando ogni giorno più pericoloso anche per la Cina. Va sottolineato che l’aiuto militare fornito dai paesi della NATO all’Ucraina è risultato decisivo nell’avere provocato lo stallo che le truppe russe hanno subito fino ad oggi.
I paesi UE e gli USA, nonostante forniscano aiuti militari all’Ucraina, non rischiano di essere coinvolti direttamente in una guerra con i russi o con i suoi alleati. Un attacco convenzionale o atomico ad uno Stato membro della NATO avrebbe conseguenze incalcolabili per i russi quindi il rischio è pressoché nullo. La situazione per Israele è ben diversa.
Altro punto degno di nota è l’aspetto delle sanzioni economiche imposte dai paesi Occidentali alla Russia. E’ vero che queste sono rilevanti e inedite nella loro ampiezza e sicuramente alla lunga porteranno in crisi l’economia russa – la velocità della loro efficacia dipenderà molto dalla volontà della Cina e dell’India di aggirarle – ma il nodo economico russo non è stato toccato: la UE ogni giorno importa gas e petrolio per l’equivalente di circa un miliardo di dollari, ed è questo il vero volano che permette ai russi di pagare la macchina bellica che ha invaso l’Ucraina. In pratica, i russi combattono gli ucraini con i soldi che la UE gli fornisce. Se la UE decidesse veramente di mettere in crisi l’economia russa dovrebbe “semplicemente” azzerare l’importazione di gas e petrolio. Con quali costi? I costi per tutta l’industria europea sarebbero devastanti e causerebbero il suo crollo, tanto è vero che la cosa non è stata presa in considerazione da nessuno. In parole povere, volendo fare un paragone un po’ forzato, è come se durante la Seconda guerra mondiale la Gran Bretagna e gli USA avessero continuato a finanziare la macchina bellica di Hitler nonostante fossero in guerra, inevitabilmente sarebbe durata molto di più. La vera arma dell’Europa contro i russi è la sospensione delle importazioni di Gas e petrolio. Infine, è utile ricordare che l’invio di armi ad uno dei due contendenti di un conflitto equivale, per i trattati internazionali, alla partecipazione al conflitto stesso, cioè non si può invocare la neutralità e armare uno dei due contendenti. Per il diritto internazionale la neutralità è violata semplicemente se si utilizza un porto o il territorio dello stato per far giungere delle armi ad uno dei due contendenti.
La posizione di Israele
Israele in pratica è già in prima linea contro alleati della Russia (Iran, Siria e Hezbollah), come ha riportato molto Davide Cavaliere su questa testata, e vincolata alla Russia per la possibilità di potere colpire direttamente l’Iran nel suo avanzamento e insediamento in Siria, per questo motivo non può andare oltre ad un debole appoggio politico all’Ucraina, come è avvenuto in sede ONU e nelle dichiarazioni di Lapid e Bennet.
Come è noto Israele già da diversi anni è costretto dall’Iran ad una guerra a bassa intensità in Siria e a Gaza e che potrebbe coinvolgere Hezbollah dal Libano. In pratica se Israele rifornisse di armi l’Ucraina i russi potrebbero dare strada libera agli iraniani per colpire lo Stato ebraico dalla Siria e la cosa sarebbe molto complessa da risolvere.
E’ bene ricordare che Israele è uno Stato molto piccolo (grande come la Lombardia) e non può permettersi di guastare i rapporti con la Russia che garantiscono un certo equilibrio in Siria: permettono incursioni aeree israeliane e limitano la presenza iraniana ai suoi confini. Come si è giunti al fatto che la Russia sia l’ago della bilancia? A causa della politica americana di disimpegno dal Medio Oriente. Israele non è una superpotenza che può contrastare le minacce di paesi molto più grandi e popolosi senza l’appoggio di USA o Russia e avendo gli USA lasciato un enorme vuoto in questo scacchiere, esso è stato parzialmente riempito dalla Russia. Per Israele è diventato dunque impossibile rompere completamente con i russi. Basta vedere la situazione in Yemen, dove l’assenza americana ha determinato l’incrudimento del conflitto per capire cosa potrebbe succedere se la Russia non facesse più da argine a Israele nei confronti dell’Iran. Yemen, da cui l’amministrazione Biden ha tolto dalla lista delle organizzazioni terroristiche gli Houti e ora si appresta a fare lo stesso con i guardiani della rivoluzione iraniani. E’ infatti a Vienna, in merito all’Iran che la politica americana sta dando i suoi frutti più guasti. Lì l’amministrazione Biden è disposta a chiudere un nuovo accordo sul nucleare iraniano che è ben peggiore di quello firmato da Obama nel 2015, e ciò rappresenta un motivo di enorme preoccupazione per tutto il Medio Oriente. Ne è prova il fatto che sia i sauditi, sia gli emiratini nelle ultime settimane non interloquiscono con gli USA. Il problema non è solo per Israele ma è regionale, tanto è vero che il 7 marzo a Sharm el Sheikh si sono incontrati Al Sissi, Naftali Bennet e il principe emiratino Mohammed bin Zayed al-Nahyan, per discutere una comune strategia con l’obiettivo di limitare l’accresciuta potenza iraniana post accordo sul nucleare. Accordo che, per giungere in porto necessita della mediazione russa. E’ uno dei motivi per i quali il premier israeliano è volato a Mosca per parlare con Putin: per convincere i russi ad ostacolare i piani americani, ovvero per verificare se i russi sono disponibili a interrompere la mediazione con l’Iran mettendo gli Usa nella condizione di non potere proseguire con l’accordo.
Da tutto cià è evidente quindi come Israele sia stretto tra l’incudine e il martello e non possa permettersi di armare gli ucraini per non rovinare completamente i rapporti con Mosca.