In risposta alla dichiarazione IHRA, recentemente è stato pubblicato un documento, la Jerusalem Declaration on Antisemitism, sottoscritto da duecento studiosi internazionali che si occupano di antisemitismo, della Shoah e delle vicende mediorientali. Perchè la necessità di questo documento? Viene spiegato nello stesso preambolo.
“La definizione IHRA include 11 “esempi” di antisemitismo, 7 dei quali incentrati sullo Stato di Israele. Anche se questo pone un’enfasi indebita su un campo, c’è un bisogno ampiamente sentito di chiarezza sui limiti del discorso e dell’azione politica legittima riguardante il sionismo, Israele e la Palestina. Il nostro obiettivo è duplice: (1) rafforzare la lotta contro l’antisemitismo chiarendo cos’è e come si manifesta, (2) proteggere uno spazio per un dibattito aperto sull’annosa questione del futuro di Israele / Palestina. Non condividiamo tutti le stesse opinioni politiche e non stiamo cercando di promuovere un’agenda politica di parte. Determinare che una visione o un’azione controversa non sia antisemita non implica né che la sosteniamo né che non lo facciamo”
Dunque il problema è Israele. La JDA recepisce quelli che l’IHRA considera forme di antisemitismo mascherate da critiche rivolte a Israele. Ovvero:
Applicare i simboli, le immagini e gli stereotipi negativi dell’antisemitismo classico (vedi linee guida 2 e 3) allo Stato di Israele.
Ritenere gli ebrei collettivamente responsabili della condotta di Israele o trattare gli ebrei, semplicemente perché sono ebrei, come agenti di Israele.
Richiedere alle persone, in quanto ebree, di condannare pubblicamente Israele o il sionismo (ad esempio, in una riunione politica).
Supporre che gli ebrei non israeliani, semplicemente perché sono ebrei, siano necessariamente più fedeli a Israele che ai loro paesi.
Negare il diritto degli ebrei nello Stato di Israele di esistere e prosperare, collettivamente e individualmente, come ebrei, in conformità con il principio di uguaglianza.
Fin qui non ci sarebbero problemi. I problemi sorgono successivamente, quando i redattori del documento offrono le proprie glosse come esempi legittimi di critica a Israele. Vediamoli singolarmente.
Sostenere la richiesta palestinese di giustizia e la piena concessione dei loro diritti politici, nazionali, civili e umani, come incapsulato nel diritto internazionale.
La frase è generica e fumosa. Cosa significa “sostenere la richiesta palestinese di giustizia”?
Secondo l’OLP la giustizia per i palestinesi è rappresentata dalla scomparsa di Israele come Stato ebraico, idea condivisa da Hamas. Secondo l’Aautorità Palestinese, la giustizia per i palestinesi consisterebbe in uno Stato palestinese che comprendesse l’intera Cisgiordania e il ritorno in Israele di circa sei milioni di cosiddetti profughi, moltiplicatesi per discendenza nei decenni, sotto l’egida dell’UNRWA. Va sottolineato che le mappe della Palestina pubblicate nei libri di testo studiati nelle scuole che dipendono dall’Autorità Palestinese, mostrano una regione in cui Israele è assente.
Cosa significa, altresì “piena concessione dei loro diritti, politici, nazionali, civili e umani”? Se ci si riferisce ai cittadini arabi che vivono in Israele, questa serie di diritti e loro già concessa. L’unica discriminate è che agli arabi-israeliani non è richiesto di servire nell’esercito, con l’eccezione dei Drusi. Se ci si riferisce agli arabi dimoranti in Cisgiordania, il loro statuto, per quanto riguarda l’Area A, B, e C, è regolato dagli Accordi di Oslo del 1993-1995, i quali prevedono tutele separate. La maggioranza dei cittadini arabi dimoranti in Cisgiordania sono sotto il controllo diretto dell’Autorità Palestinese. Non esiste nessuna norma di diritto internazionale che accolga una richiesta palestinese relativa ai loro “diritti politici, nazionali, civili e umani”.
Criticare o opporsi al sionismo come forma di nazionalismo, o sostenere una varietà di accordi costituzionali per ebrei e palestinesi nell’area tra il fiume Giordano e il Mediterraneo. Non è antisemita sostenere accordi che garantiscano la piena uguaglianza a tutti gli abitanti “tra il fiume e il mare”, sia in due stati, uno stato binazionale, uno stato democratico unitario, uno stato federale, o in qualsiasi forma.
Il sionismo nasce nell’alveo dei movimenti di emancipazione della fine dell’Ottocento, allo scopo di offrire a un popolo una terra dove dimorare. Perchè il sionismo dovrebbe essere più criticabile di qualsiasi forma di identità geografica di un popolo? E’ evidente che qui non si vuole colpire il sionismo in quanto tale, ma la stessa idea di Stato nazione, e di identità nazionale, vista, nell’ottica dell’universalismo progressista, come una realtà superata dalla storia. Si tratta di una posizione prettamente ideologica e politica.
Dello stesso conio astratto e magniloquente sono formule come “piena eguaglianza”, “stato democratico unitario”, “stato federale”. Come concliare queste forme vuote con le istanze suprematiste islamiche contenute nello Statuto di Hamas, o con la costante indisponibilità dell’Autorità Palestinese, e prima di essa dell’OLP a qualsiasi forma di compromesso con Israele?
Ma è altrove che casca l’asino sulla natura eminentemente ideologica di questo documento, che tenta goffamente di mascherare con una falsa equidistanza. Vediamo dove. Non sarebbe antisemita, La critica basata sui fatti nei confronti di Israele come Stato. Ciò include le sue istituzioni e i suoi principi fondanti. Include anche le sue politiche e pratiche, nazionali e internazionali, come la condotta di Israele in Cisgiordania e Gaza, il ruolo che Israele gioca nella regione o qualsiasi altro modo in cui, come Stato, influenza gli eventi nel mondo. Non è antisemita sottolineare la discriminazione razziale sistematica. In generale, le stesse norme di dibattito che si applicano ad altri stati e ad altri conflitti sull’autodeterminazione nazionale si applicano nel caso di Israele e Palestina. Quindi, anche se controverso, non è antisemita, di per sé, confrontare Israele con altri casi storici, incluso il colonialismo dei coloni o l’apartheid.
No non è antisemita criticare uno Stato per la “discriminazione razziale sistematica”, e non lo è nemmeno paragonarlo al colonialismo e a Stati dove si è praticato l’apartheid. Significa semplicemente sposare una ben precisa linea pregiudizialmente avversa, basata sulla propaganda e sulla menzogna, in base a cui Israele sarebbe accostabile al Sud Africa di de Klerk, o sarebbe l’ultimo avamposto del colonialismo europeo. E’ la ben nota linea filo-araba della sinistra nella sua declinazione massimalista.
Ma la vera gemma di questo documento che si propone come integrativo A quello dell’IHRA ritenuto troppo filo-israeliano, è la seguente:
Il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni sono forme comuni e non violente di protesta politica contro gli Stati. Nel caso israeliano non sono, di per sé, antisemiti.
Il BDS ha la sua matrice nella Risoluzione 3379 del 1975 che equiparava il sionismo al razzismo e che si propaga poi negli anni Ottanta e Novanta nella guerra diplomatica contro Israele allo scopo di criminalizzarlo e di isolarlo. Le istanze esplicite del BDS sono, 1) porre termine alla colonizzazione di tutte le terre arabe, smantellare il cosiddetto “muro”, ovvero la barriera di protezione fatta costruire da Israele a salvaguardia della propria sicurezza durante la Seconda Intifada, e permettere il ritorno dei cossidetti profughi, ovvero i circa sei milioni di profughi artfatti creati dall’UNRWA, che, se effettivamente affluissero in Israele, metterebbero fine, demograficamente, alla sua identità di Stato ebraico.
Appare quindi del tutto falso e risibile quanto scritto nel preambolo della JDA,“Non condividiamo tutti le stesse opinioni politiche e non stiamo cercando di promuovere un’agenda politica di parte”. E’ vero esattamente il contrario. Si tratta chiaramente di un documento con un netto orientamento ideologico e una ben precisa agenda politica, il quale recepisce in toto la narrativa mainstream avversa a Israele, ravvisando in esso uno Stato nel quale si praticherebbe la discriminazione razziale e si violerebbero i diritti fondamentali dei cittadini arabi, e che, in quanto tale rende legittime le azioni di boicottaggio come quella intrapresa dal BDS.