A seguito dell’eccidio perpetrato in Israele da Hamas sabato scorso desideriamo pubblicare un breve estratto di bruciante attualità, tratto dal libro di Niram Ferretti, “Il sabba intorno a Israele: fenomenologia di una demonizzazione”, Lindau, 2017.
“Nessuno Stato moderno ha subito per cinquant’anni un ininterrotto processo nei suoi confronti come Israele. In seguito alla Guerra dei sei giorni del 1967, e alla clamorosa vittoria israeliana contro gli eserciti guidati da Nasser, Israele ha iniziato a essere presentato all’opinione pubblica mondiale come uno stato canaglia, responsabile di misfatti e abusi ai danni degli arabi palestinesi assurti al ruolo di vittime e di «resistenti».
Questa narrativa fondata su menzogne, distorsioni e omissioni è servita a costruire un vero e proprio romanzo criminale in cui è confluito inesorabilmente tutto il materiale nero sugli ebrei formatosi nell’arco di millenni.
In tal modo, la micidiale macchina del fango messa in moto alla fine degli anni ’60 dagli stati arabi perdenti con la complicità dell’Unione Sovietica ha risarcito i vinti sul campo di battaglia, concedendo loro uno straordinario successo sul piano della propaganda.
La marchiatura a fuoco di Israele, la sua demonizzazione attraverso l’uso di parole stigmatizzanti come «colonialista», «razzista», «genocida», «nazista», è oggi diventata una terribile banalità. Quella stessa banalità semantica dileggiante e patibolare che negli anni ’30 e poi ’40 veniva adoperata in Europa prima che si passasse allo sterminio organizzato.
Oggi, l’antisemitismo si ricicla con la maschera presentabile dell’antisionismo, in voga tanto nelle manifestazioni di piazza dove si inneggia alla distruzione di Israele, quanto nei salotti «colti» e in ambito accademico e mediatico.
Si tratta di degradare in effigie ciò che non si può distruggere materialmente, vera e propria propedeutica per l’omicidio che si spera di tornare un giorno a commettere mentre il mondo assiste indifferente”.
N.d.R A distanza di sei anni da quando furono scritte, queste parole si sonno rivelate tragicamente profetiche. L’unica nota positiva, per il momento, è che il mondo civile non sta assistendo indifferente, ma c’è un ma assai ingombrante.
Bisogna essere chiari su di un punto, al di là delle carenze di Israele nel non avere saputo prevenire il massacro di 1300 suoi concittadini, al di là del jihadismo di Hamas, i responsabili morali di quello che è successo sono stati e sono tutti coloro che, nei decenni trascorsi, ogniqualvolta Israele ha agito per difendersi, è stato costretto a bombardare Gaza, gli hanno puntato il loro dito accusatore contro, hanno permesso che si allestissero tribunali nelle piazze e commissioni di inchiesta all’ONU nelle quali Israele veniva accusato di crimini di guerra. L’Europa in prima linea, l’Europa prona alla narrativa vittimista palestinese, ma anche, gli Stati Uniti, con alcune amministrazioni particolarmente ostili a Israele, come l’Amministrazione Obama responsabile della Risoluzione 2334 la peggiore mai avallata da un governo americano contro lo Stato ebraico e una delle peggiori in assoluto mai partorite dall’ONU.
Ora Europa e Stati Uniti fanno a gara di solidarietà, ma quanto durerà? Sembra che l’Amministrazione Biden abbia dato il proprio avallo alla distruzione di Hamas, e che non ci saranno i soliti richiami all’uso “proporzionato” della forza. Ci auguriamo che sia vero. Come l’ISIS, come il Terzo Reich, di cui prosegue la volontà eliminazionista nei confronti degli ebrei, Hamas deve essere distrutto.