Il veto americano ieri alla risoluzione ONU del Consiglio di Sicurezza che chiedeva un cessate il fuoco unilaterale a Gaza, un regalo di Antonio Guterres a Hamas fatto dietro l’alibi della crisi umanitaria, evidenzia, se ce ne fosse bisogno, la necessità che Israele ha dell’appoggio degli Stati Uniti per potere proseguire la guerra.
Mai come dopo il 7 ottobre gli Stati Uniti si sono mostrati presenti in Israele per appoggiare un intervento militare israeliano e coordinarlo. Questo ha determinato e sta determinando una serie di vincoli che Israele deve sapere gestire, il primo di tutti quello di rendersi disponibile a una copertura di aiuti umanitari nei confronti della popolazione della Striscia, il successivo e parallelo, quello di fare il possibile per limitare la morte dei civili.
Lo stretto scrutinio americano pone a Israele oggettivamente delle limitazioni, che esso stesso per primo applica e ha sempre applicato tutte le volte che ha dovuto colpire il nemico in una zona densamente popolata e dove Hamas si fa da anni scudo della popolazione. Ciò non toglie che le costanti esortazioni e specificazioni che vengono da Washington, compresa quella di indicare una finestra temporale limitata per l’operazione militare nonché una prospettiva politica post Hamas che contempli il ritorno dell’Autorità Palestinese nell’enclave, rappresentano per Israele una forte pressione non sempre facile da gestire.
Il fatto nudo e crudo è che senza la garanzia americana Israele sarebbe abbandonato a se stesso in questa guerra.
La vergognosa richiesta dell’ONU invocata da Guterres facendo appiglio sotto pressione araba all’Articolo 99 il quale prevede una minaccia alla sicurezza e alla pace mondiale, a cui non veniva fatto ricorso dal 1971 e che, come ha evidenziato Eli Cohen, ministro degli Esteri di Israele, non è stato invocato per la guerra in Siria ne per quella in Ucraina, lo rende manifesto.
Quanto possa danneggiare Israele una Casa Bianca ostile, lo si è visto a partire dall’amministrazione Carter, la prima ad avere fatto propria la definizione di “territori occupati” per la Cisgiordania, e quella Obama, responsabile in exitu della Risoluzione 2334, la più ideologicamente punitiva nei confronti dello Stato ebraico.
Diventa quindi inevitabile per Israele mediare costantemente con il suo alleato principale cercando di giungere il più possibile a una convergenza, senza tuttavia rinunciare al suo obbiettivo base, lo sradicamento di Hamas dalla Striscia nei tempi necessari per poterlo raggiungere, Stati Uniti permettendo.